AUTOSTRADE: DECRETO E PIANO DELUDENTI E «MANOMESSI»

AUTOSTRADE: DECRETO E PIANO DELUDENTI E «MANOMESSI»

La grave situazione del comparto autostradale, l’azione di protesta dei gestori, che si trascina sin dal 2012, la generale tendenza delle aziende petrolifere a fuggire dalla rete autostradale ed a lasciare mano libera ai ristoratori – fattori tutti che avrebbero dovuto dare luogo agli interventi più opportuni ed efficaci per determinare un rilancio, mettere ordine nei rapporti tra le parti, razionalizzare la rete dei servizi e la sua qualità -, hanno avuto come epilogo un decreto ministeriale [e strumenti allegati] che non solo non è all’altezza della situazione, ma rappresenta anche passi indietro rispetto alle posizioni che con infinito lavoro e pazienza in qualche modo si erano concertate sino a qualche settimana fa.

Il provvedimento – che abbiamo rapidamente e volutamente scelto di pubblicare integralmente, in tutte le sue parti ed allegati in questo numero di Figisc Anisa News dedicato alle autostrade – risulta insufficiente e negativo per diversi aspetti, una situazione che spinge le Organizzazioni della categoria a perseverare nella loro azione giuridico-legale già avviata con il ricorso al Tribunale Amministrativo competente impugnando anche i bandi che verranno emanati dai Concessionari dopo questo «via libera» dei Ministeri competenti, e ciò indipendentemente da ulteriori azioni di mobilitazioni e protesta che verranno decise in seguito e che per il momento – in considerazione dei vincoli del periodo feriale – non sono praticabili nella forma più esplicita e netta. Ma sia chiaro fin d’ora che i limiti di questo provvedimento costringeranno ancora la categoria a rimboccarsi le maniche ed a mobilitarsi per l’ennesima volta.

Se è vero che si è riusciti ad ottenere garanzie sulla continuità contrattuale per i Gestori, è anche vero che nel provvedimento ministeriale si è voluta – su esplicito suggerimento delle aziende petrolifere – mettere la pietra tombale sul futuro: la continuità contrattuale – aspetto che è in ballo sin dagli accordi del 2002 – è stata sì concessa, ma per l’ultima volta, con una forzatura che ha voluto fare piazza pulita di qualunque possibile contrattazione tra le parti su questo principio e, ancora, solo per la casistica delle aree che non saranno interessate dal processo di accorpamento. Senza contare che gli affidatari potranno «sfilarsi» dall’affidamento dopo soli cinque anni se i volumi di vendite dovessero  ridursi, lasciando – senza che nulla sia previsto – letteralmente il gestore «sulla strada».

Una forzatura che spiega perché in questo provvedimento e nel protocollo procedurale che lo accompagna poco o nulla si dica sui rapporti economico-normativi tra aziende e gestori, nulla si dica sulle discriminazioni dei prezzi e sulle famose «eque condizioni per competere» previste dalle norma in vigore, con ciò lasciando presagire, da un lato, un quadro per il prossimo futuro di acuta sofferenza – come e peggio di quanto in questi anni si sia già verificato – delle relazioni tra gestori e sub concessionari, dall’altro, la chiarissima conferma della «fuga» delle petrolifere da questo comparto di rete. Così come una forzatura – che costituisce un evidente omaggio ad un’azienda petrolifera che ha già fatto armi e bagagli per andarsene dalla rete – è sicuramente la deroga dal principio della continuità contrattuale per i casi di contenzioso col gestore iniziati prima del 1° luglio 2014.

Deludente anche la soluzione data al problema degli indennizzi ai gestori delle aree che verranno chiuse, accorpate, «riservate» alla ristorazione: perché se, da un lato, si è voluto introdurre, e giustamente, il concetto di indennizzo superando la fumosità assoluta dei testi precedentemente elaborati, dall’altro si sono indicati criteri ed analogie con gli indennizzi del fondo per la rete ordinaria che non sono certo applicabili alla complessità dell’impresa di gestione di un’area autostradale in termini di impegno finanziario e di risorse umane.

Infine, la partita della ristrutturazione appare totalmente deludente e per diverse ragioni:

a) si aprono, infatti, aree di servizio in numero quasi eguale a quello delle aree che sono soggette a chiusura [circa il 5 % della rete, quando è noto che quasi due terzi della rete sono al di sotto della soglia di sostenibilità e giustificazione economica],

b) si regala alla ristorazione oltre un quarto della rete, con ciò consentendo alle aziende petrolifere di andarsene dalla rete – dopo averne in parte contribuito al dissesto – senza pagar dazio;

c) si selfizza un buon sesto della rete [con la strepitosa denominazione di «implemento dei servizi»] a tutto svantaggio della qualità dei servizi per una utenza che paga, oltre a pedaggi che sono aumentati in misura doppia del tasso di inflazione, assai più cari che in ogni altro dove, i carburanti e la somministrazione.

Insomma, alla fine – nonostante si fossero intraviste soluzioni se non vincenti, almeno ragionevoli – il provvedimento è stato qui e là, ma sempre in maniera significativa, manomesso ad opera dei soliti noti, denotando che esiste comunque a tutti i livelli, al di là delle colpevoli furberie, una sorta di rassegnazione a lasciare andare le cose più in malora di quanto già non siano.

Intanto, ancora una nota che conferma lo stato di degrado del comparto: pochi giorni fa, il Ministero ha pubblicato i dati delle vendite del primo trimestre 2015 sulle reti. In tre mesi in autostrada sono stati venduti 340,6 milioni di litri tra benzina e gasolio; nello stesso periodo del 2014 erano 387,0: si è perduto, cioè, dopo tutte le emorragie degli anni passati, un ulteriore 12 % di vendite. Nel 2003, primo trimestre, le vendite erano pari a 871 milioni di litri: ossia oltre due volte e mezzo di più del primo trimestre 2015.

Questo è il disastro che hanno lasciato quanti ora si apprestano, spolpata la carne, a gettare l’osso, ma non senza lasciare prima qualche sgradito «ricordino».

Stefano CANTARELLI
Presidente Nazionale ANISA

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