IL MERCATO DIFFICILE TRA FUTURI AUSPICI ED ATTUALI CONTRADDIZIONI

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Nei giorni scorsi, ospite la manifestazione OIL&NONOIL, tutto il settore ha avuto modo di parlare ampiamente di se stesso e di confrontarsi sui principali nodi aperti, dall’illegalità al futuro della rete. Un’occasione che ha fatto titolare [STAFFETTA] «Il “Petrolio Italia” alza la voce»: tra decine di convegni e seminari che vi si sono svolti – scrive infatti – «Un settore vivo e vitale che guarda con interesse agli sviluppi attesi nel settore della mobilità, ma che è alle prese soprattutto con la gestione del presente e del futuro prossimo, in condizioni difficili e spesso nel disinteresse – quando non nell’ostilità – dell’opinione pubblica. Il mondo della distribuzione carburanti si è ritrovato … lanciando alcuni messaggi forti e chiari e provando, come non accadeva da qualche tempo, a dettare l’agenda del dibattito pubblico. Segno della ritrovata consapevolezza di un ruolo spesso messo in discussione ma assolutamente necessario» anche se «L’urgenza della gestione “ordinaria” dell’attività ha fatto premio sulla prefigurazione – pure interessante – di scenari e prospettive future o futuribili».

Con tutto il rispetto, ne emerge – come spesso accade nelle occasioni di «rappresentanza» – un clima generale certamente responsabile delle difficoltà del momento [né potrebbe essere altrimenti], ma anche un tantino «patinato», non privo di note di maniera con le quali si tende a razionalizzare le dure e reali vicissitudini e contraddizioni del cambiamento con una visione teorica di sviluppo evolutivo nel quale in qualche maniera si finirà per cavarsela ancora una volta.

Così, tra gli scenari futuri – in cui, secondo il MISE, non ci saranno sconvolgimenti sui carburanti liquidi, ma si dovrà ragionare per ampliare la rete dei gassosi, in cui ci saranno servizi innovativi e non più quelli tradizionali e «nativi» della rete -, e l’immediato ci stanno varie altre cose.

Ci sta, ad esempio, la sempre incompiuta razionalizzazione della rete, su cui si dice che «solo attraverso la razionalizzazione la rete del futuro, quella grande realtà di imprese vecchie e nuove che potranno sostituirsi nel tempo alle multinazionali in ritirata dallo stivale, potrà dare una risposta efficace al mercato» [ma sul disegno di legge concorrenza, dove è annidato anche il «pacchetto» ristrutturazione, la discussione in aula alla Camera sembra posposta al referendum sulla riforma costituzionale, mentre dall’agenda del Senato sembra momentaneamente derubricata].

Ci stanno i ragionamenti sull’illegalità del settore – le cui misure di contrasto sembrano però rientrare in via «normale» e come assimilati ai provvedimenti generali da adottare erga omnes in materia di repressione dell’evasione dell’IVA – che ha in questo settore specifico massicce conseguenze di diretta turbativa del mercato in misura superiore a quella di altri settori.

Ci stanno gli auspìci sulla continuità della figura dell’operatore finale, cioè del gestore: «non ci sono formule commerciali in conflitto fra loro, in un Paese sempre più differenziato nelle scelte d’acquisto, c’è spazio crescente anche per il servito. I gestori saranno gli attori protagonisti della ripresa delle tradizionali compagnie, quelle che rimarranno nel territorio a gestire anche la rete e che puntano sugli impianti a doppia modalità per fare quota di mercato senza trascurare la profittabilità».

Non senza anche un ragionamento sulle politiche di pricing [e ci mancherebbe!] direttamente sviluppato dall’azienda leader del mercato [almeno nel senso di una rete di marchio unitaria, se non più forse come quota di mercato]: «Certo il prezzo sul servito appare molto alto rispetto all’Iperself. Ma per competere sul self dobbiamo abbassare molto, è il prezzo self che è troppo basso per essere sostenibile».

Ed è da qui che partiamo per qualche sommaria riflessione, già abbondantemente nota, ma che è opportuno rinverdire per entrare nel contesto delle contraddizioni, ormai incancrenite al punto da non essere reversibili, del mercato.

