IN QUESTO NUMERO

RICHIESTA DI AUDIZIONE A SENATO E CAMERA SULLO STATO DEL SETTORE

A ridosso della pausa feriale agostana, FAIB, FEGICA e FIGISC hanno richiesto alle Commissioni Attività Produttive dei due rami del…

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I PREZZI DI AGOSTO CONFRONTATI CON LUGLIO E GIUGNO

Secondo i prezzi medi mensili “Italia”, pubblicati sul sito del MiSE (per benzina e gasolio viene indicato il prezzo in…

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Nota informativa
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AUTOSTRADE: CHIESTO INCONTRO URGENTE A MIT E MiSE

AUTOSTRADE: CHIESTO INCONTRO URGENTE A MIT E MiSE

Comunicazione mezzo PEC

Prot. 87/PEC/2018

Roma, 4 settembre 2018

On.le Luigi Di Maio

Vice Presidente del Consiglio dei Ministri

e Ministro del lavoro e dello sviluppo Economico

On.le Danilo Toninelli

Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture

Loro sedi

Oggetto: Concessioni Autostradali: affidamenti servizi di distribuzione carburanti- Richiesta di incontro

Egregio Vice Presidente del Consiglio. Egregio Ministro,

le scriventi Federazioni che rappresentano i Gestori degli impianti di Distribuzione carburanti, collocati sulle viabilità autostradale, intendono porre alla loro attenzione alcune problematiche legate alla gestione “privatistica” – anzichè pubblicistica – del sistema concessorio in uso sulle autostrade – drammaticamente assurto agli onori della cronaca, dopo la tragedia di Genova -: nel sistema pubblicistico prima vengono gli interessi dei cittadini; in quello privatistico, quello del profitto dei (sub)concessionari.

Tale considerazione introduttiva trae origine dalla mancata realizzazione di quel piano di “ristrutturazione della rete autostradale” che avrebbe dovuto ridurre la ridondanza dell’offerta – con la chiusura di almeno 70 Aree di Servizio – migliorando la qualità dell’offerta e del servizio e determinando le condizioni per una diminuzione del prezzo al pubblico che – ancora oggi – lungo tale viabilità è maggiore di quello rilevabile sulla viabilità ordinaria.

La rete di distribuzione sulle autostrade, sconta il limite di un impianto ogni 20/25 Km. contro i 40/80 rilevabile in ogni altro stato europeo: il risultato sono maggiori costi di sistema che finiscono, sistematicamente, nelle casse dei (sub) concessionari senza che ciò garantisca agli utenti servizi di qualità (per giunta a prezzi stratosferici) e senza consentire ai Gestori la possibilità di “fare bilancio“.

I Gestori, infatti, sono costretti fra royalties alte (60/100 €/Klt.), prezzi alti e contrattazione bloccata – in alcuni casi da oltre 10 anni -. Non deve quindi stupire che, in meno di 10 anni, l’erogato della rete autostradale sia sceso del 64% (da 4,3 mld di litri a 1,7 mld di litri).

A nulla è servito che la stessa proroga di circa un anno, concessa dall’Antitrust al momento della cadenza degli Affidamenti precedenti per l’indizione di nuove gare, fosse legata alla sola condizione che la rete autostradale si ristrutturasse: niente è stato fatto. Anzi sono già programmate nuove aperture. Le “raccomandazioni” dell’Agcm non hanno avuto alcun impatto sul prosieguo della procedura di Affidamento e lo stesso Decreto Interministeriale del 7/8/2015 è stato ripetutamente violato nello spirito e nella lettera senza ripercussioni.

Le scriventi Federazioni hanno in questi anni ripetutamente segnalato ai responsabili ministeriali, ed ai Ministri stessi, le gravi, reiterate e diffuse violazioni della normativa di settore e da ultimo proprio del Decreto Interministeriale richiamato da parte delle società concessionarie e degli affidatari dei servizi carbolubrificanti e ristorazione: le procedure di affidamento “competitivo” approvate dal MIT sorvolano su una parte essenziale (ristrutturazione, prezzi, chiusure, competitività, ecc.) di quanto disposto con il Decreto richiamato, limitandosi a garantire solo gli aspetti formali e, ovviamente, la parte di royalties di spettanza del concessionario. Senza alcuna garanzia sul “pubblico servizio” che la Concessione dovrebbe regolare.

Tali superficiali “interpretazioni” delle disposizioni emanate dai due ministeri, hanno determinato lo stravolgimento della normativa a tutto favore dei concessionari e delle imprese di ristorazione (in alcuni casi riconducibili allo stesso concessionario, come nel caso di Autogrill).

