LA BORSA DEI CARBURANTI, OVVERO IL PLATT’S «INDIGENO»
— 2 Agosto 2015Sulla istituzione della «borsa nazionale dei carburanti», che potrebbe partire dal prossimo anno e sulla quale sono in atto consultazioni sulle piattaforme operative, pubblichiamo [per g.c.] l’articolo comparso venerdì 31 luglio su STAFFETTA, a titolo «Borsa carburanti, dubbi e curiosità».
Che l’istituzione di una specie di Platt’s made in Italy, peraltro pensato in tempi diversi da quelli attuali, sostanzialmente garantito da un soggetto pubblico come il Gestore dei Mercati Elettrici, «cambi la vita» al settore rispetto alla ai costi dei prodotti finiti attinenti alla distribuzione dei carburanti è cosa tutta da verificare in futuro e dipenderà dall’interesse degli operatori e dall’effettiva capacità di questo nuovo strumento di rappresentare realmente un mercato che, se riferibile solo al contesto nazionale, appare già in partenza decisamente limitato ed ovviamente comunque connesso e dipendente da molto più ampi mercati internazionali, anche se solo di area.
Ciò che, invece – al di là di «sovrastrutture» come il Platt’s made in Italy – , è già cambiato di suo è il settore della distribuzione, a valle della filiera petrolifera, sempre più avviato verso una progressiva terziarizzazione ed un abbandono di questa fase da parte dei tradizionali protagonisti – proprio perché la modesta capacità di questo segmento di remunerare investimenti e produrre profittabilità non rientra più nelle loro strategie -.
Con tutto quel che ne segue nella parte davvero terminale della filiera, ossia di quelle figure professionali e d’impresa – i gestori – che finora erano stati per un lungo periodo funzionali, nel bene e nel male, ad un sistema integrato e ad un modello che si sta rapidamente sbriciolando.
<< Potrebbe in teoria partire già alla fine dell’anno la borsa carburanti gestita dal Gestore dei Mercati Elettrici – GME. Le proposte di regolamento messe in consultazione in settimana sono infatti l’ultimo passaggio prima dell’approvazione definitiva con decreto del ministero dello Sviluppo economico. Al momento nel settore si registra curiosità, unita a qualche dubbio.
L’idea della borsa carburanti e della piattaforma logistica nacque al ministero dello Sviluppo economico alla fine del 2009, dall’allora Capo Dipartimento Bortoni, con l’intenzione di «liberare» il mercato petrolifero a monte, con un’impronta ricalcata sugli altri mercati regolati, quelli dell’energia elettrica e del gas. Ma l’ipotesi prese corpo all’inizio del 2012, con il decreto liberalizzazioni del governo Monti: nella fase di conversione in legge, fu approvato un emendamento parlamentare che disponeva che nel decreto legislativo di recepimento della direttiva sulle scorte petrolifere fosse inserito il progetto della borsa carburanti. La prima metà del 2012, ricordiamo, vide il record storico dei prezzi dei carburanti alla pompa, con la benzina vicina ai due euro al litro e il gasolio poco sotto. Il numero delle pompe bianche era circa la metà di quello di oggi. Gli «stacchi Italia» dalle medie europee erano intorno ai quattro centesimi al litro.
Oggi il mercato è completamente liberalizzato a valle (se escludiamo l’obbligo di Gpl e metano, oggetto di un nuovo intervento nel ddl Concorrenza); i prezzi, per quanto risaliti dai minimi di gennaio, sono ora di nuovo in calo e il tema dei carburanti è decisamente scivolato in basso tra le priorità della politica e della comunicazione. Gli «stacchi Italia» sono ormai da diversi mesi intorno a un centesimo di euro al litro, quando non addirittura negativi. Il mercato è ancora «lunghissimo».
Una situazione dunque completamente diversa, che a maggior ragione pone in primo piano la questione del senso e delle caratteristiche di un mercato organizzato all’ingrosso.
Il primo giro di opinioni e consultazioni, lo scorso anno, è servito a dare al GME un’idea delle caratteristiche di base di un mercato completamente nuovo e sostanzialmente diverso da quelli dell’energia elettrica e del gas. A quanto pare da una prima lettura delle proposte di regolamenti sono state recepite molte delle richieste degli operatori: la partecipazione ai mercati è facoltativa, come pure l’accettazione delle offerte, e il requisito minimo per la partecipazione alla borsa carburanti è il possesso di una licenza UTF. Un elemento che salvaguarda il mercato dall’intervento di operatori spregiudicati che imperversano ultimamente sul mercato con offerte quantomeno sospette, frutto molto probabilmente di illeciti. Quanto alla piattaforma logistica, si tratta di una sorta di «bacheca», con funzione descrittiva. Il GME sembra dunque aver adottato un approccio (giustamente) minimalista, probabilmente dettato anche dalla «cessata emergenza» sui prezzi.
………………D’altronde i prodotti petroliferi sono solo parzialmente standardizzabili, come lo sono invece l’elettrone o la molecola di metano, e tanto meno lo è la capacità logistica, del tutto diversa dalle reti elettriche o del gas. Quanto al segnale di prezzo che potrà uscire dalla borsa, è difficile contraddire quanto affermato dall’allora direttore del Platts, Jorge Montepeque: i prezzi non potranno che essere quelli del Mediterraneo, un mercato enormemente più liquido. «I mercati – disse Montepeque – sono talmente interconnessi che non è possibile avere un prezzo diverso. Se il mercato in Italia fosse molto grande e avesse un numero sufficiente di partecipanti, allora dovrebbe avere il proprio benchmark».
Ora, per quanto «leggeri» possano essere, questi mercati avranno comunque dei costi. Per partecipare alla borsa carburanti bisogna pagare delle commissioni – e già questo ne restringe l’appetibilità, in un mercato che gioca da qualche anno sul millesimo in più o in meno. La speranza è che non ci siano anche costi nascosti, anche perché liquidità e affidabilità non si acquisiscono da un giorno all’altro.
Ad essere interessati all’operazione dovrebbero essere soprattutto i retisti, che in passato hanno puntato il dito contro l’oligopolio sulla logistica e iniziano da qualche tempo ad affacciarsi sul mercato cargo per ottenere forniture a prezzi migliori. Eppure nessun commento è ancora giunto dall’associazione di settore. Certo è che molti sono legati a contrattazioni «vecchio stile» – e forse non si tratta solo di una «tradizione» ma semplicemente di una modalità che, vista la quantità di variabili in gioco, si adatta meglio al tipo di mercato in questione.>>