ILLEGALITÀ E REGOLE: PER MAGGIORE CHIAREZZA
— 26 Gennaio 2017Intervenendo in merito al comunicato stampa su TOTALERG pubblicato più sopra, ESSO, per la parte che specificamente la riguarda precisa che «In riferimento all’articolo “TotalErg, offerte entro il 25 gennaio” pubblicato il 16 gennaio sulla STAFFETTA QUOTIDIANA e, in particolare, a quanto riportato in virgolettato dal comunicato congiunto delle organizzazioni di categoria dei gestori – FAIB, FEGICA E FIGISC/ANISA – …. quanto indicato in merito all’uscita della Esso dal mercato italiano è privo di fondamento».
Secondo la Direzione Relazioni Esterne e Istituzionali dell’azienda, invece «La Esso Italiana sta, piuttosto, adottando progressivamente un diverso modello di gestione delle attività Rete secondo il modello “Branded Wholesaler” (cosiddetto “grossista con marchio”). Come già evidenziato in passato e dimostrato nelle aree in cui il modello è già stato adottato, questa scelta non rappresenta l’uscita della Esso dal mercato italiano, ma una diversa opportunità strategica per sostenere il business delle attività di distribuzione e vendita carburanti Rete. … Presso le stazioni di servizio a marchio Esso, di proprietà dei “Branded Wholesaler”, i consumatori continuano quindi a trovare prodotti Esso di alta qualità, un’ampia gamma di offerte marketing e possono utilizzare le carte carburante Esso Card».
Una precisazione che lascia i fatti così come sono: i prodotti Esso si possono certo ancora trovare, ma Esso sta da anni gradualmente cedendo la propria rete, punto e basta. Se non è zuppa di pane chiamiamola pure pan bagnato.
A sua volta STAFFETTA commenta, con due distinti e successivi passaggi, la presa di posizione delle organizzazioni di categoria.
Dapprima, dopo aver aggiornato sulla situazione [«Le ultime voci danno prevalente l’interesse di fondi. E da qui, evidentemente, l’allarme dei gestori. Pur non essendo in alcuni casi nuovi al settore della distribuzione carburanti, i fondi avranno evidentemente come obiettivo quello di valorizzare i singoli asset. E d’altronde non è ancora neanche chiaro cosa sia effettivamente in vendita, se tutto il “pacchetto” TotalErg, o se l’offerta riguardi già uno “spezzatino”»], afferma che «L’allarme delle associazioni dei gestori è condivisibile, forse un po’ tardivo, se non altro perché sottolinea come il settore della distribuzione carburanti in Italia non sia più attraente».
Qualche giorno dopo, aggiungendo che «Alle associazioni dei gestori va dato il merito di aver sollevato pubblicamente la questione del “significato” di questa vendita e di avere offerto l’occasione per aprire un dibattito», pone anche alcuni fondati interrogativi: «Faib Fegica e Figisc hanno manifestato la preoccupazione che i possibili acquirenti abbiano intenzioni sostanzialmente speculative. È davvero un male che, come sembra, siano soprattutto fondi di investimento a essere interessati all’acquisto di TotalErg? Quali sarebbero gli effetti positivi, quali quelli negativi? È sensato dire, come fanno i sindacati, che l’eventuale ingresso di fondi sarebbe una porta aperta al dilagare dell’illegalità?» e, ancora: «Il richiamo alla presenza di società “sane”, forti e “integrate”, espresso di recente dal presidente UP Spinaci, troverà un riscontro nell’evoluzione del settore a partire dalle “sue” stesse società?»….
Per buona memoria, e appena un po’ prima del 16 gennaio 2017 [si veda Figisc Anisa News n. 20 del 07.09.2016 «Smontaggio della rete: TOTALERG mette in vendita la sua»], FIGISC faceva notare che « Solo immaginiamoci – tanto per fare un esempio estremo – cosa vuol dire andare a discutere di tali rapporti, per dire, con un fondo di investimento, le cui logiche sono le più remote e le più svincolate dai contenuti e dalle forme con cui siamo avvezzi a ragionare da una vita in questo settore…».