Se è il prezzo del self ad essere «troppo basso», e di concerto quello del servito ad essere «molto alto», la ragione è che il secondo serve a razzolare marginalità per abbassare il primo, il self, su cui si impatta direttamente con la concorrenza più agguerrita, il self di GDO e pompe bianche. E visto il rapporto tra i volumi per modalità di erogato [il self vale, conto della serva, 2,6 volte il servito, ed in autostrada – lasciamo volentieri a chiunque l’esercizio di fare i conti fino in fondo -, si trovano delta prezzi tra le due modalità anche nell’ordine di 0,330 euro/litro!] più la concorrenza del pricing degli operatori indipendenti si fa sentire, più crescerà il delta prezzo dei marchi integrati tra le due modalità e più si modificherà il rapporto dei volumi tra le modalità più sarà difficile quadrare il pareggio del conto complessivo ovvero tenere il livello dei volumi complessivi.

La ragione per cui tutto questo meccanismo sta, per quanto precariamente, in moto rimanda all’extrarete – di compagnie ed altri operatori -, che rifornisce di prodotto la rete indipendente a prezzi di cessione, che diventano poi al consumo, anche dopo averci aggiunto i costi ed i margini, difficilmente contrastabili.

Dice QUOTIDIANO ENERGIA a tale proposito che «I prodotti venduti da questa “rete[cioè le «reti indipendenti, quelle cioè che non portano i colori delle compagnie, che hanno raggiunto il 25% e rappresentano la prima “rete” in Italia» N.d.R.] sono quelli acquistati extrarete. Il mercato oramai è commercialmente determinato irreversibilmente da questo canale. Come avviene del resto in tutti i mercati maturi. Sarà bene farsene una ragione». Un ragionamento ineccepibile.

È, questa, la concorrenza «legale» [che si declina nella fine del monopolio delle compagnie, esse stesse sollecitate a limare i prezzi di extrarete per effetto della pressione dei player concorrenti], che, a sua volta, quella illegale, per i forti squilibri che determina direttamente sul piano dei fondamentali del prezzo [quali le imposte che ne costituiscono gran parte], certamente amplifica e spinge in misura parossistica, ma senza cancellarne i presupposti economici e mercantili [ossia, in altre parole, repressa e possibilmente cancellata l’illegalità, la situazione permane tale].

Se tali sono i presupposti del mercato – anche auspicabilmente «ripulito» – è quanto meno difficile nutrire aspettative di equilibrio, se non solo sul brevissimo, sul medio-lungo periodo sia in ordine alla sostenibilità [= stare sotto il punto critico di disaffezione dell’utente] del prezzo in servito, sia alla competitività del prezzo in self. Il meccanismo è pertanto estremamente fragile.

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Ma vi sono altri due aspetti connessi.

Di scarso pregio, in questo contesto di mercato, assume la partita della ristrutturazione della rete, o, meglio: a) la chiusura dei molti impianti inefficienti e/o incompatibili non riporterà, sia chiaro, alla rete tradizionale i volumi che sono stati devoluti alla rete indipendente per effetto dei fenomeni sopra descritti e ogni ottimismo a tale proposito è fuori luogo; b) qualche effetto positivo può, forse, ricadere sul piano della implementazione di servizi non oil, ma presumibilmente solo sul lungo periodo ed in un contesto di assetti della rete di cui non sono oggi noti i contorni.

Così come appare del tutto fragile basare la continuità della figura del gestore [almeno così come intesa nel senso fin qui conosciuto e codificato] in un’auspicata ottica di ripresa delle «tradizionali compagnie», quelle che rimarranno nel territorio a gestire anche la rete e che puntano sugli impianti a doppia modalità di servizio.

Infatti, proprio in un contesto in cui «non ci saranno formule commerciali in conflitto fra loro» [più correttamente: nel senso che tutte le formule commerciali “dovranno” convivere in un difficile contrasto basato sul prezzo], tanto più difficile sarà pensare sia vincente affidare al gestore – di cui vi sarà pur sempre bisogno, anche con nomi e figure diverse, quale operatore finale nella rete – la partita su una parte residuale dei volumi di vendita e sul pricing meno competitivo. Ecco perché, si ribadisce per la ennesima volta, la partita dei ruoli di questa categoria, e quindi delle connesse figure contrattuali, comunque si vogliano definire, è determinante in un contesto in cui l’evoluzione del settore finirebbe per riservare ad essa – ancor più di quanto già non sia ora e per di più forse per mancanza di coraggio – non solo la parte residuale del mercato, ma anche la peggiore in assoluto. [G.M.]

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