TERZO PRODOTTO: CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA REGIONE PUGLIA
— 27 Novembre 2016Contro l’obbligatorietà del così detto «terzo prodotto» negli impianti di distribuzione carburanti è nuovamente intervenuta la CORTE COSTITUZIONALE con la Sentenza n. 239/2016, decisa il 5 ottobre e depositata in data 11 novembre.
La legge della Regione Puglia 16 aprile 2015, n. 24 [Codice del commercio], all’articolo 45 stabilisce che i nuovi impianti di distribuzione del carburante devono essere dotati di almeno un prodotto ecocompatibile GPL o metano, «a condizione che non vi siano ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi».
La Presidenza del Consiglio dei Ministri promuove il 22 giugno 2015 ricorso contro la legge presso la Corte Costituzionale. Secondo il Governo, con la disposizione dell’articolo 45 della 24/2015 quale legiferata dalla Regione Puglia, viene introdotta una barriera all’accesso al mercato della distribuzione di carburanti in rete, perché si introduce un obbligo asimmetrico [gravante, cioè, solo sugli operatori nuovi entranti] di fornire un prodotto eco-compatibile: in particolare la norma regionale stabilisce l’obbligo come regola, prevedendo come eccezione la possibilità di dimostrare che ottemperare a tale obbligo determini ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e sproporzionati [così da addossare l’onere della prova al richiedente], mentre la legislazione statale – segnatamente l’articolo 17, comma 5, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 [Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività], convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27 – pone come regola la libertà di iniziativa e come eccezione l’imposizione di obblighi asimmetrici, subordinandoli al rispetto della proporzionalità [il cui onere probatorio ricade, quindi, sull’ente che rilascia l’autorizzazione].
Secondo il Governo sarebbe palese, pertanto, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in materia di tutela della concorrenza e dell’art. 117, primo comma, Costituzione per mancato rispetto degli obblighi assunti nei confronti dell’Unione europea.
La Regione Puglia, resistente nel ricorso, osserva che la censura governativa sarebbe infondata nel merito con riguardo alla dedotta violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in quanto le disposizioni statali e regionali sarebbero concordi nel sollevare gli operatori dall’obbligo di offerta di più tipologie di carburanti quando ciò comporti ostacoli tecnici od oneri economici eccessivi e non proporzionati alle finalità dell’obbligo. Una simile lettura costituzionalmente orientata dell’impugnato articolo 45 consentirebbe di escludere qualsiasi violazione costituzionale, né sarebbe chiaro, secondo la resistente, perché tale interpretazione sia stata esclusa, ad esempio, dalla Corte costituzionale con riferimento ad una disposizione di analogo tenore della Regione Umbria – che è stata dichiarata illegittima con la sentenza n. 125 del 2014.
Infine – si difende ancora la Regione Puglia – in ordine alle prescrizioni contenute nell’impugnato articolo 45 della legge reg. n. 24 del 2015, in materia di distribuzione del carburante, la resistente ha richiamato la recente sentenza n. 105 del 2016 della Corte costituzionale, che avrebbe confermato la legittimità di disposizioni analoghe a quelle della Regione Puglia [si tratta delle disposizioni della Regione Lombardia di cui all’articolo 1, comma 1, lettere d) ed e), della Legge regionale 19 dicembre 2014, n. 34, si veda anche Figisc Anisa News n. 13 del 16.05.2016].
Il Collegio giudicante così si pronuncia sull’argomento: «Il citato art. 45 stabilisce che i “nuovi” impianti di distribuzione del carburante devono essere dotati di almeno un prodotto ecocompatibile GPL o metano, “a condizione che non vi siano ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi”. Si tratta di una norma che introduce come regola un obbligo asimmetrico, in quanto gravante solo sui nuovi distributori, pur prevedendosi in via di eccezione la possibilità di derogarvi, ove l’interessato ne dimostri l’eccessiva onerosità sul piano tecnico o economico.
La legislazione statale, invece, pone come regola, a tutela della concorrenza, la libertà d’iniziativa da parte dei singoli distributori, stabilendo solo in via d’eccezione la possibilità di imporre obblighi asimmetrici, sempre subordinati al rispetto della proporzionalità. E Nel caso della legge regionale in esame, l’onere della prova dell’eccessiva onerosità ricade sull’operatore economico, mentre nel caso della legge statale esso grava, al contrario, sull’Ente che rilascia l’autorizzazione».
E sulle sentenze già pronunciate sull’argomento nei confronti della legislazione delle Regioni Umbria e Lombardia, il collegio specifica: «Questa Corte, con la sentenza n. 125 del 2014, ha ritenuto – pronunciandosi sull’art. 43 della legge della Regione Umbria 6 maggio 2013, n. 10, di contenuto del tutto analogo a quella impugnata in questa sede – che simili previsioni regionali determinano una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di tutela della concorrenza, in quanto rendono eccessivamente oneroso l’ingresso di nuovi operatori entranti in un determinato settore di mercato, con correlativa discriminazione concorrenziale tra operatori già presenti e quelli che intendano accedervi. Anche la già citata sentenza n. 105 del 2016 – che pure ha ritenuto non illegittimo l’art. 1, comma 1, lettere d) ed e), della legge della Regione Lombardia 19 dicembre 2014, n. 34 [Disposizioni in materia di vendita dei carburanti per autotrazione. Modifiche al titolo II, capo IV della legge regionale 2 febbraio 2010, n. 6 ‒ Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere), che prevedeva la presenza contestuale di più tipologie di carburanti – si inserisce coerentemente nel corso dei precedenti della Corte sul punto. Nella specie la violazione costituzionale è stata esclusa rimarcandosi, in particolare, che la legge regionale censurata introduceva l’obbligo anche per gli impianti esistenti in caso di loro ristrutturazione, così da attenuare se non escludere, l’asimmetria tra vecchi e nuovi operatori; inoltre, si è sottolineata la transitorietà del vincolo, previsto “fino al completo raggiungimento di tutti gli obiettivi di programmazione regionale”. Tali peculiarità di disciplina – che hanno indotto questa Corte a evidenziare specifici caratteri di flessibilità nella legge regionale lombarda sui distributori di carburante, così da superare il vaglio di legittimità costituzionale – non sussistono, per contro, in riferimento alla legge della Regione Puglia qui censurata, del tutto sovrapponibile a quella umbra dichiarata illegittima. Non vi è infatti, nella legge regionale impugnata in questa sede, alcun elemento da cui desumere margini di flessibilità o caratteri che denotino la transitorietà del vincolo. Tali rilievi conducono questa Corte a esprimere una valutazione negativa della ragionevolezza e della proporzionalità della norma regionale impugnata, in coerenza con i precedenti in tal senso».
E quindi sentenzia, dichiarando l’illegittimità costituzionale – assieme ad altri articoli della medesima legge aventi rilievo per la materia del commercio al dettaglio e degli orari degli esercizi commerciali al dettaglio – dell’articolo 45 della legge Regione Puglia 16 aprile 2015, n. 24 [Codice del Commercio].
Insomma, una storia infinita su cui sembrano emergere tuttavia precisi profili giurisprudenziali: a) che non possono essere posti obblighi del terzo prodotto solo in capo ai nuovi impianti e non a tutti gli impianti; b) che i criteri di «eccessiva onerosità sul piano tecnico o economico» devono essere definiti da una direttiva generale sul territorio nazionale proveniente dal Ministero [è, del resto, quanto già contenuto nel disegno di legge «Concorrenza», fermo nei cassetti del Parlamento]; c) che, probabilmente, anche l’imposizione di vincoli generalizzati non può essere che transitoria e non permanente.