ULISSE: IL COMODATO VADA IN PENSIONE !

avventure ulisse

Nel suo viaggio per le reti europee ed italiche, Ulisse alias Riccardo PIUNTI, ricompare ancora una volta sulla STAFFETTA QUOTIDIANA di venerdì 22 luglio, con un titolo che è già un programma in sè: «Rete carburanti, perché è ora di mandare in pensione il comodato»

Vediamo [per g.c.] quale è il suo esatto pensiero in merito:

<< Nel suo tour di comparazione fra Italia ed Europa, alla ricerca della via per rendere possibile ricondurre la prima [l’Italia] nella seconda [l’Europa], il nostro Ulisse ha già cercato di percorrere tutte le strade, in altre parole di analizzare tutti gli aspetti delle differenze esistenti fra le due differenti realtà. Orbene, in ognuna di queste strade, larghe o strette, tortuose come lo Stelvio o diritte come l’Appia antica, ha finito sempre per inciampare nello stesso sasso in mezzo alla via, nello stesso ostacolo normativo e comportamentale, il Comodato; in breve si tratta quella forma contrattuale che lega Compagnia e Gestore, imponendo alla prima di cedere la Stazione-oil in uso gratuito e vendere il carburante al gestore, il quale, a sua volta, lo rivende al consumatore, impegnandosi, peraltro, all’acquisto in esclusiva dalla compagnia stessa.

Della necessità di mettere mano al Comodato, nel mondo Italiano dei carburanti, si parla da anni, quanto meno dagli oltre venti anni trascorsi dopo la liberalizzazione definitiva dei prezzi nel 1994 [con i vari passi precedenti]. È una storia un poco simile a quella delle riforme costituzionali, delle quali si parla da decenni con commissioni, dichiarazioni, programmi…

Vale tuttavia la pena fare un salto all’indietro nel tempo a ricordare quale fosse il contesto del settore, dal punto di vista strutturale e commerciale, quando il Comodato regnava indiscusso e senza oppositori. Per non andare troppo indietro, viaggiamo nel tempo all’inizio degli anni ’80, quando il nostro Ulisse iniziò a lavorare nel settore.

[Nota: a questo punto del discorso, Ulisse fa una serie di grafici che rappresentano: a) la struttura della rete distributiva nel 1980 e nel 2014; b) l’evoluzione delle vendite di benzina e gasolio sulla rete nello stesso periodo; c) l’erogato medio delle stazioni, d) la situazione del parco circolante]

I dati quantitativi in sé indicano un cambiamento importante nel senso di crescita del mercato (parco circolante +97%, consumi +26%); d’altro canto va segnalato come il numero delle “vere” stazioni di servizio sia passato dal 19% del totale al 45% circa di oggi, mentre il numero complessivo dei punti vendita [grandi e piccoli] si è andato, nel contempo, praticamente dimezzando. In altri termini, in quel periodo, il numero delle stazioni ha cominciato a scendere in modo significativo, “falciando” chioschi e punti isolati [i veri figli legittimi del comodato] e riducendone il numero dell’82% [vuoi con chiusure o rifacimenti]. La “vecchia rete” era quindi in gran parte una rete d’impiantini stradali, con i due erogatori sul marciapiede, gestita da un gestore che normalmente se ne occupava da solo o con il supporto della famiglia.

Come incideva il Comodato nella vita di questo gestore? Il fatto di acquistare e rivendere la benzina cosa implicava per lui e per le Oil Company?

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Il gestore. Effettivamente, nel 1980, doveva comprare la benzina [con il conseguente impegno finanziario] seppure con una capacità delle cisterne e con volumi di scarico molto ridotti; all’epoca il famoso “Drop” degli studi logistici degli anni ’80 e ’90 [quello che poi dovrà essere aumentato a tutti i costi] era ancora in fase di studio e gli scarichi non erano ottimizzati, ma adattati al bisogno. Quindi, anche l’impegno finanziario era relativamente contenuto. Tuttavia il gestore:

– non aveva il problema delle frequenti oscillazioni di valore della merce [i prezzi CIP di allora cambiavano con frequenza plurimensile e certo non potenzialmente giornaliera come oggi fanno i prezzi liberi];

– peraltro le oscillazioni erano di ampiezza limitata e ben prevedibili nel tempo; il meccanismo del pricing era pilotato, monoliticamente, dal CIP e nessun tipo di competizione o variazione era possibile.

