INTERVISTA AL PRESIDENTE ANISA, MASSIMO TERZI
— 29 Marzo 2020Presidente, ti leggo una nota diramata in questi giorni dalla Ministra Paola De MIcheli: «Nell’ambito del confronto con le associazioni di categoria e i concessionari autostradali, sono state considerate una serie di misure che rappresentano una prima risposta alle difficoltà manifestate. In particolare, i concessionari autostradali, su richiesta del MiT e del MiSE, si sono detti disponibili ad applicare misure provvisorie di sostegno che includono la sospensione del corrispettivo contrattuale da parte dei gestori di carburante e la gestione della pulizia dei piazzali. Dal canto loro, i gestori potranno concordare con i concessionari autostradali periodi di apertura alternata, in funzione della dinamica del traffico. Dovranno essere, in ogni caso assicurati, i rifornimenti in modalità self service. L’iniziativa – precisa la nota – è rivolta ad assicurare, anzitutto, la mobilità delle merci e del servizio di trasporto che rientra tra quelli di interesse pubblico essenziale ai sensi del Decreto legge n.18 del 17 marzo 2020.» Cosa ne pensi?
È passato quasi un mese da quando, assieme alle altre Organizzazioni di categoria, ANISA ha chiesto ai concessionari delle tratte autostradali ed alle aziende proprietarie degli impianti di farsi carico della situazione, intervenendo a modificare nella fase emergenziale le condizioni fortemente restrittive che regolano gli obiettivi di acquisti minimi previsti dai contratti di fornitura e quelle relative al pagamento dei prodotti ed al Governo perché nei provvedimenti di natura economica per il Paese non solo preveda l’accesso anche per la categoria alle misure di sostegno, ma anche eserciti una opportuna moral suasion nei confronti dei soggetti forti del settore per una gestione dei rapporti commerciali ed economici tra privati adeguata alla gravità del momento. In quella stessa data (5 marzo) abbiamo richiesto misure specifiche sia per prevenire e contenere la diffusione del contagio, sia per contenere i costi del servizio a fronte della caduta verticale delle vendite, da adottarsi in via temporanea sugli impianti della rete autostradale, ossia lo svolgimento del servizio di rifornimento nella sola modalità del self service, pur continuando a garantire in forza minima il presidio dell’area per poter assicurare l’intervento in caso di necessità dell’utente.
Nelle settimane successive si è richiesto – e non una sola volta – a) al Governo, interventi in materia di slittamento del pagamento di contributi ed imposte, accesso alla Cassa Integrazione Guadagni nonché sospensione delle imposte locali, b) alle concessionarie di assumere temporaneamente l’onere di sistema del servizio, devolvendo per la fase temporale emergenziale a favore dei gestori le royalty percepite e percipiende sui servizi di sub concessione e consentendo lo svolgimento del servizio in esclusiva modalità self service, c) alle aziende assegnatarie della sub concessione (ossia le Compagnie), di mettere in salvaguardia economico-finanziaria le gestioni congelando il pagamento di alcune forniture, di rinunciare agli affitti sulle attività non oil, di fornire i necessari presìdi sanitari per lo svolgimento delle attività, di prevedere in caso di contagio, o positività, del Gestore o dei suoi addetti, che comporti la chiusura e/o la messa in quarantena dell’attività, misure adeguate di sostegno economico per farvi fronte.
Infine, si è denunciato con forza che senza interventi di sorta, i gestori non sono nelle condizioni di andare avanti perché non ci sono vendite, non ci sono incassi, non c’è linea di credito né liquidità. Questo grido di dolore è stato interpretato come una minaccia di sciopero, il che ha determinato una certa attenzione del Governo.
Ma, tatticismi e fraintendimenti a parte, si è giunti al 30 marzo per registrare che siamo ancora al punto di partenza: nessuno degli interventi richiesti ha avuto luogo, per di più la situazione generale è peggiorata in conseguenza del progressivo e generale lockdown in cui è stato rinchiuso il Paese.
Tocca attendere la conference call odierna per capire quali “disponibilità” e quali “misure provvisorie” i concessionari e gli altri soggetti siano disposti a mettere in campo.
