«EQUE CONDIZIONI» SECONDO L’INDUSTRIA PETROLIFERA
— 27 Novembre 2016Qualcuno si ricorderà forse ancora del famoso concetto di «eque condizioni».Se ne è parlato diffusamente le ultime due volte su Figisc Anisa News n. 5 del 22 gennaio 2016 e n. 39 del 15 dicembre 2015. Riprendiamo, a distanza di tempo, l’argomento brevemente per riferire una «pratica» applicazione del concetto dal versante dell’industria petrolifera.
Un gestore “Tizio” si prende la briga di comunicare con assiduità alla propria compagnia di marchio “Caio” [abbiamo «camuffato» ovviamente tutti i nomi e vincono un peluche virtuale tutti quelli che indovinano di quale azienda stiamo parlando] le differenze di prezzo che riscontra puntualmente nell’ambito del territorio tra il proprio ed altri impianti – soprattutto dello stesso marchio! -; differenze tali che non possono altro che presupporre a monte condizioni di fornitura discriminanti e tali da determinare sviamento della clientela, perdita di erogato e conseguente insostenibilità dei conti economici della gestione.
Tale sistematicità finisce per, diciamo così, «dare ai nervi» alla compagnia tirata in ballo, al punto che, dopo un periodo di indifferenza, i suoi funzionari, giorni fa, scrivono al gestore “Tizio” quanto segue: «… Respingiamo le sue contestazioni e richieste di riallineamento dei prezzi di fornitura in quanto pretestuose ed infondate…gli impianti a marchio “Caio” nonché quelli gestiti da “Gestioni Sempronio” menzionati nelle sue comunicazioni sono impianti per nulla comparabili a quello da lei gestito quanto ad ubicazione, clientela e struttura. Ciò esclude in radice la possibilità di un raffronto tra i prezzi praticati a tali impianti e quelli praticati a quello da lei gestito…».
Nella comunicazione, piccata, dell’azienda, in pratica, si dice a) che “Tizio” non deve insistere a tormentare l’azienda per lamentare discriminazioni che sono tuttavia palesi a chiunque, b) che le condizioni, notevolmente divergenti, di fornitura esistono, c) che le discriminazioni, ancorchè palesi, nelle condizioni di fornitura ossia nel prezzo di cessione, sono comunque legittime in quanto… d) gli impianti presi ad esempio – ancorché dello stesso marchio o gestiti da aziende funzionali direttamente al marchio, come “Gestioni Sempronio” – non sono paragonabili lontanamente per ubicazione, clientela e struttura a quello del signor “Tizio”.
Il che equivale a sostenere che il prezzo di cessione in modalità self in un impianto automatizzato «deve» essere molto diverso da quello in modalità self in un impianto che presenta due modalità di vendita e che la clientela che si serve in quella modalità è diversa nel primo impianto rispetto a quella del secondo impianto. E, volendo tirare la corda ed essere fiscali, neppure la clientela è mai la «stessa», se proviene, diciamo, da Labico, e si rifornisce sulla S.S. 6 in un ipotetico distributore del marchio “Caio”, rispetto a quella che si rifornisce sulla S.S. 6 in un secondo ipotetico distributore del marchio “Caio”, ma proviene, sempre diciamo a titolo di esempio, da Valmontone [(distanza 3,2 km) e difatti i primi si chiamano «labicani» e i secondi «valmontonesi», che non è proprio la stessa cosa], circostanza in sé bastante a giustificare diversi, e di molto anche, prezzi di gestione. Insomma, non c’è «mai» un impianto uguale all’altro, ragion per cui non c’è mai una «equa condizione»: mancando il confronto, infatti, esistono solo «condizioni»….
La vicenda del gestore che abbiamo riferito, richiama, purtroppo, quanto già scritto a suo tempo:
«Le “eque condizioni”, cioè la competitività deve essere misurata in relazione “agli altri impianti con medesime specifiche”……..Che significa?
Che il confronto è ammissibile solo tra impianti esattamente sovrapponibili per modalità di servizio, potenzialità attrattiva, assetto, dimensione, allocazione entro quell’entità indefinita ed astratta che risponde al concetto di “micro mercato di riferimento”…Il che vuol dire inevitabilmente una parcellizzazione infinitesimale delle variabili di interfaccia degli impianti tra i quali è possibile instaurare un confronto sulle condizioni di competitività. In buona sostanza [forse è una conclusione pessimistica] può accadere che siano confrontabili tra essi, forse – ma ad avere proprio decisamente fortuna –, due impianti alla volta, e sempre ammesso che ci si possa accordare sull’ambito territoriale [“micro mercato”]. Il che condiziona e riduce di molto sia la reale efficacia di clausole negli accordi, sia l’insorgere di contenziosi per inosservanza sia delle clausole sia della norma generale sulle “eque condizioni” che si possano fondatamente proporre ad un giudice». [g.m.]