RICHIESTA DI AUDIZIONE A SENATO E CAMERA SULLO STATO DEL SETTORE
— 10 Settembre 2018A ridosso della pausa feriale agostana, FAIB, FEGICA e FIGISC hanno richiesto alle Commissioni Attività Produttive dei due rami del Parlamento una audizione per rappresentare lo stato del settore in ordine alle maggiori criticità attinenti la rete, l’illegalità e gli strumenti contrattuali, con la comunicazione che di seguito si riproduce.
Al Presidente della Commissione Industria commercio e Artigianato
Senato della Repubblica
Presidente Sen. Gianni Pietro Girotto
Ai Vice Presidenti della Commissione Industria commercio e Artigianato
Senato della Repubblica
Vice Presidente Sen. Paolo Ripamonti
Vice Presidente Sen. Adriano Paroli
Al Presidente della Commissione Attività Produttive, commercio e turismo
Camera dei Deputati
Presidente On. Barbara Saltamartini
Ai Vice Presidenti della Commissione Attività Produttive, commercio e turismo
Camera dei Deputati
Vice Presidente On. Gianluca Benamati
Vice Presidente On. Luca Carabetta
Oggetto: richiesta audizione conoscitiva sul settore della distribuzione carburanti.
Gentili tutti,
le scriventi Federazioni, rappresentative dei 22.000 gestori carburanti operanti in Italia, desiderano richiamare la loro attenzione sulla drammatica situazione che attraversa la distribuzione carburanti nel nostro paese per sottoporre alla loro attenzione la richiesta motivata di un’audizione conoscitiva sul settore.
La fotografia aggiornata della rete carburanti a questo 2018 evidenzia il permanere di una polverizzazione della rete che non ha eguali in Europa. Con 22.000 punti vendita, la rete italiana ha un erogato medio di 1.345 mila litri, ben al di sotto degli indici di redditività media registrati nel resto d’Europa. Alla polverizzazione della rete corrisponde una identica dispersione del valore dei loghi (pompe bianche e privati operativi con propri marchi e/o in convenzionamento) con circa 130 marchi, di cui poco meno del 50% di proprietà dell’industria petrolifera e il restante dei privati.
Ad oggi dunque oltre il 50% del mercato è in mano a privati. L’altro pezzo di rete se lo spartiscono Eni, Q8, Italiana Petroli (che raggruppa i marchi TotalErg e ApiIp) Tamoil ed EG, che ha rilevato circa 1.200 impianti Esso.
In questo scenario l’industria petrolifera abbandona progressivamente il mercato con chiusure e cessioni di pacchetti rete, sull’esempio della Esso italiana; o dando luogo a processi di integrazione tra marchi, vedi il caso Italiana Petroli, che ha inglobato i marchi TotalErg e ApiIp o Q8 che ha inglobato gli impianti Shell.
Ulteriore dato allarmante è l’indice di anzianità degli impianti con punti vendita vecchi, con più di 40 anni, che riguarda il 40% della rete. In Piemonte oltre il 25% degli impianti eroga meno di 400 mila litri l’anno, tracciando una linea che, con piccole oscillazioni, riguarda tutto il territorio nazionale.
Una rete vecchia, obsoleta che la dispersione proprietaria condanna ad autosostenersi.
Ristrutturare la rete. Si stima che 7/ 8 mila impianti sono quelli che andrebbero chiusi per incompatibilità a cui occorre aggiungere almeno altri 3.000 impianti per inefficienza economica.
Questi punti vendita non vengono avviati allo smantellamento per i costi di bilancio di chiusura e di bonifica.
A fronte di ciò continua a valere la considerazione che, nonostante i dati allarmanti rispetto ai sistemi distributivi europei, più strutturati ed efficienti, il sistema della distribuzione carburanti italiana continua ad essere strategico: assicura la mobilità del Paese, sia pubblica che privata e industriale, con particolare riguardo al trasporto delle merci su gomma, (oltre l’80% della mobilità è su gomma) al presidio del territorio, alla sicurezza in tante aree del Paese; un reale servizio di distribuzione e responsabilità sociale diffuso, che assicura lavoro ancora a migliaia di piccoli imprenditori per oltre 100 mila occupati; senza contare che almeno per i prossimi 2 decenni i carburanti sono senza alternativa credibile per la mobilità di medio lunga percorrenza.
Le Federazioni di categoria richiamano l’attenzione della commissione affinché – con l’audizione conoscitiva – si stabilisca un monitoraggio continuo e costante del dispositivo normativo che dovrebbe consentire la chiusura di migliaia di impianti con l’introduzione della nuova anagrafe dei carburanti. Ad oggi siamo ancora in attesa della piena attuazione dell’art. 1 commi 100 – 119 della Legge 4 agosto 2017 n. 124 “Legge annuale sulla concorrenza”, in materia di carburanti. Sono ancora operativi migliaia di impianti a ridosso di svincoli, semafori, incroci, rotatorie, sui marciapiedi, su aree senza la corsia dedicata di scarico merci. Su questo aspetto stiamo aspettando l’operatività del richiamato decreto concorrenza che dovrebbe avviare l’anagrafe carburanti abbinata agli strumenti telematici già in essere al MISE, tramite l’autocertificazione degli operatori proprietari degli impianti sulle circostanze di compatibilità.
