GRAVISSIMO RICATTO DI ENI SUI PREZZI IN AUTOSTRADA
— 8 Novembre 2015La decisione di ENI di aumentare considerevolmente i prezzi sulla rete autostradale ha tutto il sapore di un grave atto ricattatorio verso i gestori del marchio, intervenuto per di più in una fase in cui era in atto una trattativa, se pur difficile e complessa, sul rinnovo dell’accordo economico-normativo, atto che tradisce, assai più che il nervosismo a seguito della decisione dell’assemblea dei gestori di ricusare i termini della proposta avanzata da ENI, l’intento di dimostrare che non esistono margini di discussione se non quelli concepiti e voluti dall’azienda e, quindi, a vanificare il senso stesso della trattativa nonché a togliere qualunque residuo margine di autonomia al gestore.
Per ripercorrere questa vicenda e per distinguere i comportamenti delle parti, si ricorderà che era stata l’azienda stessa a disdettare il precedente accordo «del 27.07.2005» – in realtà l’ultimo accordo risale al 12.04.2011 ed è comunque scaduto ormai dal 31.12.2011 – con una comunicazione dello scorso 8 giugno in cui il pretesto addotto per stracciare i patti fu il «mancato rispetto da parte Vostra e dei Vostri associati delle previsioni relative al prezzo massimo di vendita al pubblico», una decisione – quella di non attenersi al prezzo massimo [aspetto parziale nel corpo complessivo degli accordi] – assunta dai gestori è stata, come abbiamo più volte ripetuto in tutte le sedi, «la risposta minima e necessaria alla situazione generata dai comportamenti assunti dalle compagnie [e quindi da ENI tra le altre] petrolifere per sottrarsi all’obbligo di legge di negoziare il rinnovo e l’adeguamento degli accordi da tempo scaduti ed alle condotte in tema di politiche commerciali che hanno introdotto unilateralmente politiche di prezzo discriminatorie e progressivamente non competitive con ampio pregiudizio dell’economia delle gestioni e dell’andamento delle vendite. Situazioni di degrado che non sono state – dopo quasi quattro anni di vertenza – minimamente rimosse od attenuate».
Poiché l’azienda aveva annunciato di dar corso alla disdetta dell’accordo «con effetto dal 1/9/2015» e, comunque di essere disponibile «ad aprire subito un tavolo per un riesame congiunto della tematica di cui trattasi, volto a trovare un accordo, da sottoscriversi entro la data suindicata di efficacia del recesso», le Organizzazioni di categoria hanno sollecitato la ricerca di un accordo ed hanno infine aderito alla richiesta di ENI di aprire un tavolo, richiesta anche probabilmente accelerata dalla necessità della controparte di capire con quali conti economici dovesse affrontare la partita dei nuovi bandi di assegnazione dei servizi oil in autostrada.
Infine, di fronte alle «proposte» messe in campo dall’azienda – che, per i loro contenuti, necessitavano di approfondimenti e di valutazioni che non potevano essere esperiti e/o assunti solo dalle limitatissime delegazioni che l’azienda aveva invitato al tavolo – FAIB Autostrade, FEGICA ed ANISA hanno convocato una assemblea dei gestori del marchio, che, riunitasi il 7 ottobre, ha unanimemente deliberato «di non poter accogliere le proposte dell’Azienda, così come presentate, in quanto considerate, nel loro complesso, – insufficienti per poter ambire a porre fine ad un lungo periodo caratterizzato da una tangibile indifferenza aziendale alle problematiche del segmento autostradale in generale e di quelle dei gestori in particolare e dalla conseguente contrapposizione creatasi tra le parti; – inadeguate sia sotto il profilo economico che quello normativo, in particolare in relazione agli adempimenti pretesi dall’Azienda a carico dei gestori ed alla genericità con la quale vengono evocati gli impegni da assumere per adottare politiche commerciali capaci di rilanciare i consumi nel segmento autostradale».
