«DOVE VA LA RETE CARBURANTI?»
— 11 Dicembre 2016Dopo lo spazio riservato su Figisc Anisa News n. 29 del 03.12.2016 all’intervento del Presidente di UNIONE PETROLIFERA, citiamo ancora una volta i lavori del workshop organizzato da RIE ed ENERCOOP «Dove va la rete carburanti?», svoltosi a Roma il 1° dicembre, sul quale ritorna STAFFETTA, nel numero del 7 dicembre, per riferire quanto di seguito [per g.c.] pubblichiamo.
<<Torniamo al convegno sulla rete organizzato la scorsa settimana a Roma da Rie ed Energya, e in particolare sugli interventi di Andrea SALSI di ASSOPETROLI e di Luca UNGARO di AUTOSTRADE PER L’ITALIA. partendo da quest’ultimo, che ha fornito una descrizione piuttosto ottimistica sullo stato della rete autostradale all’indomani della conclusione dei bandi per l’assegnazione delle aree di servizio (tutti tranne Autobrennero e Anas).
Con il decreto ministeriale sui nuovi criteri per l’affidamento delle aree di servizio autostradali “abbiamo razionalizzato la rete”, ha detto Ungaro. “Abbiamo chiuso una trentina di aree di servizio, fatto un ribilanciamento delle royalty tra parte fissa a parte variabile, ridotto l’aliquota pro litro o sul fatturato. Oggi la rete autostradale è più pronta a servire il mercato. Nel 75-80% delle aree di servizio autostradali c’è il Gpl, quelle con il metano sono passate da 10 a 20”, ha aggiunto. E quanto al problema del differenziale di prezzo dei carburanti rispetto alla rete ordinaria (intorno ai 18 centesimi al litro sul servito e ai 12 sul self service), secondo Ungaro la responsabilità è delle società petrolifere che “hanno voluto inseguire le pompe bianche”, ha detto a margine del convegno.
Una situazione, quella delle autostrade, che secondo diversi operatori non è però così rosea. Il Presidente di ANISA, Stefano CANTARELLI teme ad esempio che ci sia già bisogno di una seconda razionalizzazione, anche perché è tutto da dimostrare che i “nuovi entranti” possano garantire i volumi dei big come Eni ed Esso, che in autostrada fanno il 40% dei volumi attraverso le carte.
Tra gli emergenti c’è sicuramente SARNI, che si è aggiudicata diversi lotti integrati “oil-non oil” e, si legge sul suo sito internet, gestisce già 20 impianti di distribuzione. E proprio per questo è stata “interpellata” dai gestori per firmare un accordo nazionale.
Non che la situazione sulla rete ordinaria sia più allegra. Oltre a SPINACI, anche il Vicepresidente ASSOPETROLI ne ha offerto un quadro piuttosto sconfortato. La crescita delle pompe bianche, ha detto, è stata agevolata “dall’abbondanza di prodotto e dal graduale ritiro delle compagnie dal downstream”, di cui è un esempio “l’imminente uscita della Esso dal mercato italiano”. Gli indipendenti, insomma, hanno sfruttato il sempre maggiore spazio dato delle liberalizzazioni, mentre le compagnie si sono disamorate per via dei margini decrescenti e della razionalizzazione mancata. “Quello dei marchi indipendenti – ha aggiunto – non è più un fenomeno caratteristico solo di alcune regioni ma è ormai diffuso su tutto il territorio. E, certo, un ruolo ce l’ha anche il fenomeno dell’illegalità che tiene sul mercato alcuni piccoli impianti. Un punto vendita da 300mila litri l’anno, nelle condizioni attuali di margini e di concorrenza può esistere solo grazie all’illegalità”. Anche per questo, ha concluso, “è finito per i privati il tempo di difendere il proprio orto. I singoli avranno vita breve perché aggrediti dall’illegalità o dalla Gdo. In questo momento vediamo che il settore ci sta scappando di mano, quindi collaboriamo”.>>