Razionalizzazione rete: lasciar fare al mercato?!

tarassaco
Andava di moda, l’altro anno, la razionalizzazione della rete.
Diceva allora UNIONE PETROLIFERA che «Abbiamo una rete che è il doppio di quello che servirebbe. Bisogna ridargli una dimensione più sostenibile…… Le tre componenti del settore, società, rivenditori e gestori, devono trovare una strada comune per compiere un abbattimento massiccio con i minori danni possibili, ossia con un accompagnamento all’uscita con un sostegno».

Come sempre, un argomento va di moda finché si esaurisce il giro delle prese di posizione di tutti quelli che hanno titolo o voglia per fare commenti, e, infatti, tutti ebbero modo di esprimersi – anche se solo le Organizzazioni dei gestori presentarono un progetto pubblico! [si veda FIGISC ANISA NEWS N. 33 del 06.08.2013] -.
Perfino l’Antitrust convenne che «la rete distributiva italiana è composta da quasi 23mila impianti, a fronte di una consistenza del sistema distributivo nei principali paesi europei decisamente inferiore, non superiore a 15mila impianti», ma interessandogli assai di più la diffusione del ghost, l’eliminazione di qualsiasi vincolo qualitativo sui prodotti ed il concetto di razionalizzazione senza moratoria alle nuove aperture, finì per ingarbugliare le cose consigliando di inventarsi nuovi parametri sulle compatibilità, oltre a quelle già previste dal D.M. 31.10.2001.

I Governi, o meglio il Ministero, da parte sua, raccogliendo il suggerimento di Antitrust, elaborò a settembre 2013 una prima versione che sarebbe dovuta finire nel «decreto del fare due», poi smentita come illazione, ma riproposta puntualmente pochi giorni dopo; successivamente sparite per riapparire sostanzialmente eguali a novembre: una impostazione su cui tutti espressero – in particolare rispetto ai nuovi [ed imprecisati] criteri di incompatibilità tirati fuori dal cilindro dell’Antitrust -, ad eccezione di Unione Petrolifera, non poche perplessità [le Organizzazioni dei gestori proposero una serie di emendamenti (si veda FIGISC ANISA NEWS N. 44 del 28.11.2013)] e su cui si avviò una consultazione di facciata; infine, il 3 dicembre 2013 il Consiglio dei Ministri licenziò un disegno di legge…….. che è letteralmente scomparso.
Le mode, si sa, durano una stagione.

Ma se ne ritorna a parlare prima e dopo la pausa estiva di quest’anno, perché a luglio un deputato di Forza Italia interroga il Ministro per lo sviluppo economico per conoscere il destino del disegno di legge sulla razionalizzazione della rete carburanti, ed a settembre ASSOINDIPENDENTI scrive al medesimo onorevole una nota che «non è un invito per un’altra sua interrogazione o qualche altra iniziativa di recupero del documento, ma al contrario la inviterei a fare quanto in suo potere affinché rimanga dove in questo momento riposa».

Si domanda infatti Assoindipendenti [un gruppo, con rispetto parlando, di transfughi da Assopetroli, che ne sono usciti proprio perché sulla ristrutturazione si sono chiamati fuori perché, loro, gli indipendenti «sono meno sensibili al problema della ristrutturazione rete perché la ristrutturazione l’hanno già fatta e se lo sono è perché non gradiscono la contribuzione al fondo che verrebbe imposta loro»]: «Che cosa c’è di sbagliato nel lasciare che la ristrutturazione sia il risultato delle dinamiche di mercato come peraltro sembra sostenere anche l’Antitrust?».

Si tratta evidentemente di rese dei conti che avvengono nella parte del manico del coltello: guerre tra retisti e petrolifere, tra retisti ed indipendenti, ecc., con una fobia fissa e comune che è quella di chi si trovi [o riesca a rifilarlo ad un altro] col cerino in mano a pagare i costi della ristrutturazione [dice ancora Assoindipendenti che di lasciar fare al mercato «ce lo impone…. l’opportunità di non sprecare risorse finanziarie importanti (500 milioni di euro?)»].
Dalla parte della lama, il gestore [che si trova anche già a pagare il suo contributo] non può certo che sentirsi rivoltare dentro!

Ed è l’unico al quale oggi ancora la ristrutturazione interessi.
Le compagnie petrolifere, anche negli incontri con le rappresentanze di categoria, dicono che sono interessate ad affrontare insieme con i gestori la partita della ristrutturazione, ma intanto vanno a man bassa sull’espansione dei ghost di marchio a prezzi stracciati.

Diceva pochi giorni fa STAFFETTA: «É che, dopo gli annunci roboanti in occasione delle assemblee di Unione Petrolifera e Assopetroli, il vice ministro De Vincenti sembra aver sotterrato l’ascia di guerra. La riduzione degli “stacchi Italia[si parla degli stacchi del prezzo industriale, non di quelli delle imposte (N.d.R.)], la forte differenziazione dei prezzi alla pompa sia tra diverse aree geografiche che all’interno delle stesse zone e la sempre maggiore presenza di marchi indipendenti e Grande distribuzione rendono la questione rete meno scottante, anche agli occhi dell’opinione pubblica».
La ristrutturazione, dunque, prima incompiuta, poi perduta, dopo morte esecrata.

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