Né tale decisione intendeva inibire in alcun modo un prosieguo più produttivo della trattativa, anzi, esattamente il contrario, tanto che l’assemblea «tuttavia, nella piena consapevolezza del delicato momento di passaggio che vive il settore, delle complesse criticità che lo attraversano nell’attualità e che rischiano di essere ancor più enfatizzate da comportamenti di altri soggetti che si collocano del tutto fuori dall’alveo delle normative vigenti e confermando la propria convinta adesione al metodo del dialogo e del confronto» deliberava di conferire «il mandato, all’unanimità alle delegazioni rappresentative al più alto livello delle associazioni FAIB, FEGICA e ANISA di proseguire la presente fase negoziale ed esplorare ogni possibile ulteriore spazio di mediazione con ENI al fine di apportare i correttivi, ritenuti minimi ed indispensabili, all’ipotesi di accordo collettivo predisposto al momento dalla Azienda».
Invece di una ripresa della trattativa con un atteggiamento più possibilista dell’azienda, ci si è trovati di fronte ad un secco «prendere o lasciare», a recriminazioni – ufficiali od ufficiose poco importa – che addossavano, anche con alcuni distinguo tra le persone, la responsabilità dello stallo [o della rottura, a seconda degli auspici reconditi dell’azienda] della trattativa alla decisione di affidare la valutazione della proposta all’assemblea dei gestori, e, infine, vera spada di Brenno sulla bilancia, con l’aggiunta della decisione – traendo pretesto dal già utilizzato argomento del superamento del prezzo massimo – di aumentare il prezzo per «riprendersi» dai gestori l’overprice, per «castigare» i gestori che hanno tentato di minimamente e temporaneamente difendersi dalle discriminazioni – queste durevoli e strutturali – derivanti dalle politiche di pricing di ENI.
E, aggiungiamo, per togliere al gestore indisciplinato qualunque velleità di rifarsi sul prezzo facendogli capire quale sarà la misura che l’azienda intende adottare per spogliarlo integralmente di qualunque residua e pur marginalissima autonomia economica e funzione gestionale.
A questo si aggiunga che certamente ENI [e gli altri marchi] ha/hanno ispirato il ricorso presentato al TAR [che non ha almeno accolto la correlata richiesta di sospensiva] da Unione Petrolifera specificamente anche contro il principio di «continuità gestionale» previsto – sia pure in maniera contradditoria e non senza vincoli asimmetrici tra operatori – dal decreto interministeriale di agosto sulle autostrade.
Che certamente intende mantenersi le mani totalmente libere sulla partita dei nuovi bandi, andando a decidere cosa prendere e cosa mollare senza lacci e lacciuoli su obblighi contrattuali coi gestori e, quindi, con una categoria «piegata» esclusivamente alle sue condizioni, ed è questa l’unica ragione, oltre a quella del costo del gestore nel conto degli affidamenti, per andare – dal punto di vista aziendale – a formulare un «accordo».
È evidente che in questa vicenda dell’aumento del prezzo cade ogni residua foglia di fico su quella che è la finzione e quella che è la realtà del rapporto gestore-azienda sull’argomento prezzi: nella determinazione unilaterale del prezzo di cessione, di quello consigliato e di quello massimo ammissibile, si compie e si integra l’assoluta dipendenza economica del gestore, ad onta delle norme nazionali e comunitarie al riguardo.
Come è evidente quale è il concetto di «trattativa» che, sempre ad onta delle norme speciali di settore, piace al ENI in particolare, ma anche in genere all’industria petrolifera: una «coazione a trattare» alle condizioni di una sola delle parti, mettendo l’altra di fronte all’unica alternativa di mangiare l’osso o saltare il fosso.
Ed è con questa escalation di conflittualità, con questi retropensieri che l’azienda ha riconvocato per martedì prossimo le associazioni dei gestori……..
Stefano CANTARELLI