Ma provvedimenti quali la turnazione o, se vogliamo chiamarla così, apertura alternata, unitamente alla “concessione” di poter effettuare il servizio self service quale sostegno o sollievo possono dare? Non è che stiamo prendendo fischi per fiaschi?
La risorsa umana degli impianti autostradali deve garantire tre turni sulle 24 ore, vuol dire in condizioni normali – ma molto dipende dalle vendite delle diverse realtà territoriali – avere da sei a nove dipendenti, con un regime di vendite di 9.000-10.000 litri al giorno (si parla della media nazionale per impianto, che è nella rete in concessione di circa 3,5 milioni di litri/anno). In questo periodo emergenziale, si vendono meno di 1.000 litri, ossia un nono, un decimo della normalità.
Già nella maggioranza degli impianti si è riorganizzata la modalità di servizio nella direzione del solo self service, già purtroppo si è dovuto ristrutturare la risorsa umana per questa situazione eccezionale, ciò non di meno oggi continuare in queste condizioni – dovendosi comunque fare fronte agli alti costi fissi di esercizio necessari al mero funzionamento di strutture tanto complesse, anche utilizzando il minimo di risorsa lavorativa indispensabile a mantenere l’erogazione – significa non solo fare volontariato, significa perdere giornalmente da 1.000,00 a 1.500,00 euro, senza parlare neppure del costo dei prodotti pagati ancor prima quasi di essere venduti e difficilmente rimpiazzabili per mancanza di liquidità.
Quanto alla turnazione, oppure apertura alternata (per intenderci il meccanismo delle aperture minime precettate in caso di sciopero), non è assolutamente ciò che allevia in alcun modo la situazione di chi può restare chiuso per quel turno – comunque venga strutturato su base giornaliera o settimanale o altro -, in quanto la situazione più sopra illustrata vale per tutti, ossia per chiunque continui la sua attività sia in servizio che in turno di chiusura.
Le emergenze dunque, oltre a quella sanitaria di sicurezza delle persone e dei luoghi, sono due: da un lato non c’è liquidità disponibile per chi dovesse continuare a restare aperto, sia pure con la sola modalità self ed a risorsa umana minimale, per l’acquisto dei prodotti, e non ce n’è neppure per chi tiene chiuso, perché i costi di sistema rimangono sul groppone per tutti. E quindi, o in questa situazione si pongono in essere tali due assi di intervento – ossia dilazione degli impegni di pagamento per ricostituire una minima liquidità e sostegno in termini di assunzione temporanea del costo degli oneri di sistema in capo al sistema stesso – o non si va da nessuna parte, se non a consegnare i libri contabili in tribunale.
Ora c’è questo disastro generale per il Paese intero che incide sul comparto azzerando o quasi le vendite, ma la categoria arriva a questa crisi drammatica dopo anni di cali di vendite e di difficoltà, con le imprese di gestione sostanzialmente già stremate…
Mi limito a parlare della rete in concessione – per quella ANAS i dati sono, se possibili, ancora peggiori – e con il limite di non avere ancora disponibili tutti i dati del 2019 per tirare una somma finale (pur avendo coi dati a disposizione molto chiaro un ulteriore segno negativo). Mi fermo al 2018 ed evidenzio solo pochi dati per far capire che in autostrada la difficoltà viene da lontano: dal 2001 al 2018 il calo delle vendite di carburanti è stato del 66 %, le vendite medie per impianto autostradale nello stesso tempo sono crollate da 9,8 milioni di litri a 3,2 milioni di litri; per fare un esempio pratico, ogni 100 km di percorrenza in autostrada nel 2001 si vendevano 5,72 litri di carburanti, nel 2018 ridotti a 1,65 litri.
E, per fare un paragone, sempre dal 2001 al 2018, mentre la rete stradale ha perso il 30,8 % delle vendite (effetti della crisi economica che ci eravamo appena lasciati alle spalle, efficientamento energetico dei motori, ecc.), quella autostradale ha perso il 65,7 %.
Nello stesso periodo, però, e nonostante la gravi flessioni degli anni dal 2009 al 2014, il traffico è cresciuto del 3,4 % per i veicoli leggeri e del 4,9 % per quelli pesanti.
