IN QUESTO NUMERO

MAFFEI: ENI HA RIDATO RUOLO E CENTRALITÀ AL GESTORE

Circa un 35 % degli erogati presso la rete distributiva ENI viene realizzato nella modalità servito, una quota che si…

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MERCATO & RETE SECONDO KUPIT

Nell’intervista rilasciata ad Elena VERONELLI, nell’ambito di OIL&NONOIL [e pubblicata sul più recente numero di TODAY@ STAFFETTA QUOTIDIANA], Giovanni ROMANO (KUPIT) si dice…

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RETE: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE PER IL MISE

RETE: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE PER IL MISE

Nell’intervista, rilasciata ad Elena VERONELLI, nell’ambito delle attività di OIL&NONOIL [e pubblicata nella newsletter TODAY@ STAFFETTA QUOTIDIANA], Gilberto DIALUCE (che è Direttore generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e per le infrastrutture energetiche del MISE) fa il punto della situazione della rete carburanti.

Per opportuna conoscenza degli orientamenti del Ministero ne pubblichiamo [per g.c.] il testo integrale con le relative domande e risposte.

<<Presente e futuro della rete carburanti, bonifiche, vertenza autostrade, obbligo del terzo prodotto, le principali novità del dlgs di recepimento della direttiva DAFI per la diffusione dei carburanti alternativi: sono alcuni temi toccati in questa intervista dal direttore generale per la Sicurezza dell’approvvigionamento e per le infrastrutture energetiche del ministero dello Sviluppo economico. Gilberto DIALUCE

A che punto siamo sulla ristrutturazione della rete carburanti? Cosa è stato fatto e cosa rimane da fare?

Come è noto, la rete italiana di distribuzione dei carburanti è caratterizzata dalla presenza diffusa di impianti di piccole dimensioni, con bassi erogati e, a volte, non in regola con le condizioni di sicurezza stradale (così detti impianti incompatibili). Per queste ragioni, sono state emanate, negli ultimi anni, una serie di leggi per promuovere la razionalizzazione e la ristrutturazione dei punti vendita. É un processo articolato, tuttora in corso, che non ha ancora portato ai pieni risultati attesi. Infatti, ulteriore impulso a razionalizzazione ed ammodernamento della rete è stato dato attraverso la Legge 111/2011, la Legge 27/2012 e la Legge Europea 2013bis, che hanno portato alla spinta verso l’automazione, all’obbligo di installazione del self-service pre-pagamento e alla rimozione dei divieti all’erogazione senza assistenza di benzina e gasolio. Inoltre, grazie a queste leggi siamo arrivati agli indirizzi per gli Enti locali per la ripresa dell’attività di verifica di compatibilità degli impianti e alla previsione di un Fondo solidaristico, finanziato dal settore, per sostenere una parte dei costi, per lo smantellamento e l’eventuale ripristino degli impianti chiusi nel triennio 2012-2014. Questi costi erano abbastanza rilevanti al punto da aver scoraggiato, in passato, i titolari a dismettere punti vendita diseconomici e inefficienti. Grazie a queste disposizioni alcuni passi avanti sono stati fatti. Per fare alcuni esempi: le domande pervenute per l’indennizzo degli impianti che sono stati chiusi nel 2012-2014 sono state ben 920; le vendite effettuate in modalità self-service si sono sviluppate notevolmente e sono arrivate, al 2015, in media al 70% per la benzina e al 73% per il gasolio, con punte per alcune società petrolifere di oltre l’85%; il miglioramento delle informazioni al consumatore sui prezzi dei carburanti anche con il sito del MiSE “Osservaprezzi” che dà in tempo reale il prezzo di vendita dei carburanti; l’apertura a nuove tipologie contrattuali tra gestore e titolare (contratto di commissione). Il mercato quindi appare notevolmente liberalizzato rispetto al passato e la presenza degli operatori verticalmente integrati si è ridotta sensibilmente (-15% dal 2007) a vantaggio della diffusione degli altri soggetti, anche nuovi entranti (GDO, pompe bianche e privati convenzionati sono titolari ormai di oltre il 50% della rete italiana).