Ciò ha determinato la crescente emarginazione delle imprese di gestione carburanti, ottenuta tramite la costante violazione delle norme di settore (L.1034/70, DPR 1269/71, L.498/92, D. Lgs 112/98, D.Lgs.32/98, L. 57/2001, L.27/2012) e l’accaparramento, grazie all’integrazione fra food e oil (voluta a vantaggio dei soggetti più forti delle micro-imprese che rappresentiamo), con la conseguente marginalizzazione dei servizi carburanti che, nell’obiettivo ultimo, dovrebbe essere sostituita da “accettatori di banconote“. Senza alcun servizio ma con un “presidio” da affidare, magari, agli operatori “food” che godono, senza alcuna concorrenza, di un’esclusiva d’area.

Non sfugge, infatti, che il settore produce per i Concessionari una remunerazione del capitale di assoluta rilevanza (il 10,21 % lordo, stando alle allegati alle Convenzioni recentemente pubblicate), con tutta una serie di conseguenze – del resto del tutto coerenti con i piani finanziari concordati con lo Stato – di carattere meramente speculativo rispetto, ad esempio, alla gestione dei pedaggi a carico degli utenti e delle royalty a carico degli operatori in una condizione di mercato garantito e sostanzialmente protetto.

Né potrà sfuggire che il meccanismo delle royalty costituisce di fatto una violazione grave del principio costituzionale di uniformità di accesso a beni e servizi, che ha determinato il declino dell’appeal della rete autostradale rispetto al consumatore.

I risultati di sintesi sono che, dal 2003, il livello dei pedaggi è cresciuto del 71,5 % (in misura pertanto pari a 2,5 volte l’inflazione), quello delle vendite oil – malgrado un incremento delle percorrenze pari ad un +8,3 % (nonostante la grave flessione degli anni più duri della crisi economica) – è crollato del 66 % nella rete in concessione (con punte fino a quasi il 70 % nella parte di rete non in concessione) con un corrispondente calo dell’erogato medio per impianto, quello delle vendite di altri beni soggetti a royalty di circa il 20 % se si tiene conto del tasso di inflazione.

Questo ha comportato il mancato raggiungimento degli obiettivi posti a fondamento del Decreto interministeriale del 7 agosto 2015: razionalizzazione e ammodernamento della rete distributiva, contenimento delle eccessive royalty pretese dai concessionari sia sulle vendite oil (dai 60 ai 100 euro per metro cubo) che food, (30% medio con punte anche del 48% sul fatturato lordo), recupero della sostenibilità economica delle aree di servizio, valorizzazione del servizio pubblico reso, riduzione dei prezzi al pubblico alle migliori condizioni di mercato.

Tali obiettivi ad ormai tre anni di distanza, si può ben dire che sono stati largamente falliti, anche per effetto della costante violazione della norma, con un effetto drammatico sulle vendite e sulla manutenzione della rete, abbandonata a sé stessa. Senza che alcuno abbia programmato un qualche intervento.

Ci permettiamo di osservare che la “ratio” che sottende all’Affidamento in concessione, si fonda sulla garanzia del “pubblico servizio” da rendere in nome e per conto dello Stato e non sulla privatizzazione dei profitti!

Le scriventi Federazioni in questi anni hanno ripetutamente evidenziato – in completa solitudine – che il livello dei prezzi dei carburanti – ma vale altrettanto per il caffè o il panino – è stato, ed è, ingiustificatamente più alto di quello praticato su rete ordinaria proprio per il peso esercitato dalle royalties pretese dai concessionari, in aggiunta al pedaggio, già tra i più cari d’Europa.

Dall’altro lato abbiamo, aperta da anni, una vertenza autostrade con i Ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico sulle condizioni drammatiche delle imprese di gestione dei servizi carburanti. In circa dieci anni gli erogati carburanti in Autostrada sono crollati del 60%, riducendosi al 6% del totale venduto in Italia.

La conseguenza è che se non si interviene con decisione, oltre che depredare gli automobilisti e gli autotrasportatori, si rischia di consegnare ai concessionari un settore interamente soggetto a pubblica concessione, vale a dire essenzialmente un patrimonio della collettività, che pure genera un volume di affari e utili straordinari: utili che sempre più saranno destinati a pochi eletti.

