PANDEMIA E LOCKDOWN: PIL DEL PRIMO SEMESTRE A -15 %

In un quadro di assoluta incertezza politica, scientifica e medica sulla pandemia (non si capiscono ancora tutte le dinamiche dell’agente virale, la sanità ha rilevato pesanti criticità sul presidio territoriale di base della regione più interessata scaricando l’impatto interamente sulle sue strutture ospedaliere e condizionando in misura determinante le scelte ed i timori dei decisori politici per tutto il Paese che hanno portato a mettere sotto chiave la penisola, ma non vi è stata chiarezza neppure sulle cose più banali – ad esempio le contrapposizioni su “mascherina sì o mascherina no” –), l’unica certezza reale è che COVID-19 con il protratto lockdown imposto senza distinzioni all’intero territorio nazionale determineranno per l’Italia, già di suo scarsamente reattiva alle dinamiche di crescita nella fase antecedente, un verticale crollo del PIL, stimabile nell’ordine del 15 %, valori che richiamano la crisi del 1929.

Se ne parla nella Nota sulla congiuntura Aprile 2020, predisposta periodicamente dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, UPB, “organismo indipendente” come recita il suo sito “costituito nel 2014 con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee e che pertanto “contribuisce ad assicurare la trasparenza e l’affidabilità dei conti pubblici, al servizio del Parlamento e dei cittadini”.

Della Nota si pubblicano di seguito alcuni stralci significativi, mentre il suo testo integrale rimane consultabile e scaricabile in formato PDF cliccando col mouse sul seguente titolo:

Nota-sulla-congiuntura-di-aprile-2020

«L’Italia è stata il primo paese europeo a essere colpito dalla pandemia, fuori dalla Cina. L’emergenza sanitaria ha richiesto l’adozione di misure di prevenzione senza precedenti basate sul distanziamento sociale, che stanno producendo i loro effetti sulla diffusione dell’epidemia, ma implicano fortissimi costi economici. In alcuni settori, quali il turismo e la ristorazione, il commercio al dettaglio, i trasporti e la logistica, l’attività si è ridotta fino a quasi annullarsi.

Secondo stime effettuate con i modelli previsivi di breve termine dell’UPB nel trimestre scorso il PIL dell’Italia si sarebbe ridotto di circa cinque punti percentuali. Verosimilmente la riapertura delle attività economiche, a partire da maggio, sarà necessariamente graduale, per cui nel secondo trimestre la contrazione congiunturale del prodotto risulterebbe ancor più marcata, collocandosi nell’ordine di dieci punti percentuali. Assumendo che non ci siano nuove ondate dell’epidemia nei prossimi mesi, la ripresa dell’economia italiana dovrebbe manifestarsi dal terzo trimestre. Queste previsioni sono soggette a un’incertezza senza precedenti, che può essere attenuata dalla politica economica. Il governo italiano ha varato primi interventi, con misure volte a sostenere i bilanci di famiglie e imprese, supportando l’occupazione, il reddito disponibile e le condizioni di finanziamento.

La fase ciclica dell’economia italiana, complessivamente stagnante lo scorso anno, si era già deteriorata nell’ultimo trimestre del 2019. L’indebolimento congiunturale aveva riguardato anche i principali paesi dell’area dell’euro, ma per l’Italia era stato più intenso; il PIL si era ridotto dello 0,3 per cento in termini congiunturali, comportando un trascinamento statistico negativo sull’anno in corso (-0,2 per cento).

I dati di contabilità nazionale indicano che la flessione dell’attività in Italia nell’ultimo trimestre del 2019 rifletteva prevalentemente la contrazione del valore aggiunto dell’industria (-1,2 per cento).

La rapida diffusione dell’emergenza sanitaria, a partire dalla fine di febbraio, ha cambiato il quadro congiunturale con una velocità e un’intensità senza precedenti in tempi di pace. Il primo caso autoctono di pandemia da COVID in Italia è stato ufficialmente rilevato il 21 febbraio. Due giorni dopo il Governo ha emanato un Decreto contenete misure restrittive per una decina di comuni del Nord Italia, estese l’8 marzo alla Lombardia e ad alcune province del Centro-Nord e poco dopo all’intero territorio nazionale. Le misure di contenimento sono state rese progressivamente più pervasive, con limitazioni agli spostamenti e il distanziamento sociale, la sospensione delle attività scolastiche e universitarie, nonché la chiusura delle attività produttive non essenziali (nelle stime Istat riguarderebbe circa un terzo del totale nazionale, in termini di produzione e valore aggiunto). Secondo stime UPB i settori in cui la crisi ha un impatto medio alto, non soltanto per il lockdown, coprirebbero circa metà dei ricavi, delle retribuzioni e del gettito complessivo (Irpef, Ires, IRAP e IVA) delle imprese registrate fiscalmente.