Nonostante questo, se si confronta l’Italia con il resto d’Europa, il numero dei punti vendita (circa 22.000 ) appare ancora elevato e l’erogato medio ancora basso (1.300 mc, circa 1/3 di quello dei principali Paesi europei). Pertanto, ci si è mossi nuovamente con il “DDL Concorrenza”, al momento all’esame del Parlamento, fortemente incentrato sull’applicazione rigorosa delle disposizioni di sicurezza stradale per la chiusura degli impianti incompatibili ancora presenti in buona parte del Paese.

É poi di questi giorni il recepimento della “direttiva DAFI”, con uno schema di decreto legislativo volto ad ammodernare la rete in termini di diffusione di carburanti alternativi, con particolare riguardo al GNL e al GNC ed alla mobilità elettrica. Infine, è allo studio anche una nuova opportunità di sviluppo dell’utilizzo del biometano nel settore dei trasporti che potrà avere qualche ripercussione sulla rete con lo sviluppo di nuovi punti vendita del metano per autotrazione.

Tra quindici anni che rete avremo? E quali carburanti? Secondo lei c’è un’ora X in cui tutto cambierà?

Senza la pretesa di prevedere il futuro, e rifacendomi a quanto previsto dalla Commissione Europea in un recente scenario energetico (Primes2016), nel 2030 la benzina avrà un sensibile calo e perderà un terzo dei suoi consumi attuali e avremo un consumo di gasolio nei trasporti inferiore del 16% rispetto al 2015. Nello stesso periodo, crescerà il consumo di GPL del 40% e il metano ancora di più farà registrare un incremento record del 380%, avvicinandosi a 4 miliardi di metri cubi.

A quella data, sempre secondo la UE, pur rimanendo pressoché costante il numero dei veicoli circolanti muterà la composizione del parco veicoli: circa 18 milioni di veicoli a diesel convenzionali, più 3 milioni di diesel ibridi e plug-in; a questi si sommeranno circa 12 milioni di auto a benzina convenzionale e 3 milioni di auto ibride a benzina; vi saranno poi circa 3 milioni di auto a GPL e 4 milioni di auto a metano. Se questi saranno i numeri, non prevediamo grossi sconvolgimenti nella rete di distribuzione dei carburanti liquidi tradizionali, mentre vi dovrà essere un sostanziale ampliamento della rete di distribuzione dei prodotti gassosi, in particolare del metano, sia in forma compressa (uso auto) che in forma liquida (GNL) per il trasporto pesante. La rete, in ogni caso, sarà interessata anche da una maggiore offerta di servizi per i consumatori che, accanto agli autolavaggi, piccola manutenzione, somministrazione di bevande, alimenti e giornali, vedrà il possibile sviluppo di altri, ulteriori servizi: già oggi vi sono i primi esempi di servizi di spedizione e consegna, di promozione di servizi e prodotti tipici del territorio, car sharing e ricarica dei mezzi elettrici. Nel frattempo, infatti, si aprirà anche il mercato delle auto elettriche, di cui al momento è difficile fare previsioni di sviluppo, date le limitazioni tecnologiche legate alla durata e ai costi delle batterie e ai tempi di ricarica. Non vedo quindi, ancora nessuna ora X, ma un processo graduale di trasformazione, già iniziato.

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Il ddl Concorrenza prevede che la compagnia petrolifera dovrà sostenere i costi di bonifica solo “in caso di riutilizzo dell’area”. Sarà una spinta alla razionalizzazione?

Ancorare la bonifica al riutilizzo dell’area è sicuramente un volano per la razionalizzazione che consentirà di ridurre la barriera alla chiusura legata all’altro costo dell’eventuale bonifica. Ciò in ragione del fatto che l’intervento dell’operatore sulle matrici ambientali per la rimozione delle fonti secondarie di contaminazione è complesso sia dal punto di vista amministrativo che tecnologico, con costi molto alti in funzione dei volumi di terreno da trattare o ancora di più se è compromessa la falda. In tale ottica per gli impianti chiusi nel triennio 2012-2014 il Ministero aveva previsto un contributo, finanziato dagli stessi titolari, per supportare gli stessi nel sostenere i costi di ripristino.