In tutto questo i gestori autostradali espulsi dalla rete – a tutto vantaggio dei monopolisti della Ristorazione – non hanno potuto neanche beneficiare, nella stragrande maggioranza dei casi, del pur esiguo indennizzo che il Decreto interministeriale aveva previsto a carico degli stessi concessionari ed affidatari, come risibile alternativa al principio della “continuità gestionale” previsto dalla norma. Eppure, fra lavoro diretto ed indotto, le Aree di Servizio Autostradali occupano -direttamente o indirettamente – 6/10 mila lavoratori. Lavoratori che verranno anch’essi espulsi.

Su questi punti le scriventi hanno ripetutamente evidenziato che l’inerzia dei Ministeri competenti, pure di fronte a dettagliate segnalazioni e finanche denunce di inadempienza inviate (cfr. da ultimo 14/5/2018-22/9/2017, allegate) abbia favorito il convincimento che la violazione delle norme, alla ricerca del proprio privato interesse, potesse rimanere impunita. Il tutto a danno, allo stesso tempo, degli interessi generali e della collettività, la cui tutela dovrebbe presiedere l’utilizzo delle concessioni pubbliche, oltreché degli interessi di una categoria di lavoratori e piccole imprese che il legislatore ha ritenuto meritevoli di tutele attraverso l’emanazione delle Leggi prima richiamate.

Faib, Fegica e Anisa alla luce di quanto sopra esposto hanno anche più volte richiesto – inascoltati – la separazione delle concessioni, distinguendo la gestione delle Aree di Servizio da quelle della viabilità, già gravata dal pedaggio, come già abbiamo avuto modo di accennare, lo scorso 25/6/2018, al Ministro Di Maio.

Le scriventi sono pertanto a richiedere un incontro urgente per illustrare nel dettaglio le criticità descritte e le proposte migliorative del sevizio a presidio del diritto alla mobilità delle quali sono portatrici.

Le scriventi restano in attesa di un cortese cenno di riscontro.

Distinti saluti.

FAIB AUTOSTRADE – FEGICA – ANISA

RICHIESTA DI AUDIZIONE A SENATO E CAMERA SULLO STATO DEL SETTORE

A ridosso della pausa feriale agostana, FAIB, FEGICA e FIGISC hanno richiesto alle Commissioni Attività Produttive dei due rami del Parlamento una audizione per rappresentare lo stato del settore in ordine alle maggiori criticità attinenti la rete, l’illegalità e gli strumenti contrattuali, con la comunicazione che di seguito si riproduce.

Al Presidente della Commissione Industria commercio e Artigianato

Senato della Repubblica

Presidente Sen. Gianni Pietro Girotto

Ai Vice Presidenti della Commissione Industria commercio e Artigianato

Senato della Repubblica

Vice Presidente Sen. Paolo Ripamonti

Vice Presidente Sen. Adriano Paroli

Al Presidente della Commissione Attività Produttive, commercio e turismo

Camera dei Deputati

Presidente On. Barbara Saltamartini

Ai Vice Presidenti della Commissione Attività Produttive, commercio e turismo

Camera dei Deputati

Vice Presidente On. Gianluca Benamati

Vice Presidente On. Luca Carabetta

Oggetto: richiesta audizione conoscitiva sul settore della distribuzione carburanti.

Gentili tutti,

le scriventi Federazioni, rappresentative dei 22.000 gestori carburanti operanti in Italia, desiderano richiamare la loro attenzione sulla drammatica situazione che attraversa la distribuzione carburanti nel nostro paese per sottoporre alla loro attenzione la richiesta motivata di un’audizione conoscitiva sul settore.

La fotografia aggiornata della rete carburanti a questo 2018 evidenzia il permanere di una polverizzazione della rete che non ha eguali in Europa. Con 22.000 punti vendita, la rete italiana ha un erogato medio di 1.345 mila litri, ben al di sotto degli indici di redditività media registrati nel resto d’Europa. Alla polverizzazione della rete corrisponde una identica dispersione del valore dei loghi (pompe bianche e privati operativi con propri marchi e/o in convenzionamento) con circa 130 marchi, di cui poco meno del 50% di proprietà dell’industria petrolifera e il restante dei privati.

Ad oggi dunque oltre il 50% del mercato è in mano a privati. L’altro pezzo di rete se lo spartiscono Eni, Q8, Italiana Petroli (che raggruppa i marchi TotalErg e ApiIp) Tamoil ed EG, che ha rilevato circa 1.200 impianti Esso.

In questo scenario l’industria petrolifera abbandona progressivamente il mercato con chiusure e cessioni di pacchetti rete, sull’esempio della Esso italiana; o dando luogo a processi di integrazione tra marchi, vedi il caso Italiana Petroli, che ha inglobato i marchi TotalErg e ApiIp o Q8 che ha inglobato gli impianti Shell.

