I NUMERI DELLA RETE IN EUROLANDIA ED IN ITALIA

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Mentre in Italia si arranca sulle ipotesi di ristrutturazione della rete, tra i veti di chi vi si oppone per lasciar fare al mercato e chi puntualizza sulle incompatibilità, sarà bene dare un occhio ad una significativa «fotografia» delle reti distributive dell’Unione Europea, che QUOTIDIANO ENERGIA ha appena pubblicato nei giorni scorsi e che si riferisce alla fine del 2014.

Ordinata per decrescente numero di impianti, la classifica evidenzia ovviamente in testa l’Italia, a considerevole distacco da Germania, Francia, Spagna e Regno Unito – che sono i Paesi con un numero di abitanti e di impianti più elevati – mentre per Croazia, Lituania e Malta i dati non sono stati rilevati.

Mettendo insieme anche i dati della popolazione residente [in milioni di abitanti] e della superficie territoriale [in migliaia di chilometri quadrati], si osserva che l’Italia ha il 49,7 % di impianti in più della Germania con il 24,8 % di abitanti in meno, ha il 92,0 % di impianti in più della Francia con il 7,7 % di abitanti in meno, ha il 153,2 % di impianti in più del Regno Unito con il 5,5 % di abitanti in meno, e, infine, ha il 103,5 % di impianti in più della Spagna con il 30,7 % di abitanti in più. Numeri tutti che evidenziano da soli la notoria e pluridatata polverizzazione ed inefficienza di quella rete nazionale nostrana che è in cantiere di «tentata ristrutturazione» incompiuta da quasi quarant’anni.

Le reti distributive in Eurolandia – Fine 2014

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Il dato dei 21.800 impianti, tuttavia, non è affatto certo [e già questo è un dato che da tempo appare quantomeno sconcertante] perché non è ancora stata interfacciata una statistica dell’Ufficio Tecnico di Finanza con le varie stime o statistiche fornite via via nel tempo da Ministero e/o Regioni.

Volendo fare una «fotografia» della rete italiana – ma si tratta solo di un proxy di massima -, sulla base dei dati dei prezzi comunicati all’Osservatorio prezzi carburanti del Ministero, risulterebbe che 19.525 impianti comunicano i prezzi. Vi sarebbe, quindi, una «zona grigia» almeno di circa 2.300 impianti rispetto al dato [incerto!] di 21.800, di cui sfugge in quanti casi se si tratti di impianti che non comunicano i prezzi, di impianti in sospensione di attività, di «cadaveri» definitivi aggiuntisi in questi primi mesi del 2015.

E, sulla base degli impianti che comunicano i prezzi – dato di 19.525 all’11 maggio 2015 – emerge che 15.949 sono riconducibili in proprietà o regime di convenzionamento a marchi petroliferi [una quota dell’81,7 %] e 3.576 possono essere genericamente attribuiti all’universo dei «no-logo» [quota del 18,3 %]. Di questi 2.838 sono ancora «anonimi», cioè indistinti, mentre 738 hanno esposto la loro insegna sul sito del Ministero.

Universo assai complesso quello dei «no-logo», in cui sono compresi altresì impianti della Grande Distribuzione [oltre un centinaio, sembrerebbe], sia specificamente nominati sia indistinti, così come gli impianti di Retitalia [126 unità], quelli della San Marco Petroli [47 unità] e anche di altre imprese con un numero non marginale di impianti che gravitavano tradizionalmente attorno ai marchi petroliferi e che hanno assunto ampia libertà di prezzo.

La rete complessiva «no-logo» insidia da presso, per numero di impianti, il primato di ENI, che conta 4.013 unità con una quota del 20,6 % sul totale della rete, ed è seguita dal raggruppamento Q8+ex SHELL, con 2.915 impianti ed una quota del 14,9 % del totale.
Di seguito API IP, TOTALERG ed ESSO, con un numero di impianti tra un massimo di circa 2.700 ed un minimo di 2.300 [quote tra il 13,6 ed l’11,7 %] ed infine TAMOIL, con meno di 1.400 impianti ed una quota del 7,1 % del totale.

Impianti censiti dall’Osservatorio prezzi – 11.06.2015

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