CHE SUCCEDE IN UNIONE PETROLIFERA ?

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Tutti hanno le loro grane associative: la difficoltà di dare risposte univoche ed efficaci agli associati, la disaffezione dalle forme di associazionismo, sono il portato di una crisi profonda anzitutto di natura economica e sociale. E se questo vale in «basso», laddove gli interessi sono assai più forti è lo scontro di tali interessi che fa emergere contraddizioni ed evidenti lotte di potere.

E la specifica crisi dell’industria petrolifera nazionale sembra riverberarsi chiaramente anche nelle vicissitudini tutte interne di UNIONE PETROLIFERA, con particolare riferimento alla vicenda dell’alternanza, o del rinnovo che dir si voglia, della massima carica dell’associazione, la Presidenza.
Sull’argomento riportiamo integralmente, per gentile concessione, un articolo comparso non più tardi di venerdì scorso su STAFFETTA, dal titolo «Sede vacante all’UP» che proprio non usa mezze parole per definire uno stato quanto meno di oggettiva difficoltà.

<< Ci si aspettava l’«habemus papam» e invece è venuta fuori una sede vacante sui generis che, parliamoci chiaro, solo degli «apprendisti stregoni» avrebbero potuto escogitare. Ci riferiamo ovviamente alla decisione venuta fuori giovedì pomeriggio dalla riunione della Giunta dell’UNIONE PETROLIFERA, di cui fanno parte ventuno signori a cui fa capo in questo momento l’industria petrolifera italiana, rafforzati negli ultimi dodici mesi dai fuoriusciti di Assocostieri.

Decisione che ha messo fine momentaneamente alle fibrillazioni suscitate una settimana fa dalla lettera dei «tre saggi» in cui, dopo due mesi abbondanti di consultazioni, emergeva la volontà dei «grandi elettori» di porre fine alla presidenza di Alessandro GILOTTI e veniva indicato un unico candidato alla successione pescato nella ricca riserva di pensionati di Agip Petroli. Fibrillazioni che nascevano dal fatto che si trattava di un’indicazione che certificava una situazione di forte tensione all’interno dell’UP, di un clima di resa dei conti da parte di alcuni soci, di voglia di prevaricazione da parte di altri, un’atmosfera certo non pacifica, foriera di strappi e di decisioni precipitose e incomprensibili, come la STAFFETTA ha avuto modo di sottolineare fin da lunedì scorso.

Tutto il contrario di una decisione largamente condivisa, come è auspicabile quando si elegge il presidente di un’associazione. Non si è voluta sentire ragione e il dramma, o la commedia, si è conclusa giovedì con l’introduzione e la presentazione in giunta del candidato unico, invitato per di più ad illustrare brevemente di persona le modalità con cui, se eletto, avrebbe espletato l’incarico. Una vera e propria forzatura sotto tutti i punti di vista, che la maggioranza dei membri della Giunta non poteva evidentemente convalidare così su due piedi.

alessandro-gilotti

Da qui la decisione, «deliberata all’unanimità», di rinviare ogni decisione sulla nomina del Presidente ad una nuova riunione della Giunta e di aggiornare pertanto anche l’assemblea privata dell’UP, che in genere si tiene alla vigilia dell’assemblea pubblica. Nel frattempo, recita un comunicato stampa, la continuità nella gestione dell’UP sarà assicurata dal presidente Gilotti.

Nessun voto segreto quindi, nessuna dimissione di Gilotti e nessun subentro nelle sue funzioni del vice presidente più anziano. Ma una pausa di riflessione e di distensione degli animi, per consentire a tutti di approfondire le indicazioni emerse dal lavoro dei tre saggi, definite ad ogni buon conto «preliminari», aperta a qualunque soluzione. Con Gilotti che potrà fare gli onori di casa all’assemblea pubblica di giovedì prossimo [18 giugno], in cui dovrebbe essere dedicata particolare attenzione all’approccio dell’UP alla «svolta verde».

Usiamo il condizionale, perché a questo punto il banco è saltato e ogni programma rischia di vanificarsi. Una situazione di stallo che prima o poi dovrà finire. Nell’interesse prima di tutto dell’immagine dell’UP che da questa vicenda esce quanto mai malmenata [per fortuna fino a questo momento nella più completa disattenzione della grande stampa], nell’interesse poi dell’immagine di Gilotti su cui evidentemente in questi due anni si sono sedimentati malumori per aver pestato i piedi a qualcuno [in occasione anche dell’operazione SHELL], per non aver accolto istanze che alcuni ritenevano determinanti [per esempio a proposito dell’introduzione di un codice etico], per frizioni con l’azienda leader [a partire dalle critiche del 2012 sugli «scontoni»], per aver fatto troppe o poche mediazioni sulla crisi della raffinazione e sulla razionalizzazione della rete, da ultimo sulla questione della «presidenza part-time» che sarà dirimente anche per i criteri di scelta del futuro presidente.

Che sarebbe augurabile venisse scelto, costi quel che costi, tra i membri attuali della Giunta, se necessario con il criterio della rotazione biennale che postula, come abbiamo scritto, la necessità di una maggiore valorizzazione delle funzioni del direttore generale. Sempreché si voglia che l’UP sia genuina espressione del settore così come è oggi, in grado di svolgere un ruolo attivo nel rapporto quotidiano con le Istituzioni. E non un mero centro studi.>>

Certamente lo scontro degli interessi reali nella crisi fa saltare il «tappo» degli unanimismi formali, tuttavia anche da questa parte della «barricata» – con partite aperte su tutta una serie di nodi cruciali, dalla ristrutturazione della rete ai modelli distributivi, dalla contrattualistica ai prezzi – non si possono non nutrire serie preoccupazioni sul possibile appannamento del ruolo di un interlocutore che, nel bene ed anche, s’intende, nel male, ha costituito sempre un soggetto di confronto che finora ha in parte mediato, nel bene o alla meno peggio, situazioni che se fossero state affidate solo alle compulsioni delle singole aziende petrolifere sarebbero senz’altro peggiori di quanto già non siano così.

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