Ulteriore dato allarmante è l’indice di anzianità degli impianti con punti vendita vecchi, con più di 40 anni, che riguarda il 40% della rete. In Piemonte oltre il 25% degli impianti eroga meno di 400 mila litri l’anno, tracciando una linea che, con piccole oscillazioni, riguarda tutto il territorio nazionale.

Una rete vecchia, obsoleta che la dispersione proprietaria condanna ad autosostenersi.

Ristrutturare la rete. Si stima che 7/ 8 mila impianti sono quelli che andrebbero chiusi per incompatibilità a cui occorre aggiungere almeno altri 3.000 impianti per inefficienza economica.

Questi punti vendita non vengono avviati allo smantellamento per i costi di bilancio di chiusura e di bonifica.

A fronte di ciò continua a valere la considerazione che, nonostante i dati allarmanti rispetto ai sistemi distributivi europei, più strutturati ed efficienti, il sistema della distribuzione carburanti italiana continua ad essere strategico: assicura la mobilità del Paese, sia pubblica che privata e industriale, con particolare riguardo al trasporto delle merci su gomma, (oltre l’80% della mobilità è su gomma) al presidio del territorio, alla sicurezza in tante aree del Paese; un reale servizio di distribuzione e responsabilità sociale diffuso, che assicura lavoro ancora a migliaia di piccoli imprenditori per oltre 100 mila occupati; senza contare che almeno per i prossimi 2 decenni i carburanti sono senza alternativa credibile per la mobilità di medio lunga percorrenza.

Le Federazioni di categoria richiamano l’attenzione della commissione affinché – con l’audizione conoscitiva – si stabilisca un monitoraggio continuo e costante del dispositivo normativo che dovrebbe consentire la chiusura di migliaia di impianti con l’introduzione della nuova anagrafe dei carburanti. Ad oggi siamo ancora in attesa della piena attuazione dell’art. 1 commi 100 – 119 della Legge 4 agosto 2017 n. 124 “Legge annuale sulla concorrenza”, in materia di carburanti. Sono ancora operativi migliaia di impianti a ridosso di svincoli, semafori, incroci, rotatorie, sui marciapiedi, su aree senza la corsia dedicata di scarico merci. Su questo aspetto stiamo aspettando l’operatività del richiamato decreto concorrenza che dovrebbe avviare l’anagrafe carburanti abbinata agli strumenti telematici già in essere al MISE, tramite l’autocertificazione degli operatori proprietari degli impianti sulle circostanze di compatibilità.

Declino e illegalità sono un binomio in crescita. Siamo difatti, di fronte ad una struttura completamente depauperata e inefficiente, in cui si sono fortemente contratti i consumi, ridotte le marginalità a favore dei gestori, amplificando le forti improduttività e incapacità di investimento.

Una rete in cui si è diffusa l’illegalità, sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di iva ed accise, sia in termini qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), sia in termini di regole di sistema. Con effetti negativi sui prezzi e la redditività delle imprese. Questo si manifesta in termini di concorrenza sleale e dumping contrattuale, come vedremo più avanti, producendo una contrazione della redditività per il sistema regolare che si riflette sui mancati investimenti, anche in termini di innovazione, sia strutturale che dei prodotti meno inquinanti.

Manca di fatto un sistema di regole e controlli sulla qualità dei carburanti meno inquinanti.

Dati che non mancano di riflettersi su una concorrenza selvaggia e su un’illegalità diffusa che giunge – secondo più fonti – ad oltre il 10% del fatturato di settore, vale a dire circa 4 miliardi l’anno. Prodotti petroliferi sequestrati in tutt’Italia sono notizie ricorrenti nelle cronache della stampa locale e rappresentano solo la punta di un iceberg dalle dimensioni diffuse e crescente, proporzionalmente alla crescita della rete privata. Prodotti dalla incerta provenienza, introdotti sul territorio nazionale di contrabbando, via mare e via terra, che generano ricchezze inaudite per i trafficanti e per quei soggetti economici che, operando in concorso interno ed esterno, inquinano il mercato.

L’audizione parlamentare – per la prima volta – potrebbe mettere insieme un quadro organico del fenomeno illegalità sulla rete carburanti, smascherando traffici illeciti e pratiche distorsive della concorrenza, oltre a vere e proprie truffe a danno dello Stato e della legislazione sul lavoro.

Una nuova contrattazione. Gli effetti sulla gestione economica della rete si manifestano con la precarizzazione del lavoro, con il ricorso sistematico ad una contrattualistica irrituale ed illegale, operando violazioni contrattuali per conseguire vantaggi competitivi impropri, con un effetto drammatico in termini di redditività e occupazione (-15.000 occupati negli ultimi cinque anni), che ha ridotto le gestioni rimaste sul lastrico.

