TRA ACCISE ED IVA ALTRI 25,7 MILIARDI SUI CARBURANTI
— 28 Ottobre 2014Quel che era incerto fino a qualche giorno fa [si veda il numero 42 di FIGISC ANISA NEWS] assume ora dei precisi contorni: le clausole di salvaguardia della legge finanziaria [ma oggi si chiama “di stabilità”, perché forse “finanziaria” evoca solo aumenti di imposte, quindi mediaticamente meglio cambiarle nome se non sostanza] – per di più aggiustata in base alle bacchettate dell’Unione Europea sul disavanzo intermedio – contiene ora misure chiare, anche se di incognita applicazione, sull’aumento dell’Iva [tre punti e mezzo entro il 2018] e delle accise, per un conto che vale dal 2015 al 2021 circa 25,7 miliardi di euro, di cui 1,6 derivanti da disposizioni già in vigore.
Se si sommano questi 25,7 miliardi – incerti sia nel se che nel quanto, ancorché in parte probabili dal momento che è difficile si raggiungano risultati significativi sul piano delle maggiori entrate o dei risparmi di spesa, senza contare l’incognita del prolungarsi della recessione – ai 22 sicuramente pagati in più dal 2011 ad oggi per effetto solo dell’incremento delle imposte, si tocca la cifra di 47,7 miliardi di euro gravanti esclusivamente sui carburanti di maggior consumo, benzina e gasolio [senza parlare della base di imposta senza gli aumenti].
Circa 16,4 miliardi, suddivisi nelle annualità dal 2015 al 2021, derivano dal sommarsi delle clausole di salvaguardia [sull’IMU DL 102/2013, legge di stabilità 2015, articolo 44, comma 9, articolo 45, comma 3, e, infine, adesione alla prescrizione comunitaria di correggere il deficit 2015 di 0,3 punti anziché di 0,1], che generano un corrispondente incremento di accise nell’ordine di circa 6,3 cent/litro; altri 9,3 miliardi di euro sono determinati per l’incremento dell’Iva [che potrà salire di due punti nel 2016 fino al 25,5 % nel 2018]: nel complesso mazzate mediamente di 3,7 miliardi di euro in ciascuno dei sette anni futuri.
L’escalation delle imposte – per quanto abbinata alla crisi – ha infranto l’anelasticità dei consumi di carburante, determinando dal 2011 ad oggi una flessione dei consumi pari all’11 %: non è certo improbabile che una ulteriore impennata dei prezzi – determinata dalla crescente fiscalità – possa portare a sfondare la soglia del 20 %: un autentico crollo, che non può, peraltro, che riverberarsi negativamente sul gettito presunto dalle previsioni dei ragionieri della “stabilità”.
Oggi, lo “stacco” delle imposte sull’Europa comunitaria vale da 24 a 25 cent/litro; se le clausole di salvaguardia dovessero scattare – e non parliamo neppure di fluttuazioni del prezzo del greggio o dei prodotti finiti o del cambio della valuta – ci avvieremmo ad aumenti medi progressivi da 10 a 13 cent/litro: a quel punto lo “stacco” varrebbe 35-38 cent/litro. Tanto, infatti, pagherebbero gli italiani di maggiori imposte sui carburanti rispetto alla media degli europei.
A quel punto di che parleremo per far girare i pollici? Ancora di ulteriori liberalizzazioni, di mercato e concorrenza, di “stacco” del prezzo industriale, di ristrutturazioni/ razionalizzazioni della rete, di accordi e contratti?