UNIONE EUROPEA: VIA GLI SCONTI IN FRIULI VENEZIA GIULIA
— 15 Dicembre 2015Con una sorta di coincidenza da «meccanismo ad orologeria» [a distanza di poche settimane dal dibattito che ha visto localmente schierarsi la CGIL ed alcune componenti trasversali della politica e dell’Amministrazione Regionale per il superamento della norma, ritenuta ormai «poco sociale»], la Commissione europea ha chiesto giovedì 10 dicembre formalmente all’Italia di modificare la legislazione che prevede una riduzione del prezzo della benzina e del diesel acquistati dagli automobilisti residenti in Friuli-Venezia Giulia.
L’esecutivo comunitario, spiega una nota, ritiene infatti che la norma in questione «rappresenti una riduzione delle accise sul carburante e sia quindi in contrasto con la direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici», che «non prevede riduzioni o esenzioni simili».
La richiesta della Commissione assume la forma di un parere motivato: in mancanza di una risposta soddisfacente entro due mesi, Bruxelles potrà deferire l’Italia alla Corte di Giustizia Ue.
Non è la prima volta che l’Unione Europea interviene contro lo sconto sui carburanti del Friuli. La Commissione ha aperto infatti nel 2009 una procedura d’infrazione contro la legge 47/1996 che istituiva degli sconti di prezzo modulati in base alla distanza dal confine di stato, costringendo la Regione a cambiare la normativa con una nuova legge, la 14/2010 che istituiva dei contributi sull’acquisto ai cittadini residenti, che ha però ricevuto anch’essa critiche informali da Bruxelles.
In Friuli Venezia Giulia si vendevano nel 2007 circa 853 milioni di litri, tra benzina e gasolio, gli ultimi dati risalenti al 2014 evidenziano vendite per circa 564 milioni di litri, un crollo di circa 289 milioni di litri e del 34 %. Un dato assolutamente disallineato a quello medio nazionale Italia che dal 2007 al 2014 ha visto una diminuzione limitata al 20 %: se in regione si fossero verificate le stesse dinamiche dell’intero Paese, nel 2014 si sarebbero dovuti vendere circa 684 milioni di litri; il «pendolarismo del pieno» quindi vale già oggi circa 120 milioni di litri.
Che, visto il carico fiscale medio tra i prodotti [circa 0,900 euro/litro, con un delta in più di imposte rispetto alla media comunitaria europea di circa 23 cent/litro], significa una perdita per l’erario italiano di circa 110 milioni di euro, di cui circa 21 sarebbero di competenza della Regione [che per ogni litro di benzina ha assegnati dallo Stato circa 18,5 cent/litro e per ogni litro di gasolio circa 14,6 cent/litro a titolo di compartecipazione dell’accisa per le competenze assegnate dallo Statuto di autonomia speciale della Regione stessa, nel 2014 in tutto circa 94 milioni di euro].
I due successivi provvedimenti hanno contribuito finora, grazie al meccanismo di dissuasione all’acquisto oltre frontiera, a generare entrate fiscali, altrimenti inesorabilmente perdute per lo Stato italiano, per oltre mezzo miliardo di euro [lo Stato dovrebbe essere forse riconoscente a quanti, specialmente i rappresentanti della categoria dei gestori, hanno voluto, «inventato», vent’anni fa e difeso poi un sistema non assistenziale ed innovativo, che certo lo Stato non avrebbe mai attivato di sua spontanea iniziativa], a produrre decine e decine di milioni di disponibilità per il bilancio regionale derivanti dal saldo tra le compartecipazioni sull’accisa e gli oneri sostenuti per erogare prima gli sconti e poi i contributi, a sostenere la sopravvivenza della rete distributiva locale, dei suoi gestori e dell’occupazione dei loro dipendenti.
Da una cancellazione della legge regionale che assegna contributi ai residenti per l’acquisto di benzina e gasolio, vista la fiscalità italiana di netto sfavore rispetto alla Slovenia ed all’Austria che si riverbera direttamente sulla concorrenza dei prezzi, ci si può solo attendere che le vendite interne diminuiscano di altri circa 170 milioni di litri: una perdita ulteriore di altri 153 milioni per l’Erario nazionale, di cui circa 30 spettanti alla Regione.
A quel punto circa 280 milioni di litri sarebbero approvvigionati oltre confine, la perdita erariale statale ammonterebbe a 263 milioni di euro, di cui la Regione perderebbe 51 milioni di euro.
Circa 150 impianti di distribuzione chiuderebbero subito, altri 100 sarebbero fortemente ed ulteriormente precarizzati nella loro sostenibilità economica [ossia il 55 % dell’intera rete regionale], con la immediata perdita di almeno 400 posti di lavoro.
Tutto ciò in un confine che già oggi – secondo la stessa autorità competente [Guardia di Finanza nazionale] – è quello attraverso cui passano fiumi di gasolio di contrabbando provenienti dai Paesi dell’Est che inquinano il mercato distributivo dei carburanti e causano un danno erariale stimato da Unione Petrolifera in oltre un miliardo di euro.
[G.M.]