RISTRUTTURAZIONE RETE: LA MONTAGNA E IL TOPOLINO
— 14 Ottobre 2018Sullo stato della “ristrutturazione” della rete, la prima citazione è un articolo di STAFFETTA che risale al 26 settembre 2018, ma che non era ulteriormente possibile non commentare; ne riproduciamo gli elementi salienti:
«A quanto appreso dalla Staffetta, a un primo controllo formale dei dati comunicati dagli operatori (N.d.R.: all’Anagrafe dei punti vendita carburanti del Ministero) i punti vendita censiti sono poco meno di 21.800. E già su questo primo dato servirà un incrocio con i dati dell’Agenzia delle Dogane che registrano quasi 25.000 punti vendita.
Sul totale, 21.250 risulterebbero formalmente in regola con le norme sull’incompatibilità.
Gli incompatibili “confessi” sarebbero, dunque, circa 550 di cui poco più di 400 risulterebbero “adeguabili”.
Gli impianti “da chiudere” sarebbero dunque meno di 150.
Ora inizia un lavoro di affinamento dei dati da parte delle amministrazioni coinvolte e di controllo della rispondenza delle autocertificazioni alla realtà, lavoro che necessariamente prenderà qualche mese, in capo al quale si potranno fare conti definitivi.»
La storia della razionalizzazione della rete – che, secondo la notizia più sopra riportata, sembra estinguersi con un finale veramente paradossale – viene da almeno quarantatre anni interventi di varia portata ed impostazione.
Tornando indietro nel tempo, la necessità della ristrutturazione della rete è ben presente sin dal Delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 23.12.1975 che, formalizzando il piano energetico nazionale, definiva due obiettivi primari: a) ridurre del 10 % la consistenza della rete e, b), elevare l’erogato medio degli impianti a 500 m3. Si continua con la Delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 23.12.1977, che assume i seguenti obiettivi: a) conferma della riduzione entro l’esercizio 1980 di un decimo della consistenza della rete distributiva, già prevista dalla citata Delibera di due anni prima, b) revoca delle concessioni marginali con erogato medio annuale inferiore a 100.000 litri nell’esercizio 1976, c) blocco del rilascio di nuove concessioni sino al termine del 31.12.1980, d) chiusura degli impianti situati nei centri storici, ove incompatibili con la tutela del patrimonio storico, ambientale ed architettonico, ovvero con la tutela della circolazione.
A sua volta, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 08.07.1978 recante «Direttive alle regioni a statuto ordinario per l’esercizio delle funzioni delegate in materia di distribuzione di carburanti», si stabilisce che il numero degli impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione debba essere ridotto: a) mediante chiusura entro il 31.03.1983 degli impianti che nell’anno 1976 avessero erogato una quantità non superiore a litri 100.000 di prodotti; b) mediante ulteriore eventuale chiusura di impianti, fino a raggiungere gradualmente entro il 1985 l’erogato medio europeo, principio questo ultimo confermato altresì dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31.12.1982. Tutto ciò, tuttavia, non bastando ad ottenere significativi risultati, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11.09.1989 stabiliva che, per un graduale adeguamento della rete distributiva alla situazione già in atto a livello europeo, occorresse perseguire una riduzione del numero di impianti, come premessa per una loro maggiore produttività. Con il Decreto del Presidente della Repubblica 13.12.1996 – che istituisce la così detta «banca decreti» -, si avvia al termine la fase, protrattasi per quasi un ventennio, caratterizzata da norme ed indirizzi di intervento gradualmente progressivi, tendenti alla razionalizzazione e ristrutturazione della rete distributiva.
Dal 1975 al 1998, la rete (autostrade escluse) passa da una consistenza di 38.900 punti vendita a 24.900 (dati Unione Petrolifera), con una riduzione di 35,9 punti percentuali in ventitre anni.
A questo punto, subentra la «riforma Bersani», ossia il Decreto legislativo 11.02.1998, n. 32, che, nelle more della prima liberalizzazione, contiene comunque elementi che richiamano riferimenti programmatori: ad esempio, all’articolo 3, laddove si ritrova un inciso significativo: «se al termine del periodo [N.d.R.: diciotto mesi o due anni] si registra un numero di impianti sensibilmente divergente dalla media dei rapporti fra il numero di veicoli in circolazione e gli impianti stessi, rilevati in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, …possono essere emanate ulteriori disposizioni attuative e integrative del disposto … al fine di perseguire l’allineamento alla predetta media». Il decreto prevedeva inoltre un periodo transitorio in cui per aprire un nuovo impianto se ne dovevano chiudere tre, inizialmente fissato con termine al 31.12.1999, successivamente prorogato al 30.06.2001 [Decreto legislativo 8 settembre 1999, n. 346] e poi ridotto nuovamente al 30.06.2000 [Legge 28 dicembre 1999, n. 496]. Già allora, se si fossero seguiti gli indirizzi di “allineamento alla media” con gli Stati di cui sopra, la rete sarebbe dovuta “dimagrire” del 44,7 % (da 28.200 a 15.600 impianti).