A fronte di ciò emerge che per rilanciare il settore e ridare legalità occorre riaffermare il rispetto delle regole del settore; si schiacciano e si precarizzano i rapporti con le gestioni degli impianti stradali di carburante, violando apertamente e in modo diffuso norme di settore sugli affidamenti e i diritti acquisiti, nel silenzio degli operatori strutturati e delle istituzioni governative, Mise in testa. Si fa sempre più ricorso, sugli impianti dei privati, al caporalato petrolifero, in violazione della normativa sulla tutela del lavoro (assistenza sanitaria e previdenziale, salario minimo, condizioni contrattuali…).

La remunerazione dei gestori è regolata dalle leggi dello stato (D.Lgs. 32/98; L. 57/2001; L.27/2012) che espressamente la demandano alla contrattazione tra le parti. Mentre le grandi compagnie stanno nelle regole, l’altro 50% ed oltre evade la normativa, fa dumping contrattuale, abusa della posizione economicamente dominante ed impone contratti da schiavitù. Siamo al caporalato petrolifero.

Ad oggi gli impianti e le loro attrezzature possono essere gestite – in forza di legge – solo dai gestori, come definiti dal D. Lgs. 32/98, con un contratto di affidamento in uso gratuito, retto da un contratto di fornitura in esclusiva dei prodotti petroliferi, o tramite gestione diretta del proprietario o con suoi dipendenti. La Legge 27/2012 ha poi dato la possibilità alle Associazioni di categoria dei gestori e dei proprietari degli impianti di tipizzare una nuova formula contrattuale per la gestione degli impianti: in base a questa delega le suddette associazioni hanno tipizzato il contratto di commissione per la rete carburanti. Queste sono le uniche gestioni consentite dal legislatore, le altre sono abusive, illegali e realizzano una violazione delle norme di settore e della legislazione del lavoro con un’evidente evasione contributiva e previdenziale.

Detto questo, oggi registriamo una difficoltà oggettiva. Mentre sino a pochi anni fa il mercato era in mano a pochi operatori con cui era facile fare accordi/contratti, oggi con l’avvento di tanti piccoli operatori è diventato difficile fare accordi/contratti con tanti imprenditori diversi, quasi un migliaio. Impensabile per Faib e Fegica e Figisc fare centinaia di accordi.

L’audizione conoscitiva potrebbe valutare appieno la portata del fenomeno qui denunciato ed elaborare proposte migliorative della norma.

Dal nostro punto di vista occorre stabilire in forza di legge, con contrattazione nazionale tra la rappresentanza dei gestori e la rappresentanza dei piccoli titolari di autorizzazioni (compagnie e retisti), un costo di distribuzione medio valido erga omnes quale remunerazione minima del lavoro inteso come costo di distribuzione. Sulla base di questo poi le associazioni potranno contrattare, come avviene già oggi, il margine dei gestori per singole compagnie/retisti, andando a disciplinare politiche incentivanti, modalità di vendita per singoli operatori/marchi, modalità gestionali degli impianti. Occorre partire, infatti, dai contratti in affidamento e dalla negoziazione con le parti sociali, per giungere al diritto ad un prezzo di vendita equo e non discriminatorio, affermando allo stesso tempo il diritto al riconoscimento condiviso di un margine necessario a sostenere la distribuzione carburanti.

L’obiettivo non può che essere quello di prevedere un costo di distribuzione.

C’è poi la questione della moneta elettronica i cui costi non possono gravare sui gestori carburanti in quanto percentualmente pesa molto più che in altri settori. In altre parole mentre in settori come la moda o la somministrazione di alimenti e bevande il costo della moneta è impercettibile, nella distribuzione carburanti arriva ad incidere per un quarto del reddito del gestore.

Un peso insostenibile per un ricavato che per circa il 70% (Accise ed iva) va allo stato e il restante 28% alle compagnie. Infatti solo il 2% resta nelle tasche del gestore. Ma sviluppare la moneta elettronica è fondamentale. Ciò potrà favorire uno sviluppo qualitativo e commerciale degli impianti e intensificare l’azione di contrasto dell’illegalità e della pratica di concorrenza sleale e di controllo della qualità certificata dei prodotti immessi al consumo. Oltre a contrastare in modo significativo la micro criminalità che continua a colpire i gestori carburanti.