Tuttavia potrebbe esserci il rischio che in questo modo la bonifica avverrà solo tra anni e anni oppure mai…

In primo luogo occorre chiarire che la disposizione prevede comunque la messa in sicurezza dell’impianto ossia che venga garantito che la contaminazione eventualmente presente non si trasferisca alle matrici ambientali (aria, acqua o suolo). Il sito non viene quindi lasciato “incustodito” sia sotto il profilo della sicurezza che della potenziale espansione della contaminazione e sono previsti interventi per evitare la migrazione della falda, se già in fase di smantellamento dell’impianto si hanno evidenze di potenziale contaminazione. Comunque il principio comunitario “chi inquina paga” prevale su qualsiasi tipo di norma di settore per cui il responsabile della contaminazione resta soggetto obbligato alla bonifica del sito; il testo proposto sposta solo il “momento” della bonifica creando un‘eccezione alla tempistica della regola generale (disciplina delle bonifiche – Titolo V alla Parte IV del D.Lgs 152/06) che prevede tempi molto stretti.

Gilberto DIALUCE

Gilberto DIALUCE

E chi paga se il proprietario della strada su cui era l’impianto è il Comune e dopo anni decide di utilizzarlo in altro modo ma non trova più l’ex-titolare dell’impianto?

La norma è stata ipotizzata prevalentemente per i casi in cui il proprietario dell’impianto è anche proprietario dell’area per cui attivare la bonifica in fase di riuso dell’area stessa consente di rinviare i costi di intervento al momento in cui l’area viene destinata a nuove attività economiche. Diverso è il caso se l’area va restituita al legittimo proprietario, sia esso soggetto privato che il demanio. Qualora il proprietario dell’area sia il Comune, essendo parte attiva del procedimento di smantellamento dell’impianto, sarà suo interesse chiedere idonee garanzie al soggetto responsabile. Già in altre discipline, qualora ci sia una bonifica in corso o rinviata a una fase successiva della vita dell’impianto, vengono previste idonee garanzie finanziare prestate alla Regione di riferimento che potranno essere escusse in caso di mancato completamento della bonifica.

Sulle autostrade è battaglia. Il TAR Lazio ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Unione petrolifera e gestori contro i provvedimenti del governo sulla razionalizzazione della rete autostradale. Lo scontento però rimane. Ci sono margini di nuove trattative?

Sono state approfondite le problematiche e azioni di sostegno, anche per la rete autostradale, conseguenti all’attuale forte contrazione dei volumi di vendita dei carburanti. Sulla base di specifici Atti di indirizzo MIT/MISE del 2013 e 2015, al fine di garantire condizioni di sostenibilità economica, è stato emanato il Piano per la ristrutturazione delle aree di servizio autostradali, che ha tenuto conto dei singoli piani presentati dai concessionari autostradali e riguardante l’intera rete, i raccordi e le tangenziali.

Il Piano, dell’agosto 2015 ha riguardato la razionalizzazione delle infrastrutture presenti sulla rete e la rivisitazione delle modalità con le quali i servizi stessi sono prestati al pubblico, in particolare per le chiusure, le gestioni unitarie oil e non oil, gli accorpamenti e i servizi self-service. Com’è noto la vicenda ha ingenerato un certo contenzioso, sia nei confronti del MIT che del MISE, con delle impugnative sia del decreto interministeriale 7 agosto 2015, sia dei bandi di gara per le aree di servizio in sede autostradale emessi dalle società concessionarie autostradali. A valle della dichiarata inammissibilità di gran parte di tali ricorsi, in sede giudiziaria non si sono quindi trovate le soluzioni auspicate dai ricorrenti. Rimane un certo scontento soprattutto tra le associazioni di categoria dei gestori, che sono alla ricerca delle soluzioni ai problemi rimarcati e quindi alla ricerca di nuovi equilibri. Da ultimo, stiamo lavorando insieme al MIT per fornire i chiarimenti necessari alla pratica implementazione delle norme emanate, per eliminare eventuali zone d’ombra in cui si possono annidare situazioni critiche. I sindacati hanno ritenuto giusto rinviare lo sciopero proclamato, eventualmente a dopo che tale processo fosse terminato. Riteniamo questo un comportamento collaborativo nell’interesse dei consumatori.

