ILLEGALITÀ: IL GASOLIO RUBATO E RICICLATO DALLA LIBIA
— 23 Ottobre 2017Notizie sul fronte dell’illegalità nel settore che registrano la scoperta e la repressione delle attività illecite sono ormai una ripetitività giornaliera e, pur denotando che le pratiche criminose sono ormai diffuse a macchia d’olio, marcano comunque l’efficacia crescente degli Organi di vigilanza.
Alle varie «declinazioni» dell’illegalità mancava ancora il traffico di prodotto trafugato organizzato a livello internazionale: l’operazione «Dirty Oil» messa a segno dalla Procura e dalla Guardia di Finanza di Catania nei giorni scorsi, dopo un imponente e prolungato lavoro di indagine, ha messo insieme anche questo tassello.
In un anno, con una trentina di viaggi sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80 milioni di kg di gasolio per un valore stimato all’acquisto di circa 30 milioni di euro: prodotto illecitamente sottratto dalla raffineria libica di Al-Zawyia, presso Tripoli, che é, secondo la Procura «carburante con tenore di zolfo minore di 0,1% e destinato al bunkeraggio ossia al rifornimento, in ambito portuale, di carburanti o di combustibili ad unità navali riciclato ed immesso, all’insaputa dei consumatori finali, anche presso distributori stradali. Il prodotto in questione, dopo miscelazioni presso uno dei depositi fiscali della Maxcom siti in Augusta, Civitavecchia e Venezia, veniva immesso nel mercato italiano ed europeo (Francia e Spagna in particolare) ad un prezzo similare a quello dei prodotti ufficiali pur essendo la qualità dello stesso inferiore. Il flusso di gasolio libico arrivava ad un prezzo ribassato rispetto alle quotazioni ufficiali (in alcuni casi anche fino al 60%) così garantendo alla società italiana acquirente un margine di profitto costante e più elevato».
La frode avrebbe comportato mancati incassi per l’erario nazionale di imposte (Iva) per un ammontare di oltre 11 milioni di euro.
Le misure cautelari emesse dal Giudice delle indagini preliminari hanno comportato l’esecuzione di ben nove arresti (sei in carcere, tre ai domiciliari) nei confronti dei promotori, organizzatori e partecipi ad associazione a delinquere internazionale dedita al riciclaggio di gasolio libico illecitamente sottratto.
La Procura catanese fa riferimento ad un rapporto della Nazioni Unite del marzo 2016 nel quale il Gruppo di esperti in Libia del Consiglio di Sicurezza ONU evidenziavano l’esistenza di un vasto «contrabbando di benzina sia dentro che fuori dalla Libia, che conduce al mercato nero e che fornisce una fonte significativa di introiti per i gruppi armati locali e le reti criminali», specificamente di prodotti provenienti dalla raffineria di Al-Zawiya e contrabbandati dalla «rete gestita da Fahmi ben Khalifa (anche conosciuto come Fahmi Salim)», il quale soggetto sarebbe azionista di una compagnia maltese, ADJ Trading Limited, e presidente del Consiglio di Amministrazione di una compagnia libica, Tiuboda Oil and Gas Service Limited e controllerebbe nientemeno che «una milizia». Costui, secondo le ricostruzioni degli Inquirenti, controllando le acque antistanti alcuni porti libici, «consentiva a navi cisterna di rifornirsi del gasolio proveniente dalle raffinerie attraverso pescherecci appositamente modificati e/o altre navi cisterna di piccole dimensioni. Alcune di queste navi, giunte al largo di Malta, procedevano ad un ulteriore trasbordo su natanti nella disponibilità di società maltesi, le quali s’incaricavano poi di trasportarlo presso porti italiani per conto della società Maxcom Bunker. I natanti utilizzati per l’illecito trasporto disattivavano il dispositivo di identificazione al fine di celare la loro reale posizione». Nella fase di distribuzione sul territorio nazionale del carburante importato dalla Libia dalla Maxcom Bunker, le Fiamme Gialle hanno tracciato casi di destinazione finale del gasolio immesso in Sicilia e in Campania riuscendo, al contempo, a smascherare una distinta associazione a delinquere, finalizzata alla sistematica evasione dell’Iva e alla vendita a distributori stradali «compiacenti» – ubicati in Catania e provincia – di gasolio «extra-rete» in frode a consumatori e compagnie di bandiera [la denuncia é infatti partita da ENI], composta da società «cartiere», ubicate in Catania e nel siracusano, da depositi fiscali nel trapanese e depositi di stoccaggio nel catanese, unite tra loro da apparenti rapporti commerciali attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Sull’operazione «Dirty Oil» Procura e GdF di Catania hanno diffuso una slide di illustrazione che é possibile consultare e scaricare cliccando col mouse sul seguente titolo
SLIDE GDF MAXCOM LIBIA 18.10.2017