Esattamente: le imprese di gestione erano già stremate da parecchio tempo prima del COVID e arrivano a questa stretta in condizioni di non poter opporre nessuna resilienza.
Abbiamo chiesto ai concessionari di farsi carico della situazione emergenziale… Richiamo un articolo di qualche giorno fa, comparso su Il Fatto Quotidiano, dal significativo titolo “Virus, anche Benetton & C. chiedono soldi al governo”, in cui si spiega che AISCAT lamenta l’esclusione dei concessionari dal “Cura Italia” (e chiedendo la sospensione di tasse, canoni, debiti, ecc.), sostenendo che ciò “comporta sin da ora gravi ripercussioni sulla capacità dei concessionari di poter sostenere i costi operativi connessi alla necessità di mantenere in esercizio le infrastrutture”…
Cerco di essere pacato, evidenziando anche in questo caso una serie di dati per capire con cosa e con chi abbiamo a che fare.
Intanto, i pedaggi percepiti dai concessionari sono aumentati del 100,96 % dal 2001 al 2018 (da 4,135 a 8,309 miliardi di euro), con una resa per km cresciuta da 0,739 milioni di euro/km a 1,384, anche se è pur vero che bisogna foraggiare con quei proventi ANAS
La quota percentuale di spesa degli utenti autostradali (carburanti, acquisto altri beni e servizi e pedaggi) riservata ai pedaggi era nel 2001 del 47 %, nel 2018 era salita al 73 %.
Secondo stime prudenziali, nel periodo 2003-2018 l’ammontare delle royalty imposte dai concessionari alle vendite di carburanti e beni e servizi diversi – stanti i volumi di carburanti venduti e l’ammontare economico dei servizi diversi erogati – ammonterebbe cumulativamente a circa 5,3 miliardi di euro, di cui circa 250 milioni nel 2018.
Perché parliamo di royalty? Perché esse sono una delle cause della progressiva perdita di appeal della rete autostradale, facendo costare progressivamente sempre più all’utente beni e servizi che gli costano sempre meno fuori dalla rete per accedere alla quale paga già un pedaggio sempre crescente (sono gli effetti dei piani finanziari concordati tra Governo e concessionari) e paga un balzello ulteriore per fare benzina o bere una bibita che fuori dal contesto obbligato trova ad un prezzo più conveniente.
Si aggiunga a ciò che questo meccanismo influenza, in maniera più o meno spregiudicata, anche le politiche di pricing dei sub concessionari (le compagnie petrolifere, ecc.) che alimentano un differenziale crescente con i prezzi della rete ordinaria e tra le modalità di servizio, determinano discriminazioni tra impianti ed impianti in relazione agli impegni assunti dalle compagnie con i concessionari, per comprendere le difficoltà in cui da anni si dibattono le piccole imprese di gestione, fatalmente spinte verso il default economico.
Quello delle royalty (di cui, peraltro, per dire tutta la verità, anche lo Stato è in parte beneficiario) è un balzello intollerabile tenuto conto della libertà di aumento dei pedaggi che è stata usata in tutti questi anni, e costituisce una “rendita di sedime” del tutto ingiustificata su investimenti e lavoro fatti e condotti ad esclusivo rischio di terzi soggetti investitori e gestori, determinando anche una oggettiva discriminazione degli utenti ai quali la Costituzione dovrebbe assicurare condizioni di accesso a beni e servizi minime ed omogenee in tutto il territorio nazionale e una asimmetria tra imprese rispetto alle regole di concorrenza e mercato. Se in un prossimo futuro questa anomalia non sarà rimossa, non vi è alcuna speranza di invertire il trend consolidato in autostrada da molti anni a questa parte che ha condannato questo comparto alla marginalità.
Per tornare a noi: la drammaticità della situazione che stiamo vivendo è sotto gli occhi di tutti, in questo frangente non sono giustificate rendite di posizione, che, ove comunque incamerate, devono essere messe ora a disposizione per superare l’emergenza e salvaguardare l’anello debole (e già stressato), ma indispensabile, della filiera.
Diversamente, sulla sopravvivenza stessa del servizio non si può più continuare a scommettere.