AUTOSTRADA: ENI STRACCIA L’ACCORDO DEL 2005

AUTOSTRADA: ENI STRACCIA L’ACCORDO DEL 2005

 

Con comunicazione dell’8 giugno inviata alle Organizzazioni di categoria dei gestori, ENI ha annunciato il recesso dall’accordo per la viabilità autostradale sottoscritto in data 27.07.2005, motivato come testualmente si riporta:

«….facciamo riferimento all’accordo in oggetto per comunicare, con la presente, il recesso della nostra società dall’accordo medesimo con effetto dal 1/9/2015. La volontà di ENI di recedere dal suddetto accordo è maturata alla luce del mancato rispetto da parte Vostra e dei Vostri associati delle previsioni relative al prezzo massimo di vendita al pubblico in esso formulate. La sospensione unilaterale dell’accordo de quo da parte Vostra limitatamente alla parte anzidetta, attuata a partire dal 23 luglio 2012 e – come da Voi stessi comunicato – mai revocata, appare infatti del tutto illegittima e, trovando diffuso seguito nelle gestioni a Voi aderenti, ha determinato il venir meno degli equilibri sottesi alle pattuizioni intercorse in occasione dell’accordo stesso, oltre che un rilevante danno economico e di immagine per ENI. Siamo naturalmente disponibili ad aprire subito un tavolo per un riesame congiunto della tematica di cui trattasi, volto a trovare un accordo, da sottoscriversi entro la data suindicata di efficacia del recesso….».

Per una giusta valutazione di quanto accaduto, è la prima volta che un’azienda recede da un accordo nella sua globalità [il precedente di ENI sulla disdetta dell’accordo sui cali non ha la esattamente la stessa portata, anche se forse ha la stessa motivazione economica: non riconoscere ai gestori il dovuto!].

Dall’altra parte della bilancia, la disdetta da parte dei gestori degli accordi sul prezzo massimo [aspetto «normativo» degli accordi e, appunto, aspetto parziale nel corpo complessivo degli accordi] è stata la risposta minima e necessaria alla situazione generata dai comportamenti assunti dalle compagnie petrolifere per sottrarsi all’obbligo di legge di negoziare il rinnovo e l’adeguamento degli accordi da tempo scaduti ed alle condotte in tema di politiche commerciali che hanno introdotto unilateralmente politiche di prezzo discriminatorie e progressivamente non competitive con ampio pregiudizio dell’economia delle gestioni e dell’andamento delle vendite. Situazioni di degrado che non sono state – dopo tre anni di vertenza – minimamente rimosse od attenuate.

La «vertenza autostrade» – che si trascina dal 2012 – e che è stata impostata a tutto campo [sugli accordi, prezzi, continuità gestionale, ristrutturazione della rete, royalties] per tentare di smuovere tutte le parti, Istituzioni, Concessionari, Operatori, ad adottare misure atte ad arrestare il degrado del comparto, che si è espressa in manifestazioni di chiusura degli impianti, in iniziative giuridico-legali, ed anche, come era ovvio, in iniziative di natura commerciale [come la disdetta della pattuizione sul famoso prezzo massimo], è gravata interamente sulle spalle dei gestori.

Essa, se ancora non ha risolto i problemi dei gestori e della rete, ha prodotto dei risultati – la mitigazione delle royalties – che sono stati già «incassati» dalle aziende petrolifere, che nonostante ciò, non hanno trasferito alcunché ai gestori neppure nell’ottica degli accordi esistenti o del loro rinnovo e neppure nel contesto degli impegni già consolidati ed assunti.

Ed a tale proposito, nei confronti di ENI, poi, in particolare, non sfugge che l’azienda ha da tempo nicchiato sulla corresponsione degli importi dell’«extrapremio 4%+4%», che costituisce una parte integrante del margine complessivo, minimo ed inderogabile definito dall’accordo che oggi viene stracciato platealmente. E c’è senz’altro una «connessione» temporale tra la mossa aziendale di stracciare l’accordo e l’emissione di oltre cinquanta avvisi di fattura di altrettanti gestori del marchio – consegnati all’azienda in unico pacco con la comunicazione unitaria di FAIB Autostrade, FEGICA ed ANISA di metà maggio -, finalizzati a sollecitare la liquidazione di quanto dovuto.

Di fronte a questo atto di inaudita gravità – ma anche del tutto irrituale rispetto alle norme di settore su contratti ed accordi – c’è da chiedersi almeno due cose:

1) se si stia diffondendo l’idea che, quando si devono onorare impegni economici, in genere le aziende pensino di lavarsene le mani semplicemente facendo a pezzetti gli accordi pattuiti;

2) se nel caso specifico di ENI – visto quel che è ora successo nel segmento autostradale – ci si debba forse attendere – visto il fioccare di contestazioni sul prezzo massimo in tutta la rete ordinaria di marchio – un eventuale recesso dai patti conclusi a dicembre dello scorso anno.

Nota informativa
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