PROGRESSIVO E SILENZIOSO RIDIMENSIONAMENTO NUMERICO DEL «GESTORE»

dissolvimento

Riportiamo, come introduzione al presente articolo, uno stralcio significativo del documento unitario di FAIB, FEGICA e FIGISC del 9 settembre u.s. [pubblicato integralmente su Figisc Anisa News N. 30 del 20.09.2015], in cui si diceva testualmente:

<<l’aumento di contratti diversi da quelli di comodato in assenza delle intese organiche previste dalla Legge 27/2012; l’aumento del numero dei «presidianti» e dei lavoratori atipici a cui vengono richieste prestazioni assimilabili a quelle dei Gestori o, al più, a quelle dei lavoratori subordinati, stanno infliggendo al settore una profonda ferita che ha bisogno di essere ricucita al più presto. Per questo, unitariamente, le tre Federazioni sottoporranno in tempi rapidissimi, all’UNIONE PETROLIFERA una proposta organica di «contratto di gestione petrolifera» capace di coniugare i diritti dei Gestori in tema di sicurezza e stabilità, con i tempi in rapida evoluzione ed alle rinnovate esigenze di flessibilità >>.

Se la premessa di quella affermazione – cioè che rispetto alla figura giuridica tradizionale del «gestore», quale codificato da leggi tuttora in vigore, si è assistito in questi anni ad una progressiva elusione di fatto delle norme e ad una sostituzione sempre più diffusa con figure ed istituti anomali e peggiorativi, fatto che va di pari passo con la erosione dei margini, lo sviamento della clientela, l’azzeramento delle capacità competitive del gestore in funzione delle politiche discriminatorie dei prezzi di cessione e via elencando – è assolutamente veridica, altrettanto incontrovertibile è il fatto che, anche senza tutto questo, i cambiamenti del sistema distributivo, degli assetti e della fisionomia della rete hanno già compiuto un drastico ridimensionamento numerico della categoria, anche se questa avesse conservato almeno l’integrità della figura giuridica.

Un ragionamento complessivo – assolutamente sincero e quindi, anticipiamo, anche abbastanza crudo – su queste cose potrà esser sviluppato in numeri di Figisc Anisa News che seguiranno: in questa prima fase ci limitiamo a fare il «conto della serva» di «quanti» sono rimasti i «gestori»: un dato che si esprime, assai più correttamente, in «quanti» sono gli impianti rimasti ai «gestori».

Il conto, sia pure ad occhio, è presto fatto.
Prendiamo i dati degli impianti censiti all’Osservatorio Prezzi Carburanti del Ministero: circa 19.000, spanna più, spanna meno; di questi, circa 3.600 sono impianti no-logo, GDO o comunque non più assimilabili al sistema tradizionale delle petrolifere. Rimangono nella rete «colorata» circa 15.400 impianti.
Nel sistema delle petrolifere, poi, il complesso degli impianti in gestione diretta o di società controllate – quindi non più affidate al gestore – sarà circa ammontante [ne abbiam parlato a maggio su Figisc Anisa News N. 19 del 28.05.2015, con dati in aumento progressivo] a 2.500 unità, ossia pari al 16 % di questo segmento di rete.

Dall’analisi da marzo a settembre del numero degli impianti colorati che comunicano variazioni di prezzo all’Osservatorio del Ministero, emerge che è diminuito di quattro punti percentuali il rapporto tra le comunicazioni di variazioni per il «servito» rispetto a quelle per il «self» [di sei punti percentuali nel settore Q8 ed ex SHELL], indizio chiarissimo dell’incremento dei punti vendita interamente automatizzati o «ghost» che dir si voglia.
Non sarebbe esagerato sostenere che ormai un buon 18 % della rete «colorata» abbia, di fatto, «espulso» il gestore, e senza alcun riferimento ai contratti anomali, ma semplicemente sostituendo l’assetto gestionale e/o automatizzando l’impianto.

Alla fine della giostra nella rete nazionale, tra no-logo e colorati «ghostizzati» od a gestione diretta o paradiretta controllata, un impianto su tre non ha più un gestore, nel senso tradizionale [al di là dell’osservanza od inosservanza delle regole sui contratti e quindi dei contratti atipici/anomali che dir si vogliano] e proprio del termine. Il gestore è stato semplicemente «rimosso», con tutti gli annessi e connessi di ordine contrattuale, sindacale, dei diritti e delle regole.

Apple core. Bitten apple isolated on white background.

In quel che resta di questa Categoria – che ha avuto i suoi «massimi» in termini di capacità contrattuale e di tutela fino a quando il «mercato» non ha fatto irruzione nel sistema, non solo mandando in frantumi, ma volgendo contro il gestore il nesso contrattuale tra margine pro-litro, erogato, esclusiva [insomma il comodato], che aveva retto il sistema fino a quel momento – si sono andate diffondendo, da un lato, distorsioni del quadro dei contratti di legge con forme di compartecipazione del margine ed altre forme di abuso di dipendenza economica, dall’altro, contratti propriamente anomali [«storicamente» cominciati con le antiche «associazioni in partecipazione» per finire nelle «guardianìe»].
In sostanza si è drasticamente ridimensionato sia il numero dei gestori sui punti vendita, sia il numero dei gestori inquadrati in contratti, formalmente di legge, ma sempre più elusi e comunque sempre più inefficaci a dare giustificazione economica alla gestione.

Si aggiunga ad un tanto, che il turnover generazionale ha sempre più ridimensionato il numero di quei gestori che, avendo vissuto in tutto od in parte, la stagione delle rivendicazioni e dei «diritti», era potenzialmente meno permeabile – ma sia la delusione rispetto ai cambiamenti in peggio delle relazioni con le aziende ed il dubbio sull’effettiva rappresentatività dei «sindacati», sia crisi economica e di settore che hanno portato allo stremo le gestioni, hanno infranto anche questa impermeabilità – alle pressioni per difendere lo status quo del sistema dei contratti e dei «diritti».

Che questa prima constatazione – che è solo un’introduzione ad un prossimo ragionamento più ampio che ci si augura di poter sviluppare serenamente – appaia troppo cruda o meno, ha poca importanza. Sta di fatto che da questa crudezza si tratta di ripartire per rimettere in discussione ruoli, schemi e strumenti – contratti compresi e nessi contrattuali che si sono rivelati ormai inutili a contrastare il mercato «vero» e non quello «ideale» in essi immaginato – se si vuole ancora tutelare qualcuno o qualcosa che in questo settore, qualunque figura esso abbia assunto, abbia ancora – e almeno su questo non c’è dubbio – bisogno, eccome!, di tutele.

Diversamente, non c’è da stupirsi che le controparti, le istituzioni, la politica non riservino più da tempo particolari attenzioni a questa categoria sociale: semplicemente sono convinte che essa ormai non costituisca, anche in forza della sua progressiva consunzione numerica, della sua crescente «irrilevanza», un problema di cui doversi preoccupare o anche solo occupare.
[Giorgio Moretti]

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