IL PANTANO DEL TRAMONTO

IL PANTANO DEL TRAMONTO

Gabriele Masini su STAFFETTA di venerdì 9 settembre pubblica un articolo, nella rubrica «10 righe», dal significativo titolo «Petrolio Italia, un brutto tramonto». Trovandoci pressoché integralmente d’accordo con i suoi contenuti [su alcuni dei quali da tempo insistiamo (uno fra tutti, la logica politica e mediatica imperante per anni sul prezzo, anche per offuscare il peso che su di esso grava per effetto del prelievo fiscale)] – cui non riteniamo di aggiungere ulteriori commenti – ne pubblichiamo di seguito – per g.c. – i passaggi salienti:

<<La rete carburanti italiana si sta trasformando in un pantano. Chi può cerca di andarsene al più presto, chi resta è assediato da mediatori, truffatori e operatori senza scrupoli. E le operazioni di “bonifica” sembrano andare a rilento. Il fuggi fuggi è ben rappresentato dal “caso” TotalErg. L’azionista Erg non vede l’ora di trasformarsi in una finanziaria delle rinnovabili e di andare a caccia di incentivi per l’Europa. Una fuga che si fa sempre più scomposta: è in vendita l’intera joint venture? solo la quota Erg? c’è accordo tra i due soci? come può Erg parlare di “spezzatino” se dispone solo di una quota della joint venture? Tutte domande che una società quotata in borsa non dovrebbe lasciare inevase. A questo si aggiunge il fatto che Total non sembra avere alcuna intenzione di comprare. Insomma, una conclusione ingloriosa per una joint venture che qualche frutto lo aveva dato. E che rischia di intaccare lo stesso valore degli asset. Ma si tratta solo dell’ultimo segnale che sempre più compagnie si stanno allontanando dall’Italia. E non si vede chi possa sostituirle. Chi può permettersi in questo momento di investire qualche centinaio di milioni nel settore?

Anche perché non si può dire che il panorama della rete italiana sia dei più attraenti. Le infiltrazioni della malavita sono sempre più pervasive, in tutte le articolazioni della filiera. L’ultimo caso, l’operazione della Guardia di Finanza a Trieste, ha fatto emergere un nuovo, ennesimo tipo di truffa, con volumi importanti e meccanismi tutto sommato banali. Ma anche con prezzi e modalità che avrebbero dovuto far scattare allarmi e anticorpi. Chi indaga sul “nero” sottolinea infatti che il primo e più efficace mezzo di contrasto è l’autocontrollo da parte degli operatori. Isolare in qualche modo gli operatori disonesti. Segnalare prontamente le anomalie. Collaborare.

Si può dunque rifiutare di vendere o di far partecipare al mercato questi operatori? Possono gli operatori “tradizionali” che occupano snodi fondamentali della filiera (depositi, raffinerie) “escludere” questi operatori quando sentono puzza di bruciato? Possono cioè “moralizzare il mercato”? Qui le posizioni sono diverse. Una delle obiezioni principali riguarda il timore di incorrere in contestazioni antitrust. Ma davvero, di fronte a un fenomeno di questa gravità ed estensione, che affonda le radici nella malavita organizzata, l’Antitrust se la sentirebbe di contestare lo zelo di qualche operatore nel selezionare i propri clienti?  …In fondo, dunque, non si parla di morale, ma di denaro. È possibile dunque selezionare i clienti come si fa con gli affidamenti? Le regole e i parametri stabiliti da chi vende nel campo del credito hanno provocato le proteste di molti operatori perché sarebbero troppo stringenti, perché darebbero la facoltà a chi vende (e alle poche società di assicurazione del credito) di delimitare il mercato, di decidere a priori chi vi partecipa e chi no. E non sembra che l’Antitrust abbia sollevato obiezioni di sorta….

D’altronde il “nero” ha, sì, inquinato il mercato, ma ha anche dato un’illusoria boccata di ossigeno, facendo girare soldi e prodotto. E anche dal lato del consumatore (e del politico) il ragionamento può paradossalmente essere analogo: in fondo, viene da dire, se l’illegalità fa scendere i prezzi, sia la benvenuta. E tanti non si sono fatti troppe domande, pur di far ripartire gli affari. Generando però un’aria di sospetto reciproco, tra operatori e tra le diverse articolazioni della filiera, che è forse il frutto più avvelenato di questa situazione….Insomma, un brutto tramonto per il Petrolio Italia, di cui la Erg di Bettonte, che non è quella di Riccardo Garrone, è solo l’ultimo vistoso emblema.>>

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