Di recente la Corte Costituzionale ha sancito che l’obbligo previsto in Lombardia di un terzo carburante ecologico per i nuovi punti vendita “non lede la concorrenza”. Posizione ben diversa da quella dell’Antitrust che invece ritiene questi nuovi obblighi discriminatori e anticoncorrenziali. Cosa ne pensa?

Siamo perfettamente d’accordo con quanto sancito dalla Corte Costituzionale, anche per noi la questione ambientale e della qualità dell’aria è prioritaria rispetto ad altri principi come quello della concorrenza. Questo è tanto vero che coerentemente a tale principio siamo andati anche oltre, prevedendo con il comma 6 dell’articolo 18 del decreto legislativo di recepimento della direttiva DAFI, che è possibile aprire nuovi punti vendita con il solo prodotto gas naturale senza la contestuale presenza, obbligatoria, dei carburanti tradizionali benzina e gasolio. Per tali carburanti tradizionali, infatti, si registra una saturazione di offerta che renderebbe diseconomico l’investimento in nuovi impianti di distribuzione carburanti a gas naturale, se contestualmente vi fosse l’obbligo di dotarsi anche di tutti gli altri carburanti tradizionali.

Inoltre, nello stesso decreto legislativo abbiamo previsto una misura che obbliga i singoli titolari di punti vendita di carburanti tradizionali, (che vendono più di 10 milioni di litri in prima battuta e poi che ne vendono più di 5 milioni nel secondo step temporale) i cui punti vendita sono collocati in aree fortemente inquinate (ovvero quelle i cui capoluoghi abbiano superato il limite delle emissioni di PM10 per almeno 3 anni su 7, nel periodo 2009-2015) di contribuire al miglioramento ambientale attraverso un investimento teso ad aggiungere le infrastrutture di erogazione del metano ed elettriche. Si chiarisce poi che questo obbligo vale solo se non ricorrono gli impedimenti tecnico-economici riportati che sono: accessi e spazi insufficienti per motivi di sicurezza ai sensi della normativa antincendio, esclusivamente per gli impianti già autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto; per il GNC distanza superiore a 1000 metri tra la rete del gas naturale e il punto di stoccaggio del GNC o pressione della rete del gas naturale inferiore a 3 bar; distanza dal più vicino deposito di approvvigionamento del GNL via terra superiore a 1000 kilometri. Quest’ultimo obbligo è previsto solo per un periodo determinato e limitato (un quinquennio), senza continuità, riconoscendo un carattere di eccezionalità alla situazione ambientale-sanitaria di certe aree del Paese. Si farà un monitoraggio e si vedrà tra qualche anno se lo strumento ha funzionato o se occorrerà metterne in campo altri.>>

MAFFEI: ENI HA RIDATO RUOLO E CENTRALITÀ AL GESTORE

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Circa un 35 % degli erogati presso la rete distributiva ENI viene realizzato nella modalità servito, una quota che si attesta verso il basso al 31-32 % nei punti vendita di proprietà e verso l’alto fino al 38 % nei punti vendita dei convenzionati. Dati riferiti da Giovanni MAFFEI, Senior Vice President Business Fuel di ENI, intervenendo al convegno – organizzato da OIL&NON OIL – «2030: quale mobilità, quali carburanti, quale rete».

«Eni» ha sottolineato Maffei «ha ridato un ruolo e una centralità ai gestori con l’accordo del dicembre 2014, centralità che negli ultimi anni era venuta meno. I gestori sono un elemento fondamentale dello sviluppo della rete. Certo, bisogna avere il coraggio di razionalizzare perché 22mila punti vendita non sono più sostenibili, sia dal punto di vista della logistica che della manutenzione che degli erogati. Ma il futuro è fatto di grandi piazzali, grandi spazi, ruolo centrale del gestore e un importante non oil, come ad esempio ha fatto Eni con l’accordo con DHL”.

