PREZZI: TRA LA MORAL SUASION DI RENZI ED I 21 MLD EURO DI MONTI
— 25 Gennaio 2016Si torna dunque a parlare di prezzi: non perché aumentano, ma perché diminuiscono poco rispetto a quanto crollano le quotazioni del greggio e dei prodotti raffinati.
Ne parla persino il Premier Matteo RENZI per chiedere al suo Ministro GUIDI di fare un «predicozzo» [moral suasion] ai petrolieri per far diminuire maggiormente il prezzo, di cui però «non può essere il governo per decreto a fissare» il valore in un regime di libero mercato.
Vale la pena di ricordare al Premier l’argomento sul quale glissa: il peso delle imposte, che sono diminuite solo per l’effetto di trascinamento sull’IVA del crollo delle quotazioni dei prodotti finiti e del greggio, che restano superiori ora di oltre 22 cent/litro rispetto alla media dell’Unione Europea [ma lo furono anche di 25 cent/litro negli anni scorsi] e sulle quali pesano ancora per il quinto anno consecutivo [salvo trabocchetti peggiori inseriti nelle clausole di salvaguardia delle varie leggi di stabilità] le stangate sulle accise – mai attenuate e riviste – del Professor Monti, che dal dicembre 2011 a fine dicembre 2015 hanno fatto pagare quasi 21,5 miliardi di euro in più agli italiani sui carburanti di maggiore consumo, benzina, gasolio e GPL [ne parliamo più estesamente in articolo successivo su questo stesso numero].
E lo stesso ricorso al concetto del libero mercato e del libero prezzo [non fissabile dal Governo per decreto] suona leggermente beffardo, se solo si pensi che per decreto il Governo ha stabilito nel tempo già per decreto e di fatto il prezzo, di cui determina, senza tanti giri di parole, una quota che è arrivata al 70 %.
Un aspetto, quello delle imposte, centrato – pur tra le riproposte polemiche su un prezzo che dovrebbe [magari sarebbe bene spiegare perché, se si ha una fotografia aggiornata del mercato, della rete e dei prezzi e non si guarda solo l’album delle foto vintage «seppiate»] essere inferiore a quello reale di circa 6 cent/litro – dalle associazioni dei consumatori che chiedono la riduzione delle accise di 5 cent subito nella prospettiva di un calo complessivo di 10 cent/litro a regime, per riavvicinare il livello impositivo a quello comunitario.
Una rivendicazione che FIGISC ed ANISA avevano – del tutto inascoltate anche all’interno dei settore, sarà bene ricordarlo! – già avanzato a metà del 2012, continuando da allora a porre in ogni occasione l’accento sulla questione dell’uso anomalo della fiscalità sui carburanti da parte dei Governi italiani.
Tutto ciò in un contesto di una durissima guerra dei prezzi della materia prima sul mercato internazionale che, senza escludere risvolti di ordine geopolitico, suscita non poche preoccupazioni e non poche conseguenze sui mercati finanziari, mettendo in forse assetti, investimenti e continuità delle condizioni materiali di estrazione ed approvvigionamento, in cui lo stesso Premier non può esimersi dal rilevare che «il petrolio a 25 dollari rischia di diventare un problema».
Sui prezzi e sui loro riflessi sulla rete e sulle vendite, sul peso delle imposte e sulle differenze col contesto europeo medio, FIGISC scrive da anni [nel solo 2015 su tale argomento ha postato sul proprio sito – senza forse, anzi senza neppure «forse», saperlo, oltre 3.200 pagine di dati], e non per puro sfizio statistico, ma per approfondire fenomeni che hanno un rilievo essenziale per i gestori ed anche per i consumatori, perché, nonostante le app sui prezzi, disponibili per iniziativa pubblica o privata su siti e cellulari, l’informazione sui fattori reali del prezzo è ancora – forse intenzionalmente, anzi senza neppure «forse» – estremamente opaca e sfuggente. Tornare ad occuparcene, come facciamo in questo numero dedicato alle «esternazioni» di questi giorni, né ci gratifica né ci allieta.
In margine alle dichiarazioni di Renzi, UNIONE PETROLIFERA si difende per spiegare che, in fondo, vi è una corrispondenza abbastanza approssimata tra le tendenze dei fattori internazionali ed i prezzi al consumo interni.
La spiegazione è aritmeticamente fondata, ma forse – vista da questa parte del banco – l’industria petrolifera dovrebbe spiegare anche perché vi sono due canali di prezzo per lo stesso prodotto, di cui uno è sistematicamente penalizzante per il gestore della rete, perché sia possibile [come ci viene segnalato in questi giorni] che uno stesso prodotto sia fatturato da una delle primarie compagnie petrolifere ad un prezzo di cessione differente di ben 24,6 centesimi/litri tra un impianto della rete ordinaria [forse in gestione diretta] ed un impianto della rete autostradale [affidato ad un gestore], perché la forbice tra prezzi in self ed in servito sia aumentata quasi del 60 % in un anno, e via dicendo.
Questioni tutte che riguardano – oltre che direttamente il gestore, che paga sulla propria pelle con la rovina economica sua e della sua famiglia e la perdita di posti di lavoro dei suoi dipendenti – anche i consumatori, cui, invece, si propone solo «il prezzo», occultando in un astuto «gioco a nascondino» almeno due cose importanti:
a) che sotto alla coperta più o meno rappezzata del prezzo si coprono regole di mercato totalmente non eque e rapporti economici leonini;
b) che lo Stato pretende di far camminare i mezzi di trasporto degli italiani, famiglie ed imprese, alimentando i loro motori ad accise.
[G.M.]