In attuazione delle norme più sopra citate, il Decreto 31.10.2001 (o, dal nome del Ministro, “Marzano”) sanciva un “Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti”, con l’esplicito obiettivo di “Razionalizzare l’offerta attraverso la riduzione del numero di impianti e conseguente aumento dell’erogato medio”, da conseguirsi in via prioritaria con l’azione di “favorire la chiusura degli impianti incompatibili, non adeguabili con il loro eventuale riposizionamento o delocalizzazione” e normando puntualmente, per questa azione prioritaria, la “Definizione delle incompatibilità”.
Ma successivamente si cambia interamente registro, virando drasticamente il timone dalla fase della “programmazione” a quella della “liberalizzazione”. La procedura di infrazione comunitaria 2004/4365 per “incompatibilità delle norme nazionali e regionali relative all’installazione e all’esercizio di stazioni di servizio con l’articolo 43 del trattato CE che sancisce la libertà di stabilimento nel mercato interno”, porterà, in pochissimi anni, alla “de-programmazione” della rete, con le misure della Legge 06.08 2008, n. 133, la quale travolse ogni vincolo su distanze minime, bacini territoriali, superfici minime, obbligo di attività collaterali. La Legge 24.03.2012, n. 27, a sua volta, dette il via libera agli impianti interamente automatizzati. Dal 1998 al 2008, la rete (sempre autostrade escluse) passa da una consistenza di 24.900 punti vendita a 22.300 (dati Unione Petrolifera), con una riduzione di 10,4 punti percentuali in dieci anni.
Data al settembre del 2013 la prima bozza del decreto “del fare 2”, contenente, all’art. 4, già allora le norme sull’Anagrafe degli impianti, sulla chiusura degli impianti incompatibili e non sanabili secondo le vecchie linee guida “Marzano” – “con l’obiettivo indicativo di giungere in un biennio alla chiusura e smantellamento di 5.000 impianti inefficienti o incompatibili e all’azzeramento della componente di differenziale tra prezzo medio italiano e prezzo medio europeo dei carburanti derivante dalla inefficienza della rete italiana”, successivamente “adottata” dal Consiglio dei Ministri del 13.12.2013, ma non già portata al dibattito nelle aule parlamentari.
E la “razionalizzazione della rete” dovrà aspettare, tra altalenanti vicende, quasi altri quattro anni ancora, fino al 2017 per diventare legge dello Stato, il che accadrà, infine, con Legge 04/08/2017 n. 124 «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», con modifiche successivamente apportate in Legge 27.12.2017, n. 205, per i termini ultimi di adempimento della registrazione all’Anagrafe. Dal 2008 al 2018, la rete (stando ai dati dell’Anagrafe del Ministero anticipati da STAFFETTA) passa da una consistenza di 22.300 punti vendita a 21.800, con riduzione di 2,4 punti percentuali in un decennio.
In 43 anni la rete italiana si è ridotta del 43,9 % rispetto alla consistenza che aveva agli inizi degli interventi in materia di razionalizzazione. Ma, nello stesso periodo, la Francia ha avuto una riduzione dei numero di impianti pari al 73,6 %, il Regno Unito del 72,6 % e la Germania del 58,3 %, ma il dato di partenza per la Germania è sottodimensionato perché riferito alla sola Repubblica Federale prima della riunificazione, mentre quello finale è relativo al Paese riunificato. 21.800 impianti sono ancora troppi rispetto agli 11.200 della Francia, ai 14,500 della Germania ed agli 8.500 del Regno Unito, per non parlare ovviamente degli erogati. Così come si è lontani da quella ipotetica “quota giusta” di 15.000 impianti, un obiettivo già calcolabile nell’ormai lontano 1998.
Continuando con la prima citazione, scrive ancora STAFFETTA il 26.09.2018: «Nelle aspettative di chi aveva messo a punto l’accordo unitario sulla razionalizzazione, poi finito nella legge sulla concorrenza, l’anagrafe avrebbe dovuto consentire di individuare qualche migliaio di punti vendita incompatibili». Ed in effetti tutti si attendevano od ancora attendono qualcosa, a seconda degli interessi che rappresentano: uno strumento “per combattere l’illegalità”, la possibilità di recuperare quote di mercato pulendo il settore dai “marginali” indipendenti, l’opportunità di vendere qualche litro in più, il raggiungimento di un obiettivo che consenta di “ricompattare il settore” trasversalmente…E c’è persino chi ha detto, da un versante, purtroppo, che avrebbe dovuto essere insospettabile, che prima della stagione dei “contratti” viene quella della “ristrutturazione”, che ne sarebbe, anzi, una precondizione…
Ora, la chiusura per legge di (ben!) 150 impianti – questo l’effetto della “ristrutturazione reale”, non di quella “ideologica” su cui si sono sprecate fin troppe parole – significa una riduzione della rete stradale pari allo 0,69 % del numero dei punti vendita. Un risultato persino peggiore di quello operato sulla rete autostradale dal Decreto MIT-MiSE del 2015, che raggiungeva “addirittura” l’1,94 % (con il “combinato disposto” di chiudere 25 impianti vecchi su 463 totali e di aprirne 16 nuovi). Se tutto dovesse davvero finire con questi numeri, dopo la citazione dell’articolo di STAFFETTA, la seconda citazione non potrebbe che essere quel noto detto del poeta latino Orazio: “I monti avranno le doglie del parto, nascerà un ridicolo topo“…