Quanto ai sindacati dei lavoratori – con i quali, nel comunicato del 16 gennaio, si auspica un «coordinamento» – essi si sono rivolti sin dal 20.10.2016 – anche senza «coordinamento» – al Ministero [come ha notiziato, ad esempio, QUOTIDIANO ENERGIA in data 17 e 21 ottobre 2016] lamentando la «reticenza mostrata dalla società» alle richieste di informazioni di FILCTEM, Femca, Uiltec, per le quali «è l’intero sistema di approvvigionamento e distribuzione che rischia di essere messo a repentaglio nel Paese in un settore, quello energetico, strategico per l’Italia».
Fin qui la cronaca, anche ormai datata, e restiamo in attesa di capire cosa sia successo il 25 gennaio sulla partita delle offerte e dei soggetti interessati. Tentiamo invece di contribuire agli interrogativi posti da STAFFETTA, ponendo semmai una ulteriore riflessione sulla «illegalità» e sulle «regole» in relazione ai rischi per entrambi questi aspetti derivanti dalla trasformazione degli assetti della rete distributiva.
L’«illegalità» nel settore è, per essere chiari, la commissione di condotte – quali quelle esposte nell’articolo di apertura di questo stesso numero di Figisc Anisa News -, in cui l’operazione di Venezia, coordinata da un Procuratore Capo di assoluta esperienza ed autorevolezza come Carlo NORDIO, evidenzia – peraltro in quantità diciamo «industriali» – l’emersione di reati quali associazione per delinquere finalizzata alla loro commissione, violazione degli obblighi fiscali avente rilevanza penale, sottrazione dell’accisa, ricettazione, occultamento o contraffazione di documentazione, comportamento fraudolento, ecc.
Le «regole» nel settore sarebbero [usiamo il condizionale e non a caso] a) il quadro degli istituti contrattuali e degli accordi economici che definiscono il rapporto tra da un lato aziende, siano esse le major petrolifere e/o comunque le imprese integrate od indipendenti che siano della distribuzione carburanti, e dall’altro «gestori», siano essi quelli tradizionalmente codificati dalla normativa di settore tanto quelli che comunque svolgono la fase finale del servizio distributivo; b) le regole di accesso al mercato, al prodotto, al prezzo, ecc. Attengono – dal momento che esse sono regolarmente disattese, eluse, piegate alla convenienza od alle politiche commerciali del momento e che ciò determina per la parte più debole la percezione di un profondo e diffuso senso di «ingiustizia» ed il patimento di un danno economico reale e gravissimo – ai rapporti commerciali ed all’abuso di dipendenza economica nei rapporti stessi, al campo della controversia, del contenzioso legale civile.
E non a caso, sempre per rinfrescare la memoria, su quello stesso numero di Figisc Anisa News n. 20 del 07.09.2016, FIGISC faceva notare che «Oltre alle incertezze sul “chi compra” solo nel senso più banale del gossip finanziario-industriale [individuare “il” soggetto], il “chi compra” riguarda le logiche con cui – specie se il soggetto può anche essere diverso dal tradizionale operatore del settore – si approccia al business distributivo dei carburanti, peraltro in una congiuntura di settore che è la peggiore della sua storia. Dal punto di osservazione della categoria dei gestori è un ulteriore chiodo sulla precarizzazione [e si ricorda che un accordo aziendale con TOTALERG risale al 06.07.2015, appena un anno fa] di una fetta di gestori che vale oltre il 15 % dell’intera categoria, la conferma del processo di terziarizzazione del settore, il progressivo smarrimento del quadro dei rapporti economici e normativi con le controparti “naturali” della rete distributiva.».
