PREZZI: IL «SOTTOBOSCO» DEI BROKER E ALTRI DISCORSI IN LIBERTÀ

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Molte cose si sono dette e scritte in merito ad una certa vicenda dei prezzi di Francavilla al Mare: STAFFETTA QUOTIDIANA ne ha ampiamente parlato, rivolgendosi direttamente all’operatore interessato ed ha approfondito alcuni aspetti di questo settore in un articolo uscito alcuni giorni fa dal titolo assai significativo «I broker della rete carburanti Sottobosco all’ombra del Platts?», che di riproduciamo di seguito quasi integralmente [g.c.] con qualche commento finale in libertà.

<<Diverse le voci che STAFFETTA ha raccolto successivamente alla pubblicazione dell’intervista [N.d.R.: con il titolare di Gasoline Station]. La maggior parte di queste ha domande sulla figura di questi broker, che si inseriscono in quella zona grigia che va da quando il prodotto esce dalle raffinerie e dai depositi, a quando viene riversato presso l’impianto dalle autobotti.

Queste compravendite vengono a volte favorite da sensali, intermediari, «broker», appunto. Personaggi che, né più né meno di un agente immobiliare, metterebbero in contatto il retista con la raffineria, dopo aver spuntato un prezzo a Platts meno, intascandosi una provvigione.
C’è chi li chiama «banditi», chi immagina che dietro queste transazioni ci siano frodi fiscali, evasioni, contrabbando e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente, in alcuni casi sarà anche così. Però bisogna fare un po’ di distinguo e cercare di fare chiarezza, anche perché le dimensioni del fenomeno sembrano tali da non consentire di liquidare tutto, gridando «al ladro, al ladro».

Intanto, è bene dare una definizione di una parola in questo momento abusata, il sottocosto. Secondo il codice del commercio, la sua definizione è «la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto». I carburanti non sono compresi nell’elenco dei beni merceologici cui si applica la disciplina del sottocosto e della concorrenza sleale. Quindi nessuno potrebbe dire nulla al proprietario di un distributore che decidesse di vendere benzina e diesel a un prezzo inferiore rispetto a quello di fatturazione, purché si paghino le imposte. Ma non è questo che sta accadendo. Dal Dossier quotidiano sui carburanti della STAFFETTA emerge che alcuni retisti e gestori, circa un centinaio, stanno vendendo a prezzi che possono essere giustificati solo se a monte c’è un acquisto a «Platts meno», cioè a sconto rispetto ai listini quotidiani dell’agenzia di rilevazione del gruppo McGraw Hill.

Questo «Platts meno» non esiste solo per la rete carburanti italiana, ma per tutti gli scambi di materie prime, in particolare greggio e prodotti petroliferi. Non scandalizza nessuno il fatto che spesso attracchino nei nostri porti petroliere che vendono greggio a sconto rispetto alle quotazioni Platts, soprattutto adesso che l’offerta di greggio supera la domanda. Se così accade per il greggio, non è difficile immaginare che possa accadere per i prodotti, e che quindi ci sia spazio per il lavoro di questi broker, che magari conoscono bene il territorio, basi, depositi, retisti, sacche di domanda. In sintesi, che riescono quindi a muoversi, prima degli altri, meglio degli altri.

Per completare il quadro, va ricordato inoltre che «mentre il greggio è facilmente identificabile per qualità e origine», benzina e gasoli no, come osserva l’opinionista della STAFFETTA Salvatore Carollo, secondo cui spesso «questi flussi di carburante vengono generati da fonti impensabili, raffinerie dei paesi dell’Est o addirittura dei paesi sotto embargo, attraverso passaggi di mano molto complessi». Tutti flussi di prodotti che sono «totalmente al di fuori dell’universo controllato dalle grandi compagnie, dalle raffinerie importanti».

Uno spazio vuoto e incontrollato subito preso a bersaglio da questi personaggi, i broker, il cui peso in queste vicende sembra destinato a crescere di pari passo alla liberalizzazione della rete carburanti. A quanto riferito alla STAFFETTA, sarebbero dei parvenus della rete carburanti italiana, sbarcati sulla piazza da circa un anno, figli di un mercato del compratore, localizzati soprattutto in Abruzzo e Veneto. Cosa che dispiace a qualche operatore fuori da queste zone, stanco di dover sottostare alla dura legge del Platts, perché non ha broker vicino a cui chiedere sconti.>>

E veniamo ai commenti, più o meno in libertà, che ci sentiamo [liberamente] di aggiungere.

«Al ladro, al ladro» lo gridano gli operatori del settore e le Autorità competenti, perché in questo settore il «nero» – dicono – vale il dieci per cento e più dei volumi del mercato reale, con tutto quel che ne segue dati i valori fiscali in ballo. Ed è un discorso di natura generale, che non ha pertanto, nessuna connotazione diretta verso questo o quel singolo operatore che appare più aggressivo nella propria politica di prezzo. Nessuno si processa a peso e nessuno si condanna – almeno in uno Stato in cui sussistano ancora barlumi di diritto – per deduzioni improprie, frettolose associazioni di idee, invidia e delazione o teoremi spregiudicati.