Per fare questo è stato introdotto con la legge di bilancio il credito d’imposta, visto che lo Stato ha inteso accollarsi il 50% delle spese sostenute dai gestori per le transazioni con la moneta elettronica. Solo che in maniera proditoria il sistema di gestione delle carte di pagamento (il gestore Nexi) ha immediatamente rialzato i costi delle transazioni dei pagamenti elettronici, incamerando il credito d’imposta. Nexi, oligopolista del settore, ha una quota di mercato assolutamente preponderante: nel 2017 avrebbe gestito 120 miliardi di euro di transazioni via carta su un totale nazionale stimato in 190 miliardi. Ben oltre il 60% del mercato. Nexi ha approfittato del fatto che la legge di Bilancio 2018, n. 205 del 27 dicembre 2017, articolo 1 comma 924, concedeva uno sgravio ai gestori sul 50% delle commissioni, per aumentare (quasi raddoppiare) l’importo delle commissioni stesse.

L’audizione potrebbe aiutare a delineare un quadro di maggior chiarezza su questo importante settore, fortemente in crescita, dei pagamenti elettronici, fornendo all’esecutivo proposte operative e alla stessa Autorità Antitrust elementi di prim’ordine in ordine alle sue competenze.

Dal nostro punto di vista occorre che il Ministero dell’Economia vada oltre la moral suasion verso le società di gestione dei pagamenti e svolga il suo ruolo di indirizzo e governo, imponendo condizioni ragionevoli alle transazioni sulla rete carburanti alla luce dei rilevanti interessi pubblici dati dall’introito di Accise ed iva e dall’interesse al contrasto all’illegalità e alla micro criminalità, ravvisandosi anche ragioni di ordine pubblico.

La nuova rete. Si delinea in questo processo la necessità di favorire cicli di strutturazione dei soggetti imprenditoriali che operano nel settore, favorendo anche forme di aggregazione per produrre economie di scala, anche gestionali, e l’incentivazione al ricorso all’introduzione di prodotti più ecologici che consentano di contribuire a contrastare l’inquinamento urbano.

Quello della qualità dell’aria e della qualità dei prodotti petroliferi immessi per la mobilità dei cittadini deve assumere le caratteristiche di una forte innovazione indotta legislativamente.

Prodotti innovativi, colonnine elettriche, prodotti ecocompatibili, nuovi derivati dalla ricerca.

Come si comprende dall’analisi svolta dei diversi profili, osservati dal nostro punto di vista, risalta in modo inequivocabile un’assenza prolungata delle istituzioni governative.

Gentile Presidente, illustri Vice Presidenti, da ciò Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc Confcommercio fanno discendere la necessità di avviare un’audizione ai fini conoscitivi, finalizzata ad aprire un percorso politico in cui affrontare le varie problematiche evidenziate con la partecipazione di tutta la filiera.

In attesa di un Vostro gentile riscontro, porgiamo cordiali saluti.

FAIB – FEGICA – FIGISC

I PREZZI DI AGOSTO CONFRONTATI CON LUGLIO E GIUGNO

Secondo i prezzi medi mensili “Italia”, pubblicati sul sito del MiSE (per benzina e gasolio viene indicato il prezzo in modalità self), in agosto la benzina ha registrato un prezzo medio di 1,630 euro/litro, il gasolio di 1,507 ed il gpl di 0,678.

I valori di benzina e gasolio risultano in lieve diminuzione sui mesi precedenti, mentre risultano in moderato aumento quelli del gpl.

Le differenze sui due mesi precedenti (luglio e giugno) sarebbero, pertanto, le seguenti:

  • benzina: 1,630 €/lt., su luglio (1,630) =0,000, =0,00 %, su giugno (1,642) -0,012, -0,74 %;
  • gasolio: 1,507 €/lt., su luglio (1,509) -0,002, -0,10 %, su giugno (1,521) -0,014, -0,93 %;
  • gpl: 0,678 €/lt., su luglio (0,675) +0,003, +0,45 %, su giugno (0,670) +0,008, +1,23 %.

Sul fronte dei fondamentali di mercato, che incidono sul prezzo al consumo, la media mensile della quotazione del greggio Brent ad agosto è stata di dollari/barile 72,39 (contro 74,29 a luglio, con un decremento di -1,90 dollari/barile e del -2,56 %, e contro 74,35 a giugno, con un decremento di -1,96 dollari/barile e del -2,64 %), che, convertita in valuta comunitaria – il tasso di cambio da 1,1675 dollari per euro in media di giugno, si è mantenuto quasi stabile a 1,1680 a luglio ed infine si è deprezzato a 1,1538 ad agosto, con una variazione del -1,22 % su luglio e del -1,17 % su giugno -, e vale 62,74 euro/barile (contro 63,60 a luglio. con un decremento di -0,86 euro/barile e del -1,35 %, e contro 63,69 a giugno, con un decremento di -0,86 euro/barile e del -1,49 %).

