DDL CONCORRENZA 1: LA POSIZIONE DI UNIONE PETROLIFERA
— 15 Novembre 2015Pubblichiamo di seguito ampi stralci [tra cui il passaggio, per nulla casuale, sui contratti con i gestori] della nota che UNIONE PETROLIFERA ha inviato alla Commissione X^ Industria del Senato – ramo del Parlamento che sta esaminando il relativo provvedimento – avente come oggetto la posizione dell’industria di settore sul disegno di legge concorrenza:
<<Una legge che avrebbe dovuto accogliere le varie segnalazioni che l’Antitrust ha inviato a Governo e Parlamento in questi ultimi anni, anche per quanto riguarda il settore distribuzione carburanti che, per quanto ampiamente liberalizzato, sta faticosamente cercando nuovi equilibri alla luce della profonda crisi degli ultimi anni.
In particolare, già lo scorso anno, esprimendosi in merito ai contenuti del DDL sulla concorrenza approvato dal Consiglio dei Ministri nel dicembre 2013, ma mai portato all’esame del Parlamento, l’Antitrust auspicava una rapida approvazione delle norme ivi contenute per rendere «più cogente la chiusura dei cosiddetti impianti incompatibili», nonché «un intervento di minore portata, ma non per questo meno utile al settore» che consisteva «nel prevedere modalità di riduzione dei costi di uscita (ad esempio, bonifiche ambientali dei siti dismessi) al fine di incentivare la chiusure di impianti marginali senza la necessità di piani coordinati di ristrutturazione della rete».
Nel corso dell’esame alla Camera sono state effettivamente inserite alcune misure che hanno recepito tali auspici (art. 36), riprendendo in larga parte, e con alcune modifiche, lo schema di proposta unitaria messa a punto dalla quasi totalità del settore (Unione Petrolifera, Assopetroli, Consorzio Grandi Reti ed Associazioni dei gestori) che, se confermata anche al Senato, permetterebbe di dare avvio ad un processo che speriamo virtuoso.
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È pertanto importante che quanto ora previsto dall’attuale DDL non venga ulteriormente modificato per evitare di sminuirne la potenziale efficacia, anche perché le difficoltà emerse in questi anni, che hanno determinato il blocco delle proposte contenute nel precedentemente citato DDL sulla concorrenza del dicembre 2013, hanno evidenziato differenti visioni nell’attuazione della ristrutturazione da parte dei diversi soggetti della filiera (aziende petrolifere, titolari minori, associazioni dei gestori).
Va ricordato che in questi ultimi 15 anni sono stati molti gli interventi legislativi che hanno interessato il settore e che lo hanno reso sempre più aperto e concorrenziale, come dimostra la presenza di una molteplicità di operatori, anche nuovi, e l’ampia articolazione delle modalità di servizio e di prezzo che si possono trovare sul territorio.
Tutto ciò in un contesto molto difficile, dovuto in larga misura alla lunga crisi economica che ha avuto effetti dirompenti sui consumi di prodotti petroliferi – che solo recentemente hanno mostrato qualche segnale positivo – e dunque sulla sostenibilità ed economicità della nostra rete distributiva sia stradale che autostradale.
Infatti, dal 2007 ad oggi, i consumi sulla rete ordinaria sono diminuiti del 19%, mentre su quella autostradale del 52%, a fronte di un numero di punti vendita che rimane molto elevato e con un erogato che è meno della metà di quello europeo.
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È bene ricordare che il settore è altresì gravato dalla gestione di oltre 56 miliardi di euro annui, di cui 35 miliardi tra accise e Iva, pagati in larga parte in contanti dai consumatori dato lo scarso utilizzo delle carte di credito, fenomeno che aumenta l’esposizione dei gestori e degli impianti ad atti criminosi.
Altro elemento che limita l’esercizio dei punti vendita, è rappresentato dal vincolo normativo di un unico contratto per regolare i rapporti tra gestori e compagnie, ossia il comodato d’uso gratuito associato alla fornitura in esclusiva dei carbo-lubrificanti.