Le indicazioni congiunturali più recenti prefigurano una crisi senza precedenti

Il settore industriale aveva iniziato l’anno con un recupero, tuttavia la flessione della produzione in febbraio aveva riportato l’indice su un livello appena superiore alla media del quarto trimestre del 2019. L’emergenza sanitaria ha successivamente determinato il blocco delle attività produttive non essenziali o strategiche, i cui effetti sono già evidenti negli indicatori qualitativi.

L’indice PMI del settore manifatturiero si è collocato in marzo a quota 40,3 (da 48,7 di febbraio), il dato più basso dall’aprile del 2009. Dalle risposte delle imprese intervistate emerge come la forte contrazione sia ascrivibile principalmente al crollo dei livelli di produzione e dei nuovi ordini.

Nello stesso mese, l’indice di fiducia del comparto manifatturiero dell’Istat è diminuito di circa dieci punti, per effetto del deterioramento dei giudizi sugli ordini correnti e, soprattutto, delle attese a breve termine sull’attività produttiva. Le prospettive del comparto permangono fortemente orientate al ribasso.

[i PMI Purchasing Manager Indexes (indici dei direttori acquisti) vengono realizzati elaborando le risposte ai questionari inviati ai manager responsabili aziendali preposti all’acquisizione di materie prime, semilavorati e quanto necessario al ciclo produttivo delle aziende stesse, per il cui ruolo sono richieste la competenza sulla operatività aziendale e soprattutto la conoscenza dei mercati di approvvigionamento e dei mercati finali di vendita; l’indice di valutazione ha come discrimine il valore 50 tra miglioramento (sopra 50) e peggioramento (sotto 50)]

La produzione dell’edilizia nel 2019 aveva registrato un incremento di circa due punti percentuali.

In gennaio l’attività aveva continuato a espandersi e l’indagine sul mercato delle abitazioni condotta da Agenzia delle entrate, Banca d’Italia e Tecnoborsa in gennaio e febbraio aveva tratteggiato un quadro relativamente positivo. Le misure di contrasto all’emergenza sanitaria si sono estese al settore delle costruzioni solamente nella parte finale del mese scorso. Le recenti indagini qualitative Istat segnalano peggioramenti dei giudizi sugli ordini e, soprattutto, delle attese sull’occupazione; la flessione in marzo appare relativamente contenuta, nel confronto con altri comparti produttivi.

Il terziario rappresenta il settore più colpito dall’emergenza sanitaria. L’anno scorso il valore aggiunto dei servizi era appena aumentato (0,3 per cento), ma già nei primi mesi dell’anno in corso si è registrato un brusco peggioramento. Il turismo è stato il comparto che per primo ha subìto gli effetti dell’emergenza sanitaria. Il progressivo inasprimento delle misure di distanziamento sociale ha determinato il blocco delle attività legate alla ristorazione, a fiere e convegni e quindi al trasporto aereo e ferroviario, impattando fortemente anche sul comparto della logistica. Gli indicatori qualitativi più aggiornati segnalano l’intensità eccezionale della frenata registrata dal settore: il PMI relativo si è collocato in marzo al minimo storico (17,4), per via del marcato peggioramento dei nuovi ordini e della domanda estera.

Le stime di breve periodo

Gli esercizi di previsione macroeconomica risultano a oggi estremamente complessi; gli scenari futuri appaiono fortemente dipendenti non soltanto da variabili macroeconomiche, ma anche dalle attese e dai comportamenti di individui e autorità in risposta all’emergenza sanitaria. La situazione evolve molto rapidamente, pertanto è estremamente difficile ‒ giova ripeterlo ‒ fare previsioni.  La costruzione di scenari prospettici richiede in questa circostanza anche ipotesi su quando l’epidemia potrebbe attenuarsi in Italia.