«Nel 2014 avevamo circa 4mila punti vendita, di cui la metà circa in full Iperself» ha spiegato il dirigente ENI «Abbiamo deciso di trasformarli in misti e ripristinare il servizio. In questi punti vendita i volumi si sono spostati per il 35% circa sul servito. Spesso noi italiani ci sentiamo più europei di quello che siamo». E sulla questione del delta prezzo tra modalità self e servito ha aggiunto: «Certo il prezzo sul servito appare molto alto rispetto all’Iperself. Ma per competere sul self dobbiamo abbassare molto, è il prezzo self che è troppo basso per essere sostenibile».

Il dato riferito da ENI sulle vendite in modalità self service risulta meno elevato di quello riferito dal Ministero [ne abbiamo riferito nel primo articolo in questo stesso numero]: in pochi anni, secondo il MISE, la quota self, che era intorno al 60 % qualche anno fa, nel 2015 costituirebbe il 70 % delle vendite di benzina ed il 73 % di quelle di gasolio.

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Un breve calcolo sui pricing di ENI – effettuato sulle medie nazionali del prezzo da metà febbraio 2015 a fine settembre 2016 – ci dice, grosso modo, quanto segue: per la benzina, il delta prezzo tra le due modalità è cresciuto da 0,083 a 0,146 euro/litro [+0,063 euro/litro] e per il gasolio da 0,083 a 0,152 [+0,069 euro /litro]. Contestualmente, il gap del prezzo self del marchio con il prezzo self dei no-logo [che è sempre più basso] è sceso di 0,026 euro/litro per la benzina e di 0,032 per il gasolio. In altre parole, l’aumento del delta prezzo sul servito per un 1 litro di benzina avrebbe pareggiato il calo del prezzo self di un quantitativo di 2,40 litri, ed un po’ meno per il gasolio [1 litro in servito contro 2,16 litri in self]. Ed in sintesi: ad un aumento del delta prezzo tra servito e self nel marchio dovrebbe corrispondere una diminuzione del delta prezzo in self tra il marchio ed i no-logo, che sono generalmente il benchmark della concorrenza più aggressiva. La correlazione inversa tra le due tendenze [da un lato aumento del delta prezzo tra servito e self del marchio, dall’altro diminuzione del delta prezzo in self tra il marchio ed i no-logo] è abbastanza significativa per la benzina [un valore di -0,61 tra i due valori ammessi di -1,00 e 0,00, ossia il meccanismo funziona abbastanza] e meno stringente per il gasolio [un valore di -0,48 tra i due valori ammessi di -1,00 e 0,00, insomma, funziona un po’ meno].

MERCATO & RETE SECONDO KUPIT

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Nell’intervista rilasciata ad Elena VERONELLI, nell’ambito di OIL&NONOIL [e pubblicata sul più recente numero di TODAY@ STAFFETTA QUOTIDIANA], Giovanni ROMANO (KUPIT) si dice fiducioso nel dowstream italiano: «Il mercato nazionale costituisce un riferimento molto importante nel quale il nostro azionista crede da sempre» e che la compagnia intende valorizzare la propria rete «che nel mercato si colloca al secondo posto e che, grazie anche alla sua nuova ottimale distribuzione sull’intero territorio nazionale, ha un potenziale altissimo in termini quantitativi e qualitativi».

Riportiamo di seguito alcuni dei contenuti dell’intervista:

Alla domanda su quali siano le mosse di Kupit sul mercato, Romano risponde: «Gli operatori rete si confrontano oggi con aspetti problematici che derivano dalla combinazione del consistente calo dei consumi, ormai diventato strutturale, nonostante alcuni timidi e altalenanti segnali di ripresa, e dal perdurare di un ridotto tasso di profittabilità che nel breve termine paradossalmente penalizza, in questo comparto come negli altri del settore, gli operatori che hanno investito di più. A fronte del forte aumento del grado di competizione commerciale che questa situazione ha determinato, gli obiettivi primari sono il consolidamento della posizione competitiva sul fronte degli impianti automatizzati e la crescita della rete manned [in italiano: dove c’è l’uomo, N.d.R.] attraverso un progressivo miglioramento dell’offerta ai consumatori. Sono obiettivi sui quali, come Q8, siamo costantemente impegnati e che perseguiamo mettendo al centro della nostra strategia commerciale l’attenzione al cliente attraverso il costante studio e monitoraggio delle sue esigenze per innovare e diversificare la nostra offerta. Questo approccio ha costituito storicamente una caratteristica di Q8 che la ha sostanzialmente distinta sul mercato.