Le quotazioni dei prodotti finiti CIF Mediterraneo registrano per la benzina una media ad agosto di 0,467 euro/litro – 714,27 dollari/tonnellata – [contro 0,466 euro/litro a luglio (721,20 dollari/tonnellata), con un incremento di +0,001 euro/litro e del +0,21 %, e contro 0,464 a giugno (717,98 dollari/tonnellata), con un incremento di +0,003 euro/litro e del +0,65 %], per il gasolio una media ad agosto di 0,489 euro/litro – 667,98 dollari/tonnellata – [contro 0,481 euro/litro ( 664,76 dollari/tonnellata) a luglio, con un incremento di +0,008 euro/litro e del +1,66 %, e contro 0,481 a giugno (665,03 dollari/tonnellata), con un incremento ancora di +0,008 euro/litro e del +1,66 %].

Per il gpl i prezzi mensili medi di contratto Algeria per agosto, registrano per il propano 264,59 euro/klt (555 dollari/tonnellata) contro 249,60 euro/klt  (530 dollari/tonnellata) di luglio, con un aumento pari a +14,99 euro/klt e del +6,01 %, e contro 249,70 di giugno (530 dollari/tonnellata), con un aumento pari a +14,88 euro/klt e del +5,96 %; e per il butano 271,74 euro/klt (570 dollari/tonnellata) contro 251,31 euro/klt (540 dollari/tonnellata) di luglio, con un incremento pari a +17,43 euro/klt e del +6,85 %, e contro 254,42 di giugno (540 dollari/tonnellata), con un incremento pari a +17,32 euro/klt e del +6,81 %.

Poco mosso il prezzo medio praticato del metano, che ad agosto risulta pari a 0,964 euro/kg, contro 0.963 euro/kg a luglio (+0,001 cent/litro e +0,10 %) e contro 0,962 della media di giugno (+0,002 cent/litro e +0,21 %).

Sul piano dei prezzi praticati – quali rilevati dalle comunicazioni giornaliere all’Osservaprezzi del MiSE -, i dati significativi nazionali medi di agosto (confrontati con i corrispondenti di luglio e giugno) risultano i seguenti:

  • benzina – petrolifere – self: 1,639 €/lt., su luglio (1,640) -0,001, -0,06 %, su giugno (1,651) -0,012, -0,73 %;
  • benzina – petrolifere – servito: 1,785 €/lt., su luglio (1,784) +0,001, +0,06 %, su giugno (1,793) -0,008, -0,45 %;
  • benzina – no-logoself: 1,611 €/lt., su luglio (1,612) -0,001, -0,06 %, su giugno (1,618) -0,006, -0,43 %;
  • benzina – no-logoservito: 1,647 €/lt., su luglio (1,647) =0,000, =0,00 %, su giugno (1,652) -0,005, -0,30 %;
  • gasolio – petrolifere – self: 1,511 €/lt., su luglio (1,512) -0,001, -0,07 %, su giugno (1,523) -0,012, -0,79 %;
  • gasolio – petrolifere – servito: 1,663 €/lt., su luglio (1,661) +0,002, +0,12 %, su giugno (1,672) -0,009, -0,54 %;
  • gasolio – no-logoself: 1,484 €/lt., su luglio (1,485) -0,001, -0,07 %, su giugno (1,494) -0,010, -0,67 %;
  • gasolio – no-logoservito: 1,520 €/lt., su luglio (1,521) -0,001, -0,07 %, su giugno (1,528) -0,008, -0,52 %;
  • gpl – tutta la rete – servito: 0,656 €/lt., su luglio (0,651) +0,005, +0,77 %, su giugno (0,646) +0,010, +1,55 %.

Sul circuito extrarete i prezzi medi di agosto (anche in questo caso confrontati con quelli corrispondenti di luglio e di giugno) risultano i seguenti:

  • benzina: 1,490 €/lt., su luglio (1,496) -0,006, -0,40 %, su giugno (1,497) -0,007, -0,47 %;
  • gasolio: 1,378 €/lt., su luglio (1,381) -0,003, -0,22 %, su giugno (1,385) -0,007, -0,51 %;
  • gpl: 498,64 €/klt., su luglio (489,30) +9,34, +1,91 %, su giugno (498,97) +11,67, +2,40 %.

