I PREZZI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Si prenda la situazione dei fondamentali di mercato “prima” che tutto questo cominciasse, diciamo alla data del primo Decreto di emergenza, il 23 febbraio: il greggio Brent quotava 58,60 dollari/barile, ossia 54,25 euro/barile, il cambio dava 1,0801 dollari per un euro, la quotazione Mediterraneo della benzina era di 560,50 dollari/tonnellata, pari a 0,392 euro/litro e quella del gasolio a 516,75 dollari/tonnellata e 0,404 euro/litro.

Al 27 marzo, lo scenario era drasticamente cambiato: il greggio quota 24,93 dollari/barile, ovvero 22,71 euro/barile, il cambio si attesta su 1,0977 dollari per un euro, le quotazioni dei prodotti finiti sono crollate a 216,00 dollari/tonnellata per la benzina, pari a 0,149 euro/litro ed a 304,25 dollari/tonnellata per il gasolio, ossia 0,234 euro/litro.

In altre parole: l’euro si è apprezzato di un +1,63 %, il greggio ha perso 33,7 dollari/barile (-57,5 %), ossia 31,5 euro/barile (-58,1 %), i prodotti raffinati sulla piazza del Mediterraneo hanno perso 0,243 euro/litro (-62,0 %) la benzina e 0,170 euro/litro (-42,1 %) il gasolio. Più che dimezzato tutto!

Le ragioni sono note: nello scenario come sempre legato alle dinamiche domanda/offerta ed alle politiche per sostenere il prezzo e gli investimenti nel settore modulando in funzione variabile l’offerta, arrivano a volo due “cigni neri, non si raggiunge un accordo tra OPEC e OPEC+, e più precisamente tra Arabia Saudita e Russia per tagliare la produzione, dilaga la pandemia COVID-19 con le connesse previsioni su una globale crisi economica [dice il 27 marzo l’OCSE che il PIL mondiale perde i 2 % al mese (il rallentamento delle attività erode “per ogni settimana di stop decimali significativi di punto di PIL” diceva FIGISC in un suo comunicato il 4 marzo)].

Come questo ribaltone si sia riflesso sui prezzi alla pompa è presto detto: i prezzi alla pompa sono calati molto meno dei fondamentali di mercato, un risultato cui ha contribuito un calo progressivo ed a picco delle vendite (con punte minime del 50 % e massime dell’85 %, e con decorrenza e distribuzione territoriale variabile dalle prime “zone rosse” fino al lockdown dell’intero Paese) determinato dalle limitazioni alla mobilità di cittadini ed imprese.

I prezzi “consigliati” dalle aziende petrolifere sulla propria rete sono calati dal 23 febbraio al 27 marzo nell’ordine di circa 0,080 euro/litro; andando sui prezzi praticati, come rilevati dall’Osservatorio del MiSE, mediamente a livello nazionale i prezzi nella rete a marchio petrolifero si sono abbassati di 0,080-0,082 euro/litro per la modalità self service, di 0,070-0,073 per la modalità servito, e nella rete indipendente le dinamiche sono abbastanza simili, -0,081 euro/litro per la modalità self service, -0,077 per la modalità servito.

Non sussistono, pertanto, scostamenti tra la linea di pricing praticata dalle aziende attraverso i prezzi consigliati e quella effettivamente applicata dai gestori sugli impianti che battono bandiera petrolifera.

Solo il circuito extrarete, per adesso almeno, sembra poter mantenere una certa coerenza con le dinamiche internazionali: in questo medesimo intervallo temporale, infatti, i prezzi di cessione sono diminuiti di circa 0,210 euro/litro.

È di tutta evidenza che i prezzi al consumo sono diminuiti solamente di circa il 40 % rispetto alla effettiva diminuzione dei valori del mercato dei fondamentali, ma un tanto di fronte, come già osservato, ad un crollo delle vendite medio (tra picchi minimi e massimi) presumibilmente del 65 % che sta erodendo giorno per giorno per carenza di liquidità la sostenibilità economica del sistema distributivo, con tutto ciò che questo comporta rispetto alla difficoltà di poter supportare il rifornimento alla mobilità residua del Paese, oggi ancor più strategica nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria.

Nota informativa
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