Come dicevo prima, continuiamo a interpretare i diversi bisogni dei consumatori fornendo le adeguate risposte attraverso la nostra rete di distribuzione carburanti cosi capillarmente diffusa sul territorio. Oggi questa nostra intenzione si denomina, oltre che per l’importante struttura fin qui realizzata attraverso una strategia di acquisizioni, per un nuovo slancio delle tante iniziative commerciali che stiamo mettendo in campo: dalle campagne promozionali, alle carte, ai prodotti speciali, e tanto altro ancora. »

Alla domanda su quale sarà la fisionomia della rete italiana tra quindici anni, il dirigente di Kupit sostiene testualmente che sarà «necessariamente più efficiente, sebbene il processo di razionalizzazione, indispensabile, sia condizionato ancora da un quadro normativo poco incisivo. L’atteso testo contenuto nel Disegno di Legge sulla concorrenza può rappresentare un primo passo di un percorso più chiaro verso questo obiettivo di maggiore efficienza» con un rapporto tra compagnie ed operatori privati «non diverso da quello attuale: le differenze di sensibilità e di dimensioni degli operatori privati porterà ciascuno a scegliere, insieme con le compagnie, la soluzione più adeguata alle proprie esigenze».

Sull’interrogativo, posto dalla intervistatrice, se «Più self o più servito», la risposta è stata: «Più self E più servito: la scelta di rifornimento dei consumatori sarà sempre più consapevole e ciascuno dovrà trovare l’esperienza di consumo che ricerca. In questo senso la rete dovrà essere in grado di fornire contemporaneamente le condizioni per garantire più self (facile e veloce) e più servito (professionale e di qualità)» mentre sulla possibile evoluzione del non oil ed il rapporto con i gestori, Romano risponde che: «Il successo del non oil sarà dipendente dalla qualità delle location, delle strutture e dalla capacità dei gestori di eccellere in questi mercati molto competitivi: ci sono le possibilità per avere un non oil che riesca a rappresentare una risposta alle richieste dei clienti e contestualmente costituire opportunità di profitto per gli attori economici coinvolti nel business. In questa ottica la categoria dei gestori, continuerà ad essere un fattore chiave di successo commerciale grazie alla sua esperienza e all’elevato grado di imprenditorialità».

Una domanda diretta è stata posta dalla giornalista in merito alla vertenza sui contratti in autostrada: «Le associazioni dei gestori denunciano che Kupit stia tentando di imporre contratti di agenzia o di commissione nelle aree di servizio autostradali “al di fuori di qualsiasi previsione legislativa per il settore”. Cosa risponde?». Romano ha così affermato: «Preferisco non entrare nei dettagli di questo argomento di evidente attualità non solo per Q8 ma per tutto il settore tanto che è aperto un tavolo di confronto con i ministeri competenti. Ci tengo comunque ad affermare con serenità che Q8, in linea con l’etica aziendale, non ha mai imposto alcunché e, in tutti gli ambiti in cui opera, agisce da sempre nel pieno rispetto delle normative vigenti».