Inutile polemizzare e dunque sorvoliamo pure sulle note di colore, dettate dallo sfogo del momento, disseminate nell’intervista dell’operatore in questione e fedelmente riportate da STAFFETTA [«gli italiani sono imbecilli. Popolo di idioti», «…gli italiani non hanno spirito di sacrificio», «Per vendere quello che vendo io una compagnia dovrebbe assumere 50 dipendenti, con tutto ciò che ne consegue. Io ho praticamente zero dipendenti», «Io ormai non lo faccio più per soldi, ma per hobby», «non può un personaggio che è a capo di un’associazione di categoria venire a contestare i miei prezzi. Anche perché, a che titolo lo fa? A difesa dei gestori? Ormai non esistono più»].

Parliamo invece di Platt’s [o quel che è] e prendiamo atto che si tratta non già di Vangelo ma di niente di più che un benchmark meramente indicativo – e certamente non del miglior prezzo – di una quotazione del prodotto finito [a proposito, le quotazioni di lunedì scorso 16 marzo su alcune piazze internazionali erano grosso modo queste [distintamente benzina e gasolio in euro/litro : Mediterraneo, 0,413 e 0,416, Rotterdam, 0,429 e 0,443, Stati Uniti, media delle piazze, 0,406 e 0,417, differenze massime di 0,023 e 0,027 euro/litro rispettivamente].

Gli operatori dell’extrarete in Italia [secondo dati STAFFETTA] riconoscono un «premio Platt’s più» ai fornitori di prodotto che nel 2014 è stato mediamente nell’anno per la benzina pari a 23,0-24,9 euro/klt al Nord, 29,7-32,6 al Centro e 33,9-38,0 al Sud; per il gasolio pari a 23,0-24,9 euro/klt al Nord, 30,8-33,8 al Centro e 36,3-42,1 al Sud; valori quasi analoghi nella media del 2015 mesi di gennaio e febbraio.

E tuttavia, in un mondo «pieno» di petrolio, con tutto quello che entra nel nostro Paese «da fonti impensabili, raffinerie dei paesi dell’Est o addirittura dei paesi sotto embargo, attraverso passaggi di mano molto complessi….totalmente al di fuori dell’universo controllato dalle grandi compagnie, dalle raffinerie importanti» è ovviamente plausibile che si possa comprare prodotto a «Platt’s meno», anche se si può opinare sul «quanto Platt’s meno».
A vedere certi prezzi – e considerando che alcuni costi devono essere comunque coperti – e non «per hobby» – pur vendendo decine e decine di milioni di litri -, si dovrebbe dedurre che «si può» comprare dai così detti brokers anche a Platt’s meno 7 cent/litro, ossia a un 16 % in meno del «benchmark ufficiale».

E ove ciò sia possibile oltre i limiti di sporadiche «sacche» o «nicchie» geografiche – verrebbe da dire per portare la cosa alle estreme conseguenze -, che cosa aspettiamo a chiudere di corsa l’industria nazionale della raffinazione dal momento che l’accoppiata «flussi incontrollati dei prodotti» e «network dei brokers» sarebbero in grado di approvvigionare il sistema Paese – chi se ne importa di continuità, qualità, sicurezza, tasso di dipendenza! – a prezzi considerevolmente più bassi, con unanime soddisfazione delle famiglie e delle imprese ed infine dello Stato, che potrebbe lucrare qualche aumento di accise propiziato dalla diminuzione del costo del prodotto?

E, infine, venendo al fondo del barile e guardando alla Categoria di «quelli che [come dice quel signore intervistato] non esistono più», che valore hanno ancora davvero quelle norme sulle «eque condizioni per competere», messe lì forse perché suonano più o meno politically correct, che senso hanno davvero le infinite e laceranti diatribe sui contratti e gli accordi tra gestori e compagnie petrolifere, che significato hanno davvero le inconcludenti mediazioni ed i bizantinismi sulla razionalizzazione della rete, quando il mercato dei cosiddetti brokers – che si vede è un «altro» mercato che non c’entra nulla con quello di cui parlano analisti e profani, compagnie e gestori e perfino l’Antitrust – può generare prezzi di acquisto che determinano differenziali sui prezzi di vendita nell’ordine – si faccia attenzione! – di forchette tra i 19 ed i 23 centesimi/litro nella modalità self ed addirittura tra i 27 ed i 31 centesimi/litro nella modalità servito?

Ma di che stiamo ancora parlando?

E tutto ciò, dice STAFFETTA, «di pari passo alla liberalizzazione della rete carburanti»…

[Pasquino]

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