RIPARTIRE A SETTEMBRE CON UNA PROSPETTIVA

RIPARTIRE A SETTEMBRE CON UNA PROSPETTIVA

Se è pur vero che si va ora incontro al periodo feriale, non per questo non si dovrebbe cominciare a porre sul tavolo alcuni spunti di riflessione per la ripresa di settembre, a partire dalla necessità di avviare una approfondita fase di analisi sullo stato della situazione del settore e di confronto sulle prospettive dell’attività associativa.
È con questo intento che ho ritenuto di comprendere in questa prima sintetica esposizione, tutta una serie di questioni e di interrogativi emersi in occasione della riunione della Presidenza Nazionale della FIGISC, tenutasi qualche settimana fa a Milano, nel corso della quale si è avuto un confronto assolutamente franco e, proprio perché non compresso nel contesto di un particolare ordine del giorno da rispettare, assolutamente a 360 gradi.

In quella sede è stato espresso un giudizio meditato sulla vicenda della stipula degli accordi con le aziende petrolifere [ESSO, ENI, Q8, TOTALERG] che, partendo da una situazione definibile di «necessità» e dalla consapevolezza dei reali rapporti di forza tra le controparti, non può che essere estremamente cauto [e del tutto lontano da enfatizzazioni inutili e controproducenti], tanto più che tali accordi – che si sono sottoscritti solo per non consentire l’ulteriore abuso della contrattazione/coartazione individuale – non hanno avuto un sufficiente/soddisfacente riscontro economico, hanno cristallizzato punti non risolti [si veda, a titolo di esempio più significativo, la questione degli Easy Q8], stanno vivendo non poche difficoltà di concreta gestione e di boicottaggio aziendale e stanno, almeno i più datati [ESSO], già avviandosi verso la scadenza.

Se un aspetto può dirsi positivo – e forse non abbastanza valorizzato e compreso! – è che gli accordi stipulati hanno avuto almeno il pregio di fissare il principio [sulla cui osservanza è indispensabile vigilare con mille occhi] che il margine del gestore è, almeno formalmente, intangibile rispetto a quanto determinato in sede negoziale collettiva e che il gestore non deve ancora mettere quote del suo margine per sostenere lo sconto sul self a seconda delle pressioni dell’azienda. E che, in parte, gli accordi fanno pur testo in caso di un contenzioso legale. Ma ci si ferma qui.

Sono però evidenti tutte le precarietà di questi difficili equilibri faticosamente raggiunti: tutti questi accordi, tanto nella parte economica che in quella normativa che in quella gestionale, non sono oggi più fondati sul riconoscimento giuridico di una «remunerazione» del gestore o della «giusta» profittabilità della sua impresa [cioè su meccanismi «dovuti» o necessari per forza di legge], quanto su specifiche conciliabilità con le politiche commerciali del momento di questa o quella azienda petrolifera, nel contesto peraltro di una rete in cui c’è il ghost, la concorrenza a condizioni impari dei no-logo, la differenziazione delle modalità di servizio , ecc.

In questo preciso contesto, c’è da chiedersi intanto:

quanto durano le politiche commerciali del momento? e fino a quando si potrà evitare che ripartano altre variabili commerciali ed altre iniziative aziendali di questo o quel marchio, con un elevatissimo rischio sia, in primo luogo, di rimettere in discussione quella «intangibilità del margine» così faticosamente ripristinata, sia, in stretta connessione, di un abbandono della contrattazione collettiva per riprendere la pratica – oggi parzialmente arginata – del «one to one» sui gestori?

E ancora, riprendendo argomenti che hanno trovato ospitalità su Figisc Anisa News in tutta una serie di articoli dedicati ai prezzi, che valore reale possono avere princìpi ed enunciazioni pure estremamente importanti – e che si è faticato moltissimo per far almeno includere nei testi degli accordi – quali la «centralità del gestore» e le «eque condizioni per competere» quando il contesto ed i numeri del mercato reale dimostrano senza possibilità di smentita che il gestore è penalizzato a monte – cioè impossibilitato a competere – sia dalla differenza tra i prezzi di cessione tra il canale rete e quello extrarete, che dalla differenza dei prezzi tra gli impianti affidati in gestione e quelli gestiti dai marchi in forma diretta e/o ridotti a ghost?