Inoltre, il gestore:

– non doveva occuparsi della competizione nei prezzi, né di over o underpricing, sconti o promozioni o altre dinamiche legate ai prezzi;

– non doveva svolgere altre attività [il non-oil] o magari in coerenza gestiva soltanto un garage o gommista;

– i flussi di approvvigionamento erano univoci e stabili e, di fatto, non lo riguardavano.

In conclusione, se da un lato doveva sì comprare e rivendere il carburante, in realtà svolgeva un semplice servizio da commissionario, pur con un contratto completamente diverso. Anche il tema dei cali, che pure lo coinvolgeva, era di momento contenuto: gli approvvigionamenti provenivano in gran parte da depositi Nazionali alimentati periodicamente dai grandi SIF, secondo una modalità logistica che le successive ottimizzazioni hanno eliminato; i primi, svolgendo un ruolo di cuscinetto, garantivano temperature contenute e stabili alla consegna.

Le compagnie. Le Oil Company, da parte loro, non sentivano certo il bisogno di investire in stazioni di piccola taglia, mentre il problema era di ridurne il numero; il non-oil era ancora una “diceria” su quanto avveniva all’estero, il prezzo era un problema di negoziazione col governo per ottenere incrementi delle voci di costo e, poi, miglioramenti sulla metodologia di confronto con l’Europa. Anche le tecnologie di controllo a distanza, l’informatica distribuita, non offrivano, all’epoca, alcuno spunto utile per cercare di colmare il gap di continuità fra Compagnia e Gestore, anche perché praticamente non esistevano. Ricordo che i primi computer da tavolo M20 Olivetti apparvero sulle scrivanie dei più giovani e aperti impiegati nei primi anni ’80 con in dote il Multiplan (il padre di Excel) mentre gli unici telefoni mobili erano quelli fissi nelle auto di gran lusso. Insomma, non esisteva alcuna esigenza di intervenire sul Comodato perché non era di ostacolo, da un lato, e, dall’altro, riduceva i rischi potenziali in un sistema altamente distribuito che era altrettanto poco controllabile a distanza.

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La liberalizzazione. La liberalizzazione dei prezzi [avviata nel ’91 e attuata fra il ’93 e il ’94] portò scompiglio in tutto questo sistema. Infatti le Compagnie cominciarono a cercare modalità di gestione dei prezzi, iniziando le prime differenziazioni e, quindi, diversificazioni in base alla qualità prodotti, ai costi logistici di rifornimento, avviando regionalizzazioni dei prezzi in funzione della catena logistica nonché i piccoli primi assaggi di competizione. Dall’altro lato, si cominciò a porre, anche a livello di Autorità di controllo, il tema di intervenire per evitare che la liberalizzazione [almeno queste erano le buone intenzioni] si trasformasse in cartello. Avendo dinnanzi un sistema basato sul comodato, si iniziò a ragionare su come ottenere che i gestori si comportassero in modo indipendente dalle Compagnie e molti dei loro sforzi, a cominciare dal provvedimento di condanna delle Compagnie per parallelismo nelle politiche di pricing, erano indirizzati a garantire che questo anello della catena fosse ben oliato dal punto di vista della competizione. Paradossalmente si era dimenticato che l’Europa funzionava diversamente, che in Europa il pricing era in mano alle Compagnie perché il gestore, per i carburanti, svolgeva un servizio e non era un trader intermedio.

L’Autorità argomentò a lungo sugli sconti che il gestore avrebbe dovuto fare rispetto al prezzo consigliato [vedi provvedimento Antitrust del 2000], argomentò come il fatto che il gestore non facesse sconti rispetto al prezzo consigliato fosse causato da un presunto cartello delle Oil Company. Insomma dissertarono di un sistema tutto teorico ma non indicarono quella che pur era a portata di mano, la pratica via Europea al rapporto gestore-compagnia. Ricordiamoci come tutti i ragionamenti allora fatti dalla Autorità nel provvedimento di condanna del 2000 si concentravano sull’underpricing che i gestori avrebbero dovuto fare rispetto al prezzo consigliato; vediamo oggi, invece, come le cose siano andate in modo diverso e il tema oggi sia, se del caso, l’overpricing [“nostra indiscussa prerogativa”, secondo alcuni gestori oggi nei loro forum]; pensiamo quindi come tutte quelle riflessioni allora condotte possano oggi apparire stridenti sia con i fatti sia a confronto con il funzionamento della normale competizione in Europa che ha lasciato, senza compromettere la concorrenza, il prezzo in mano ai proprietari delle stazioni.