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IL MERCATO DIFFICILE TRA FUTURI AUSPICI ED ATTUALI CONTRADDIZIONI

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Nei giorni scorsi, ospite la manifestazione OIL&NONOIL, tutto il settore ha avuto modo di parlare ampiamente di se stesso e di confrontarsi sui principali nodi aperti, dall’illegalità al futuro della rete. Un’occasione che ha fatto titolare [STAFFETTA] «Il “Petrolio Italia” alza la voce»: tra decine di convegni e seminari che vi si sono svolti – scrive infatti – «Un settore vivo e vitale che guarda con interesse agli sviluppi attesi nel settore della mobilità, ma che è alle prese soprattutto con la gestione del presente e del futuro prossimo, in condizioni difficili e spesso nel disinteresse – quando non nell’ostilità – dell’opinione pubblica. Il mondo della distribuzione carburanti si è ritrovato … lanciando alcuni messaggi forti e chiari e provando, come non accadeva da qualche tempo, a dettare l’agenda del dibattito pubblico. Segno della ritrovata consapevolezza di un ruolo spesso messo in discussione ma assolutamente necessario» anche se «L’urgenza della gestione “ordinaria” dell’attività ha fatto premio sulla prefigurazione – pure interessante – di scenari e prospettive future o futuribili».

Con tutto il rispetto, ne emerge – come spesso accade nelle occasioni di «rappresentanza» – un clima generale certamente responsabile delle difficoltà del momento [né potrebbe essere altrimenti], ma anche un tantino «patinato», non privo di note di maniera con le quali si tende a razionalizzare le dure e reali vicissitudini e contraddizioni del cambiamento con una visione teorica di sviluppo evolutivo nel quale in qualche maniera si finirà per cavarsela ancora una volta.

Così, tra gli scenari futuri – in cui, secondo il MISE, non ci saranno sconvolgimenti sui carburanti liquidi, ma si dovrà ragionare per ampliare la rete dei gassosi, in cui ci saranno servizi innovativi e non più quelli tradizionali e «nativi» della rete -, e l’immediato ci stanno varie altre cose.

Ci sta, ad esempio, la sempre incompiuta razionalizzazione della rete, su cui si dice che «solo attraverso la razionalizzazione la rete del futuro, quella grande realtà di imprese vecchie e nuove che potranno sostituirsi nel tempo alle multinazionali in ritirata dallo stivale, potrà dare una risposta efficace al mercato» [ma sul disegno di legge concorrenza, dove è annidato anche il «pacchetto» ristrutturazione, la discussione in aula alla Camera sembra posposta al referendum sulla riforma costituzionale, mentre dall’agenda del Senato sembra momentaneamente derubricata].

Ci stanno i ragionamenti sull’illegalità del settore – le cui misure di contrasto sembrano però rientrare in via «normale» e come assimilati ai provvedimenti generali da adottare erga omnes in materia di repressione dell’evasione dell’IVA – che ha in questo settore specifico massicce conseguenze di diretta turbativa del mercato in misura superiore a quella di altri settori.

Ci stanno gli auspìci sulla continuità della figura dell’operatore finale, cioè del gestore: «non ci sono formule commerciali in conflitto fra loro, in un Paese sempre più differenziato nelle scelte d’acquisto, c’è spazio crescente anche per il servito. I gestori saranno gli attori protagonisti della ripresa delle tradizionali compagnie, quelle che rimarranno nel territorio a gestire anche la rete e che puntano sugli impianti a doppia modalità per fare quota di mercato senza trascurare la profittabilità».

Non senza anche un ragionamento sulle politiche di pricing [e ci mancherebbe!] direttamente sviluppato dall’azienda leader del mercato [almeno nel senso di una rete di marchio unitaria, se non più forse come quota di mercato]: «Certo il prezzo sul servito appare molto alto rispetto all’Iperself. Ma per competere sul self dobbiamo abbassare molto, è il prezzo self che è troppo basso per essere sostenibile».

Ed è da qui che partiamo per qualche sommaria riflessione, già abbondantemente nota, ma che è opportuno rinverdire per entrare nel contesto delle contraddizioni, ormai incancrenite al punto da non essere reversibili, del mercato.

Se è il prezzo del self ad essere «troppo basso», e di concerto quello del servito ad essere «molto alto», la ragione è che il secondo serve a razzolare marginalità per abbassare il primo, il self, su cui si impatta direttamente con la concorrenza più agguerrita, il self di GDO e pompe bianche. E visto il rapporto tra i volumi per modalità di erogato [il self vale, conto della serva, 2,6 volte il servito, ed in autostrada – lasciamo volentieri a chiunque l’esercizio di fare i conti fino in fondo -, si trovano delta prezzi tra le due modalità anche nell’ordine di 0,330 euro/litro!] più la concorrenza del pricing degli operatori indipendenti si fa sentire, più crescerà il delta prezzo dei marchi integrati tra le due modalità e più si modificherà il rapporto dei volumi tra le modalità più sarà difficile quadrare il pareggio del conto complessivo ovvero tenere il livello dei volumi complessivi.