Si stima che nel trimestre scorso il PIL si sarebbe ridotto di circa cinque punti percentuali. Il trimestre corrente sconta maggiormente gli effetti del blocco, in quanto inizia su livelli molto bassi in aprile e risente del pesante trascinamento statistico di marzo; nell’ipotesi che le restrizioni vengano allentate in misura molto graduale a partire da maggio si prefigura una contrazione congiunturale del PIL del secondo trimestre dell’ordine di ulteriori dieci punti percentuali. Queste previsioni sono soggette a un’incertezza senza precedenti storici, in quanto riconducibile non soltanto ai consueti fattori economici, ma anche a variabili sociali e sanitarie.

L’occupazione frena ed esplode il ricorso alla Cassa integrazione guadagni

Il mercato del lavoro si era indebolito già prima della crisi sanitaria da COVID-19. La dinamica delle ore lavorate di contabilità nazionale era risultata discontinua nel 2019, con una flessione nel quarto trimestre (-0,3 per cento in termini congiunturali) allineata a quella del PIL. La domanda di lavoro, misurata attraverso le posizioni lavorative, aveva decelerato nella seconda metà dello scorso anno, tuttavia la variazione nel complesso del 2019 aveva sopravanzato quella del PIL.

Il numero delle persone occupate nel secondo semestre del 2019 aveva rallentato fortemente (0,2 per cento, da 0,5 nei precedenti sei mesi), per la riduzione della componente relativa agli autonomi e la frenata dell’occupazione a tempo indeterminato, a fronte della graduale espansione della componente a termine.

Nei mesi iniziali dell’anno in corso, prima che l’emergenza sanitaria dilagasse, gli occupati erano diminuiti (-0,4 per cento nel bimestre gennaio-febbraio rispetto al quarto trimestre del 2019), per effetto della caduta sia del numero dei dipendenti permanenti (-0,3 per cento, per la prima volta dal terzo trimestre del 2018) sia degli autonomi.

Al momento non si dispone di informazioni sul mercato del lavoro relative al periodo dell’emergenza sanitaria, che potrebbe ostacolare la produzione delle statistiche ufficiali. Ad esempio, le misure di distanziamento sociale potrebbero incidere sulla raccolta dei dati della Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro, per la parte relativa alle prime interviste, effettuate presso il domicilio della famiglia. Il blocco di una quota significativa della base produttiva, disposto fino al 3 maggio, si rifletterà in una eccezionale riduzione delle ore lavorate nei mesi primaverili. Secondo stime dell’Istat, i provvedimenti di sospensione o riduzione dell’attività produttiva riguarderebbero il 51,3 per cento delle imprese e il 42,9 per cento degli addetti. Le imprese attuerebbero forme di riduzione dell’orario di lavoro sia attraverso lo smaltimento di ferie e di congedi parentali sia, in maggior misura, mediante il ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG), estesa dal decreto legge “Cura Italia” a tutte le imprese, indipendentemente dal settore produttivo e dal numero di addetti.

Secondo le informazioni diffuse dall’INPS, le richieste per la CIG con causale “COVID-19” pervenute fino al 10 aprile riguardano circa 2,9 milioni di lavoratori mentre le istanze relative all’assegno ordinario coinvolgono circa 1,7 milioni di beneficiari; nessuna informazione è disponibile sulle domande pervenute per la CIG in deroga con causale COVID-19 che in prima battuta sono raccolte dalle Regioni e poi inviate all’INPS.

Si stima, in base alla struttura dell’occupazione nei comparti interessati dalla sospensione o riduzione dell’attività produttiva, che il numero complessivo di ore autorizzate possa attestarsi su livelli ampiamente superiori rispetto ai valori massimi storicamente osservati su base mensile dalla crisi finanziaria del 2009.

Il tasso di disoccupazione, che nel quarto trimestre si era attestato al 9,7 per cento, è rimasto sostanzialmente invariato all’avvio dell’anno in corso.

Nel periodo contrassegnato dall’emergenza sanitaria, il calo della partecipazione al mercato del lavoro sarebbe accentuato dai provvedimenti di distanziamento sociale introdotti per contenere la crisi da COVID-19, poiché riducendo la mobilità rendono più costosa la ricerca attiva del lavoro, determinando un aumento dello scoraggiamento

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