Senza contare che la consistenza dei contenuti di legge [la legge 27/2012] sulle «eque condizioni per competere» è talmente evanescente che, credo [e vorrei sbagliarmi], un giudice preposto a valutare una causa civile in merito all’inosservanza delle «eque condizioni per competere» non abbia neppure strumenti validi per valutare quando la norma è osservata o disattesa e come si quantifichi l’eventuale indennizzo alla parte danneggiata in caso di violazione.

E se questo si può dire degli accordi – con piena consapevolezza, quindi, dei loro limiti e delle loro vulnerabilità, ma anche ricordando che da anni abbiamo il mondo intero contro e non solo le controparti naturali -, rispetto a cui bisogna affinare e produrre strumenti per emendare leggi carenti e costituire minime condizioni per sostenere l’azione legale -, vi sono altre questioni che non si possono eludere a lungo.

Regge ancora nelle condizioni in cui si trova da anni questo settore tutta l’impalcatura dei rapporti normativi consolidati, lo schema comodato+esclusiva o hanno già fin troppo dimostrato i loro limiti se non il fallimento, chiusi come sono nella logica di un compenso legato al prezzo ed a un mercato in cui il gestore non determina nulla, né il prezzo di acquisto, né quello di vendita?

Come altre volte argomentato nelle pagine di questo bollettino, bisognerà affrontare, liberi da pregiudizi ed arroccamenti, l’autentica partita delle nuove figure contrattuali – finora giocata solo per finzione e senza alcun risultato, nonostante le previsioni normative siano già tanto datate quanto desolatamente vuote di effetti –, senza la quale alternativa non si uscirà dalla spirale viziosa «condizioni zero per competere /prezzi di cessione imposti/prezzi di vendita consigliati e massimi imposti/perdita di erogato/margini pro-litro/risultato sotto zero nei conti economici»?
Di fronte a questo mercato ed a questi rapporti di forza, di fronte a queste regole vuote ed all’assenza dei requisiti minimi di competitività, non è forse il concetto di flessibilità – arma che non può essere solo in mano alle aziende – è ciò che serve primariamente ed urgentemente alla parte più debole, cioè al gestore, per entrare, stare, uscire prima di lasciarci le penne, nel settore?

Più in là ancora, oltre l’ambito ristretto dei rapporti aziende-gestori, c’è la rapida dissoluzione di un settore e di un modello che aveva caratterizzato per tanti anni la distribuzione dei carburanti nel Paese: il settore della distribuzione a valle della filiera petrolifera è, e sarà, sempre più avviato verso una progressiva terziarizzazione, perché i tradizionali protagonisti puntano ad un abbandono di questa fase – proprio perché la ormai modesta capacità di questo segmento di remunerare investimenti e produrre profittabilità non rientra più nelle loro strategie -.

Un processo che spiega da solo – assai più di tante dietrologie, complottismi o flagellazioni o autoflagellazioni del «sindacato» – perché le problematiche, il peso, il ruolo e persino il destino del gestore oggi siano relegate al generale disinteresse di controparti, opinione pubblica ed istituzioni.

A tutto ciò serve attrezzarsi per continuare a rappresentare figure, persone, imprese, che ci saranno sempre, sia pure diverse in tutto od in parte da come sono ora. Serve, secondo alcuni di noi, forse un cambiamento del nostro modo di pensare e di rappresentare le cose, il settore, i rapporti, rispetto a come abbiamo pensato finora, serve per usare un linguaggio da informatici, una specie di FIGISC versione 2.0, o forse tutto questo è eccessivo o non è ancora né maturo né efficace a dare risultati.

Ma in ogni caso, da settembre di tutte queste cose, di questi interrogativi che ho voluto raccogliere ed esporre in questa sede, si dovrà cominciare a discutere [ed a decidere in qualche senso!] davvero, negli organismi sociali della FIGISC, ed in generale rispetto al nostro mondo e rispetto alle altre Organizzazioni della categoria, se solo si vuole intravvedere una prospettiva e non rassegnarsi o non solo subire passivamente gli eventi e lo scorrere del tempo.

Maurizio MICHELI
Presidente Nazionale FIGISC

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