La ragione per cui tutto questo meccanismo sta, per quanto precariamente, in moto rimanda all’extrarete – di compagnie ed altri operatori -, che rifornisce di prodotto la rete indipendente a prezzi di cessione, che diventano poi al consumo, anche dopo averci aggiunto i costi ed i margini, difficilmente contrastabili.

Dice QUOTIDIANO ENERGIA a tale proposito che «I prodotti venduti da questa “rete[cioè le «reti indipendenti, quelle cioè che non portano i colori delle compagnie, che hanno raggiunto il 25% e rappresentano la prima “rete” in Italia» N.d.R.] sono quelli acquistati extrarete. Il mercato oramai è commercialmente determinato irreversibilmente da questo canale. Come avviene del resto in tutti i mercati maturi. Sarà bene farsene una ragione». Un ragionamento ineccepibile.

È, questa, la concorrenza «legale» [che si declina nella fine del monopolio delle compagnie, esse stesse sollecitate a limare i prezzi di extrarete per effetto della pressione dei player concorrenti], che, a sua volta, quella illegale, per i forti squilibri che determina direttamente sul piano dei fondamentali del prezzo [quali le imposte che ne costituiscono gran parte], certamente amplifica e spinge in misura parossistica, ma senza cancellarne i presupposti economici e mercantili [ossia, in altre parole, repressa e possibilmente cancellata l’illegalità, la situazione permane tale].

Se tali sono i presupposti del mercato – anche auspicabilmente «ripulito» – è quanto meno difficile nutrire aspettative di equilibrio, se non solo sul brevissimo, sul medio-lungo periodo sia in ordine alla sostenibilità [= stare sotto il punto critico di disaffezione dell’utente] del prezzo in servito, sia alla competitività del prezzo in self. Il meccanismo è pertanto estremamente fragile.

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Ma vi sono altri due aspetti connessi.

Di scarso pregio, in questo contesto di mercato, assume la partita della ristrutturazione della rete, o, meglio: a) la chiusura dei molti impianti inefficienti e/o incompatibili non riporterà, sia chiaro, alla rete tradizionale i volumi che sono stati devoluti alla rete indipendente per effetto dei fenomeni sopra descritti e ogni ottimismo a tale proposito è fuori luogo; b) qualche effetto positivo può, forse, ricadere sul piano della implementazione di servizi non oil, ma presumibilmente solo sul lungo periodo ed in un contesto di assetti della rete di cui non sono oggi noti i contorni.

Così come appare del tutto fragile basare la continuità della figura del gestore [almeno così come intesa nel senso fin qui conosciuto e codificato] in un’auspicata ottica di ripresa delle «tradizionali compagnie», quelle che rimarranno nel territorio a gestire anche la rete e che puntano sugli impianti a doppia modalità di servizio.

Infatti, proprio in un contesto in cui «non ci saranno formule commerciali in conflitto fra loro» [più correttamente: nel senso che tutte le formule commerciali “dovranno” convivere in un difficile contrasto basato sul prezzo], tanto più difficile sarà pensare sia vincente affidare al gestore – di cui vi sarà pur sempre bisogno, anche con nomi e figure diverse, quale operatore finale nella rete – la partita su una parte residuale dei volumi di vendita e sul pricing meno competitivo. Ecco perché, si ribadisce per la ennesima volta, la partita dei ruoli di questa categoria, e quindi delle connesse figure contrattuali, comunque si vogliano definire, è determinante in un contesto in cui l’evoluzione del settore finirebbe per riservare ad essa – ancor più di quanto già non sia ora e per di più forse per mancanza di coraggio – non solo la parte residuale del mercato, ma anche la peggiore in assoluto. [G.M.]

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