Declino e illegalità sono un binomio in crescita. Siamo difatti, di fronte ad una struttura completamente depauperata e inefficiente, in cui si sono fortemente contratti i consumi, ridotte le marginalità a favore dei gestori, amplificando le forti improduttività e incapacità di investimento.
Una rete in cui si è diffusa l’illegalità, sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di iva ed accise, sia in termini qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), sia in termini di regole di sistema. Con effetti negativi sui prezzi e la redditività delle imprese. Questo si manifesta in termini di concorrenza sleale e dumping contrattuale, come vedremo più avanti, producendo una contrazione della redditività per il sistema regolare che si riflette sui mancati investimenti, anche in termini di innovazione, sia strutturale che dei prodotti meno inquinanti.
Manca di fatto un sistema di regole e controlli sulla qualità dei carburanti meno inquinanti.
Dati che non mancano di riflettersi su una concorrenza selvaggia e su un’illegalità diffusa che giunge – secondo più fonti – ad oltre il 10% del fatturato di settore, vale a dire circa 4 miliardi l’anno. Prodotti petroliferi sequestrati in tutt’Italia sono notizie ricorrenti nelle cronache della stampa locale e rappresentano solo la punta di un iceberg dalle dimensioni diffuse e crescente, proporzionalmente alla crescita della rete privata. Prodotti dalla incerta provenienza, introdotti sul territorio nazionale di contrabbando, via mare e via terra, che generano ricchezze inaudite per i trafficanti e per quei soggetti economici che, operando in concorso interno ed esterno, inquinano il mercato.
L’audizione parlamentare – per la prima volta – potrebbe mettere insieme un quadro organico del fenomeno illegalità sulla rete carburanti, smascherando traffici illeciti e pratiche distorsive della concorrenza, oltre a vere e proprie truffe a danno dello Stato e della legislazione sul lavoro.
Una nuova contrattazione. Gli effetti sulla gestione economica della rete si manifestano con la precarizzazione del lavoro, con il ricorso sistematico ad una contrattualistica irrituale ed illegale, operando violazioni contrattuali per conseguire vantaggi competitivi impropri, con un effetto drammatico in termini di redditività e occupazione (-15.000 occupati negli ultimi cinque anni), che ha ridotto le gestioni rimaste sul lastrico.
A fronte di ciò emerge che per rilanciare il settore e ridare legalità occorre riaffermare il rispetto delle regole del settore; si schiacciano e si precarizzano i rapporti con le gestioni degli impianti stradali di carburante, violando apertamente e in modo diffuso norme di settore sugli affidamenti e i diritti acquisiti, nel silenzio degli operatori strutturati e delle istituzioni governative, Mise in testa. Si fa sempre più ricorso, sugli impianti dei privati, al caporalato petrolifero, in violazione della normativa sulla tutela del lavoro (assistenza sanitaria e previdenziale, salario minimo, condizioni contrattuali…).
La remunerazione dei gestori è regolata dalle leggi dello stato (D.Lgs. 32/98; L. 57/2001; L.27/2012) che espressamente la demandano alla contrattazione tra le parti. Mentre le grandi compagnie stanno nelle regole, l’altro 50% ed oltre evade la normativa, fa dumping contrattuale, abusa della posizione economicamente dominante ed impone contratti da schiavitù. Siamo al caporalato petrolifero.
Ad oggi gli impianti e le loro attrezzature possono essere gestite – in forza di legge – solo dai gestori, come definiti dal D. Lgs. 32/98, con un contratto di affidamento in uso gratuito, retto da un contratto di fornitura in esclusiva dei prodotti petroliferi, o tramite gestione diretta del proprietario o con suoi dipendenti. La Legge 27/2012 ha poi dato la possibilità alle Associazioni di categoria dei gestori e dei proprietari degli impianti di tipizzare una nuova formula contrattuale per la gestione degli impianti: in base a questa delega le suddette associazioni hanno tipizzato il contratto di commissione per la rete carburanti. Queste sono le uniche gestioni consentite dal legislatore, le altre sono abusive, illegali e realizzano una violazione delle norme di settore e della legislazione del lavoro con un’evidente evasione contributiva e previdenziale.
Detto questo, oggi registriamo una difficoltà oggettiva. Mentre sino a pochi anni fa il mercato era in mano a pochi operatori con cui era facile fare accordi/contratti, oggi con l’avvento di tanti piccoli operatori è diventato difficile fare accordi/contratti con tanti imprenditori diversi, quasi un migliaio. Impensabile per Faib e Fegica e Figisc fare centinaia di accordi.