Veniamo ora ai nostri tempi e vediamo come, al contrario, il Comodato sia divenuto d’impaccio per una moderna gestione della catena del valore.

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Il gestore. La finanza del gestore è duramente colpita da un lato dal costo di una grande cisterna da riempire; gli scarichi tendono a essere il massimo possibile o, comunque, a frequenza fissa, implicando difficoltà nella gestione della cassa di una piccola impresa come quella del Gestore. Peraltro i rischi sul valore della merce sono diventati enormi; da un giorno all’altro, siamo abituati, si possono avere oscillazioni anche di 30 $ per tonnellata [2 centesimi al litro] che, su una cisterna da 50.000 litri, assommano a 1.000 €, così, in un lampo, fra un tramonto e un’alba. Del resto oramai tutti ben sanno come l’evoluzione del trading, il fatto che ogni carico fisico di prodotto o greggio sia moltiplicato per 100 nel mercato paper, hanno portato a un mercato sensibilissimo e, francamente, alquanto isterico. Lo sanno anche quei gestori più sofisticati che si interrogano sul trend del mercato internazionale financo prima di accettare la consegna del trasportatore della loro Oil Company. I cali, anche per le maggiori temperature di consegna a seguito dell’accorciamento della catena logistica, sono uno stabile punto di frizione con la Compagnia. La diffusione delle fuel card incrementa incroci finanziari e le pendenze nel rapporto contrattuale [basta ricordare quale sia il meccanismo formale in questo caso: la Compagnia, al momento della erogazione, riacquista il prodotto dal gestore con il quale quindi apre una partita “anomala” di senso inverso a quello naturale…]. Il pricing, al di là della pratica abbastanza normale di overpricing, è comunque un tema di attenzione e, direi, anche impegno per il gestore. Campagne promozionali, buoni sconto, gadget… tutto finisce per creare ulteriori partite aperte con la Compagnia. E conflittualità.

La compagnia.

– la Oil Company potrebbe incrementare la efficienza del sistema di trasporto usando le cisterne della stazione, sorvegliate a distanza, come proprie [peraltro lo sono], lasciando spazio alla ottimizzazione del trasporto [e al controllo della regolarità degli scarichi]… ma non può;

– vorrebbe controllare direttamente il pricing senza l’anello di trasmissione del gestore che, come mostrato in precedenza, potrebbe seguire politiche diverse e potenzialmente negative per l’insieme, proprio perché viste da un solo punto di vista… ma non può;

– potrebbe pilotare a distanza in modo automatico le variazioni di prezzo con frequenza elevata, anche più volte al giorno, a seguire passo passo concorrenza e flussi di traffico… ma non può;

– potrebbe creare una migliore contrattualistica per separare oil e non oil, cercando poi di ricomporli assieme con una politica globale di budget di stazione e con l’integrazione informativa… ma non può.

Bene, siamo alla fine di questa descrizione d’impacci e vincoli, di questa lunga serie di condizionali tutti in qualche modo connessi o derivanti dal Comodato; questi non ne ha colpa. Quando ha iniziato la sua pur brillante carriera era forse la migliore delle soluzioni possibili.

Poi è arrivata l’informatica distribuita ma integrata, le telecomunicazioni e i telecontrolli, le Stazioni moderne, i bar, la logistica moderna con i suoi parametri di efficienza da rispettare, il mercato “un po’ isterico del trading”, il pricing libero, locale e stazione per stazione, insomma…il nostro mondo, nel quale “il vecchio Comodato” è come un anziano generale di cavalleria che va alla guerra con i droni; per lui, crediamo, è oramai giunta l’ora della pensione.>>

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