La differenza tra i prezzi nazionali praticati della rete delle petrolifere contro quelli dei no-logo risulta mediamente ad agosto così determinata:

  • benzina self: +0,028 €/lt., (a luglio +0,028, a giugno +0,033);
  • benzina servito: + 0,138 €/lt., (a luglio +0,137, a giugno +0,141);
  • gasolio self: +0,027 €/lt., (a luglio +0,027, a giugno +0,029);
  • gasolio servito: +0,143 €/lt., (a luglio +0,140, a giugno +0,144).

La differenza tra i prezzi nazionali praticati nella modalità servito contro quelli praticati nella modalità self risulta mediamente ad agosto così rilevata:

  • benzina petrolifere: +0,146 €/lt. (a luglio +0,144, a giugno +0,142);
  • benzina no-logo: +0,036 €/lt., (a luglio +0,035, a giugno +0,034);
  • gasolio petrolifere: +0,152 €/lt., (a luglio +0,149, a giugno +0,149);
  • gasolio no-logo: +0,027 €/lt., (a luglio +0,027, a giugno +0,029).

Le medie dei margini industriali lordi [=prezzo praticato –(imposte+quotazione prodotti finiti)] ad agosto risultano le seguenti:

  • benzina – petrolifere – self: 0,139 €/lt., su luglio (0,141) -0,002, -1,42 %, su giugno (0,152) -0,013, -8,55 %;
  • benzina – petrolifere – servito: 0,259 €/lt., su luglio (0,259) =0,000, =0,00 %, su giugno (0,269) -0,010, -3,72 %;
  • benzina – no-logo – self: 0,116 €/lt., su luglio (0,118) -0,002, -1,69 %, su giugno (0,125) -0,009, -7,20 %;
  • benzina – no-logo – servito: 0,146 €/lt., su luglio (0,147) -0,001, -0,68 %, su giugno (0,153) -0,007, -4,58 %;
  • gasolio – petrolifere – self: 0,133 €/lt., su luglio (0,141) -0,008, -5,67 %, su giugno (0,150) -0,017, -11,33 %;
  • gasolio – petrolifere – servito: 0,257 €/lt., su luglio (0,263) -0,006, -2,28 %, su giugno (0,272) -0,015, -5,51 %;
  • gasolio – no-logo – self: 0,110 €/lt., su luglio (0,119) -0,009, -7,56 %, su giugno (0,127) -0,017, -13,39 %;
  • gasolio – no-logo – servito: 0,140 €/lt., su luglio (0,149) -0,009, -6,04 %, su giugno (0,154) -0,014, -9,09 %;
  • benzina – extrarete: 0,017 €/lt., su luglio (0,023) -0,006, -26,09 %, su giugno (0,026) -0,009, -34,62 %;
  • gasolio – extrarete: 0,024 €/lt., su luglio (0,034) -0,010, -29,41 %, su giugno (0,037) -0,013, -35,14 %;

Nel contesto dei prezzi dell’Unione Europea, ad agosto l’Italia si colloca mediamente al quarto posto per il prezzo più alto per la benzina [1,629 euro/litro contro una media aritmetica dei 28 Paesi della UE di 1,409, (a luglio, ancora al quarto posto, con 1,631 euro/litro contro una media aritmetica dei 28 Paesi della UE di 1,398,  ed a giugno, invece, al terzo posto con 1,645 euro/litro contro una media comunitaria di 1,406] ed al secondo posto per il gasolio [1,506 euro/litro contro una media aritmetica dei 28 Paesi della UE di 1,313, a luglio ancora al secondo posto, con 1,509 euro/litro contro una media aritmetica dei 28 Paesi della UE di 1,308, ed a giugno, invece, al primo posto con 1,524 euro/litro contro una media comunitaria di 1,317].

Ad agosto il prezzo al consumo della benzina è stato in Italia più elevato di +0,220 euro/litro rispetto alla media comunitaria (a luglio di +0,233  ed a giugno di +0,239), le imposte sono state più elevate di +0,223 euro/ litro della media comunitaria (a luglio di +0,225 ed a giugno di +0,226), il prezzo industriale è stato meno elevato di -0,003 euro/litro della media comunitaria (a luglio di +0,008 ed a marzo di +0,013); il prezzo al consumo del gasolio è stato in Italia più elevato di +0,193 euro/litro della media comunitaria (a luglio di +0,201 ed a giugno di +0,207), le imposte sono state più elevate di +0,208 euro/litro della media comunitaria (a luglio di +0,210 ed a giugno di +0,211), il prezzo industriale è stato più basso di -0,015 euro/litro della media comunitaria (a luglio di -0,009 ed a giugno di -0,004).

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