L’audizione conoscitiva potrebbe valutare appieno la portata del fenomeno qui denunciato ed elaborare proposte migliorative della norma.
Dal nostro punto di vista occorre stabilire in forza di legge, con contrattazione nazionale tra la rappresentanza dei gestori e la rappresentanza dei piccoli titolari di autorizzazioni (compagnie e retisti), un costo di distribuzione medio valido erga omnes quale remunerazione minima del lavoro inteso come costo di distribuzione. Sulla base di questo poi le associazioni potranno contrattare, come avviene già oggi, il margine dei gestori per singole compagnie/retisti, andando a disciplinare politiche incentivanti, modalità di vendita per singoli operatori/marchi, modalità gestionali degli impianti. Occorre partire, infatti, dai contratti in affidamento e dalla negoziazione con le parti sociali, per giungere al diritto ad un prezzo di vendita equo e non discriminatorio, affermando allo stesso tempo il diritto al riconoscimento condiviso di un margine necessario a sostenere la distribuzione carburanti.
L’obiettivo non può che essere quello di prevedere un costo di distribuzione.
C’è poi la questione della moneta elettronica i cui costi non possono gravare sui gestori carburanti in quanto percentualmente pesa molto più che in altri settori. In altre parole mentre in settori come la moda o la somministrazione di alimenti e bevande il costo della moneta è impercettibile, nella distribuzione carburanti arriva ad incidere per un quarto del reddito del gestore.
Un peso insostenibile per un ricavato che per circa il 70% (Accise ed iva) va allo stato e il restante 28% alle compagnie. Infatti solo il 2% resta nelle tasche del gestore. Ma sviluppare la moneta elettronica è fondamentale. Ciò potrà favorire uno sviluppo qualitativo e commerciale degli impianti e intensificare l’azione di contrasto dell’illegalità e della pratica di concorrenza sleale e di controllo della qualità certificata dei prodotti immessi al consumo. Oltre a contrastare in modo significativo la micro criminalità che continua a colpire i gestori carburanti.
Per fare questo è stato introdotto con la legge di bilancio il credito d’imposta, visto che lo Stato ha inteso accollarsi il 50% delle spese sostenute dai gestori per le transazioni con la moneta elettronica. Solo che in maniera proditoria il sistema di gestione delle carte di pagamento (il gestore Nexi) ha immediatamente rialzato i costi delle transazioni dei pagamenti elettronici, incamerando il credito d’imposta. Nexi, oligopolista del settore, ha una quota di mercato assolutamente preponderante: nel 2017 avrebbe gestito 120 miliardi di euro di transazioni via carta su un totale nazionale stimato in 190 miliardi. Ben oltre il 60% del mercato. Nexi ha approfittato del fatto che la legge di Bilancio 2018, n. 205 del 27 dicembre 2017, articolo 1 comma 924, concedeva uno sgravio ai gestori sul 50% delle commissioni, per aumentare (quasi raddoppiare) l’importo delle commissioni stesse.
L’audizione potrebbe aiutare a delineare un quadro di maggior chiarezza su questo importante settore, fortemente in crescita, dei pagamenti elettronici, fornendo all’esecutivo proposte operative e alla stessa Autorità Antitrust elementi di prim’ordine in ordine alle sue competenze.
Dal nostro punto di vista occorre che il Ministero dell’Economia vada oltre la moral suasion verso le società di gestione dei pagamenti e svolga il suo ruolo di indirizzo e governo, imponendo condizioni ragionevoli alle transazioni sulla rete carburanti alla luce dei rilevanti interessi pubblici dati dall’introito di Accise ed iva e dall’interesse al contrasto all’illegalità e alla micro criminalità, ravvisandosi anche ragioni di ordine pubblico.
La nuova rete. Si delinea in questo processo la necessità di favorire cicli di strutturazione dei soggetti imprenditoriali che operano nel settore, favorendo anche forme di aggregazione per produrre economie di scala, anche gestionali, e l’incentivazione al ricorso all’introduzione di prodotti più ecologici che consentano di contribuire a contrastare l’inquinamento urbano.
Quello della qualità dell’aria e della qualità dei prodotti petroliferi immessi per la mobilità dei cittadini deve assumere le caratteristiche di una forte innovazione indotta legislativamente.
Prodotti innovativi, colonnine elettriche, prodotti ecocompatibili, nuovi derivati dalla ricerca.
Come si comprende dall’analisi svolta dei diversi profili, osservati dal nostro punto di vista, risalta in modo inequivocabile un’assenza prolungata delle istituzioni governative.
Gentile Presidente, illustri Vice Presidenti, da ciò Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc Confcommercio fanno discendere la necessità di avviare un’audizione ai fini conoscitivi, finalizzata ad aprire un percorso politico in cui affrontare le varie problematiche evidenziate con la partecipazione di tutta la filiera.
In attesa di un Vostro gentile riscontro, porgiamo cordiali saluti.
FAIB – FEGICA – FIGISC