Nella segnalazione citata in precedenza, l’Antitrust osservava in proposito che era necessario introdurre il «principio della libera contrattazione nei rapporti tra proprietari degli impianti e gestori, eliminando il vincolo della tipizzazione dei contratti tramite accordi interprofessionali di categoria» ed attribuendo al «Mise di individuare tipologie contrattuali non ammesse».
Tale invito non è stato recepito nell’attuale DDL, ma regolato con la Legge n. 27, 24 marzo 2012, che prevede la possibilità di ricorrere a forme contrattuali diverse, ma previa preventiva tipizzazione con le Associazioni sindacali dei gestori.
Infine, altro aspetto non affrontato nell’attuale DDL, è quello relativo alle cosiddette attività «non-oil», ossia diverse da vendita dei carburanti che negli altri Paesi concorrono in larga misura alla redditività del singolo punto vendita, che ancora oggi prevedono vincoli e limiti quantitativi, in particolare per la vendita di tabacchi che, sempre secondo Antitrust, rappresentano una restrizione che andrebbe eliminata.
Oggi il nostro sistema distributivo appare dunque inefficiente e non sostenibile economicamente e pertanto condannato ad una progressiva obsolescenza, tenendo anche conto della debolezza dei consumi petroliferi gravati da un elevato carico fiscale che connota il prezzo finale dei carburanti, pari a circa il 60% per la benzina.
A partire dal dicembre 2010, i carburanti sono diventati il principale strumento di reperimento di risorse al bilancio dello Stato, con il solo effetto di deprimere ancora di più i consumi che, rispetto al passato, sono divenuti sempre più elastici al prezzo.Ulteriori aumenti della fiscalità sono peraltro programmati fino al 2021, in virtù di clausole di salvaguardia o coperture previste da diversi provvedimenti legislativi.
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Ciò nonostante, il nostro sistema distributivo continua ad offrire agli utenti un servizio capillare, con prezzi molto competitivi e ormai in linea con quelli europei almeno per quanto riguarda la componente industriale.
Tale situazione, però, si fa sempre più insostenibile. Da qui la necessità, a nostro avviso, di intervenire con maggiore incisività per rilanciare un reale processo di razionalizzazione che consenta agli operatori di svolgere la propria attività in un mercato ordinato ed efficiente, in linea con le indicazioni dell’Antitrust.
Vorremmo inoltre richiamare l’attenzione sulle enormi difficoltà che si registrano anche sulla rete autostradale, dove dal 1° gennaio 2016 la continuità del servizio potrebbe non essere più garantita.
Come accennato in apertura, dal 2007 ad oggi le vendite su tale mercato si sono praticamente dimezzate, un calo superiore in misura assai significativa alla riduzione del traffico sulla viabilità autostradale osservato nello stesso periodo.
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Dopo vari passaggi, si è finalmente giunti al Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, dell’agosto 2015, recante approvazione del «Piano di ristrutturazione della rete delle aree di servizio presenti nei sedimi autostradali allegato al presente decreto, da affidare mediante procedure concorsuali» che, però, presenta una serie di profili critici che hanno indotto l’Unione Petrolifera, su mandato delle Aziende associate, a proporre ricorso al Tar.
Indipendentemente dal contezioso in corso, tale situazione desta enorme preoccupazione in considerazione della numerosità delle aree da affidare tramite gara entro fine anno, data ultima di scadenza degli attuali affidamenti, per un totale di circa 250 aree.
I tempi a disposizione non solo rischiano di non consentire una partecipazione consapevole degli operatori, ma anche di pregiudicare la continuità del servizio distribuzione carburanti sulle autostrade essendo evidente, per le gare, in stragrande maggioranza, l’impossibilità di concludere le procedure di affidamento entro fine anno, considerato che tali procedure, laddove avviate, sono ancora nelle prime fasi e solo per un numero molto ristretto di aree è finora stata richiesta l’offerta vincolante.>>