Ciò premesso, può essere che sia «mediaticamente» premiante, o conveniente, mettere questi due diversi aspetti – «illegalità» e «regole» – assieme in un unico calderone, ma forse le due cose, ancorché convivano nel settore, non sono esattamente assimilabili né è questo il servizio più utile alla comprensione delle misure da adottare per contrastare e rimuovere il dilagare della prima od il ripristino delle seconde. Anche perché le vittime reali di questo stato di cose e dei rischi presenti e futuri di un suo peggioramento non sono tanto le organizzazioni di categoria dei gestori [come qualche «sfortunata» sentenza (esempio TAMOIL) ha sancito], quanto, in mille forme dirette ed indirette, i gestori stessi che esse rappresentano [e su quanto e su come i gestori si sentano oggi rappresentati dalle medesime dovrebbe essere argomento di una sofferta riflessione].
Se, infatti, l’«illegalità» va, senza tanti giri di parole, con ogni mezzo rimossa e stroncata ovunque si annidi – essa, infatti, scontate peraltro tutte le considerazioni di ordine etico e di cultura della legalità, distorce ed inquina gravemente il mercato ed è quindi una «minaccia» reale per chi vi opera -, il problema delle «regole» è questione di misure.
Grosso modo c’è uno step che riguarda un «tagliando» [ossia una revisione] da fare alle leggi di settore che già ci sono per un ripristino di regole sul versante degli accordi e dei contratti: dare «contenuti» e non solo «principi» alla legge 27/2012 in materia di contratti, ossia, a) tutelare con un principio di continuità [già adoperato per esempio nella rete autostradale con il decreto 09.08.2015] nelle fasi di dismissione delle reti i contratti dei gestori in essere; b) adottare dei deterrenti per le parti che non intendano rinegoziare gli accordi aziendali; c) idem per la mancata negoziazione di figure contrattuali alternative, che deve strutturarsi attraverso un rapporto diretto con le aziende stesse, in caso di inerzia della rappresentanza industriale, rimuovendo l’impasse determinato dall’obbligo di concertare solo con Unione Petrolifera; d) esplicitare il principio delle cosiddette «eque condizioni» in termini che consentano la determinazione del danno eventualmente apportato alla parte soccombente in caso di inosservanza; e) concordare un protocollo generale di best practices che riaffermi la giustificazione economica per la parte finale della filiera [per intenderci, sulla falsariga del «Protocollo di Berlino 2015» di cui si è parlato più volte su Figisc Anisa News].
C’è poi – ma i due «gradini» sono da affrontare in contemporanea e con pari grado di rilievo – uno step che riguarda l’accesso al mercato, al prodotto ed al prezzo: lo «svecchiamento» di un sistema basato su una filiera rigida del prezzo e delle figure contrattuali, che costa al consumatore più di quanto non costi nel circuito indipendente della rete, e che rappresenta il nocciolo di uno sviluppo [o di una involuzione, in senso contrario] della distribuzione, in una logica ben più innovativa di quanto non rappresenti la mera dismissione «spacchettata» della rete delle petrolifere a terzi, come è già avvenuto, sta avvenendo ed avverrà per via di una trasformazione strutturale del segmento.
Sembra – ma ovviamente è solo un’opinione personale, come sempre – che questo debba/possa essere un piano ragionevole di iniziativa e propositività da parte della Categoria. Diversamente, ovvero in assenza di una strategia di insieme, si rischia di attardarsi a confondere strumentalmente i piani tra «illegalità» e «regole», con effetti talora francamente – ma è sempre un’opinione – sconcertanti.
Ad esempio, per dirne uno: Unione Petrolifera sembra dire – ma a questo punto pare avere trovato più di una sponda! – che non vi è «legalità» se non all’interno del proprio sistema di mercato e relazioni e che ciò che è al di fuori è tout court illegale, per il solo fatto di essere «fuori». Eppure sono le aziende petrolifere che – oltre a praticare una concezione delle «regole» assai opinabile con i propri gestori [stiamo usando eufemismi] – mettono in vendita le proprie reti [o determinano accessi «condizionati» al mercato, al prodotto ed al prezzo (stiamo sempre usando eufemismi)] che creano quei rischi di «illegalità» che vengono paventati nel comunicato del 16 gennaio. Decisamente sembra che le questioni siano altre… [G.M.]