INTERVISTA DI MAURIZIO MICHELI A CHECK UP PREZZI

INTERVISTA DI MAURIZIO MICHELI A CHECK UP PREZZI

 

Pubblichiamo [per g.c.] l’intervista rilasciata nei giorni scorsi dal Presidente Nazionale della FIGISC CONFCOMMERCIO, Maurizio MICHELI, al quotidiano online CHECK UP PREZZI

[www.checkupprezzi.it]

«3 DOMANDE A».

RISTRUTTURAZIONE BLOCCATA DA VETI CONTRAPPOSTI
E il decreto bonifiche è solo un «palliativo».
Autostrade: 3 nodi.
A colloquio con il presidente FIGISC, MAURIZIO MICHELI
9 aprile 2015 – di ELENA VERONELLI

La salvaguardia dei contratti in essere tra compagnie e gestori, la discriminazione dei prezzi tra aree di servizio dello stesso marchio, la ristrutturazione, le royalty e la ghostizzazione. A pochi giorni dal nuovo sciopero dei gestori autostradali, il presidente della FIGISC, Maurizio MICHELI, illustra nel dettaglio i punti critici dell’annosa vertenza sulle autostrade. E ancora, il nodo della ristrutturazione, «dove il gioco degli interessi e dei veti contrapposti rischia di essere a somma zero ed il tema rischia di essere del tutto superato dal mercato». E non sarà particolarmente di aiuto il recente decreto sulle bonifiche, che, sì, «potrà dare una mano sul piano della facilità ed economicità degli interventi», ma «in fin dei conti è ancora un palliativo rispetto alla complessità del tema da affrontare».

Di seguito le risposte di Micheli alle domande della rubrica di CHECK-UP PREZZI NEWS, «3 DOMANDE A».

D. La settimana scorsa si sono svolti i tavoli sulla «vertenza autostrade» al ministero dello Sviluppo e a quello dei Trasporti. Tuttavia nessun passo avanti.

Dove cade la trattativa? Intanto, le concessionarie autostradali hanno presentato i piani di ristrutturazione delle stazioni? Il termine era il 15 febbraio…

R. Il giudizio su questa lunga vertenza (è aperta dalla primavera del 2012, con momenti di fibrillazione e purtroppo lunghe ed improduttive fasi di stasi) sarebbe più appropriato chiederlo alla ANISA, che è l’associazione autonoma che all’interno di Confcommercio raggruppa i gestori delle aree di servizio autostradali. Gli incontri al MIT ed al MISE si sono rivelati esclusivamente interlocutori e, a parte la riapertura di un tavolo al Mise – che non era mai stato formalmente chiuso, ma di fatto era bloccato da tempo -, nessun punto fermo è stato messo.

I nodi della vertenza sono sostanzialmente tre: la salvaguardia dei contratti in essere tra affidatari dei servizi (le compagnie) ed i gestori; la discriminazione dei prezzi tra aree di servizio dello stesso marchio; la ristrutturazione.

Sul primo di questi punti, nulla dice l’atto di indirizzo emanato dai Ministeri, ragione questa di assoluto allarme per la categoria, che vede messa a forte rischio la permanenza sugli impianti.

Sul secondo non si è neppure cominciato a parlare: la condotta delle compagnie è del tutto elusiva sia sul tema specifico che sul rinnovo degli accordi economici.

Sul terzo punto, la ristrutturazione, la situazione è che circa una metà delle aree di servizio non raggiunge più un equilibrio tra costi del servizio e margini delle vendite (falcidiate di oltre il 50 % in pochi anni); a fronte di ciò l’atto di indirizzo Mit-Mise da il via libera al ghost sia per i servizi oil che per quelli non oil.

Ed è per tutti questi motivi che la categoria ha reiterato lo sciopero contro un provvedimento che è negativo praticamente sotto quasi tutti i punti di vista.

Nella questione si inserisce poi l’annosa questione delle royalties che premiano solo i Concessionari, gli unici che guadagnano in un comparto che è nella crisi più nera.

D. Il tavolo sulla ristrutturazione della rete non ha ancora messo a punto un testo condiviso. A rallentare, la «fronda» in Assopetroli e le divergenze tra gestori, retisti e Unione Petrolifera. Quali sono i punti sui quali non si trova una convergenza? Arriverà una sintesi entro metà aprile?

R. Se non si riesce a fare ristrutturazione in autostrada, dove la questione sarebbe più lineare, molto più complesso è fare qualcosa che gli somigli in rete ordinaria, dove il gioco degli interessi e dei veti contrapposti rischia di essere a somma zero e la questione rischia di essere del tutto superata dal mercato.

Intanto la ristrutturazione la fanno i prezzi: laddove i competitori sulla rete possono godere di condizioni a monte (il prezzo di cessione) del tutto sproporzionate tra le parti, è chiaro che i volumi vanno ad esclusivo danni dei gestori che sugli impianti scontano prezzi che impediscono a monte una competizione credibile, con una progressiva erosione delle vendite ed il loro travaso nella rete che si approvvigiona sul circuito extrarete.

L’interesse pubblico (cioè del Governo) al tema è passato di moda quando i fondamentali internazionali (prezzi del greggio e dei prodotti finiti) hanno fatto abbassare i prezzi alla pompa ed hanno perfino offuscato la pesante realtà delle imposte nazionali sui carburanti che sono da anni stabilmente superiori di 23-24 cent/litro alla media di Eurolandia.

Nel settore vi sono poi le posizioni contrastanti di chi vorrebbe la ristrutturazione – l’industria petrolifera – perché, per sua precisa responsabilità, perde quote importanti di mercato sulla rete e fa volumi in extrarete; di chi non la vuole affatto e la affida interamente al mercato – gli indipendenti piuttosto che la GDO – perché si propone per antonomasia come efficiente ed innovativo e non vuole soprattutto pagare la ristrutturazione altrui; di chi, infine – una parte di Assopetroli – non condivide che si cambino le regole sulle incompatibilità in corso di partita. Anche su questo non vi è chiarezza, peraltro: la discussione su incompatibilità aggiuntive rispetto a quelle del vecchio decreto Marzano è una via tortuosa per spostare l’attenzione dal concetto di incompatibilità a quello di inefficienza, il tutto complicato dal nodo della non praticabilità a causa del «guardiano» Antitrust di una moratoria su nuove aperture.

Dal canto, loro i gestori pongono la questione della ristrutturazione per diverse ragioni: per un indirizzo contrario alla ghostizzazione progressiva, per garanzia sugli ammortizzatori alla fuoruscita dal settore, perché giocoforza si devono ricercare elementi di scambio e di convergenze possibili con il settore sul piano più ampio degli accordi e della contrattualità.

Una situazione, in sintesi, estremamente complicata su un argomento che è già sin troppo datato e che più si allunga e più rischia di essere fuori tempo massimo.

D. Intanto è stato approvato il provvedimento per semplificare le bonifiche dei punti vendita carburanti. Sarà finalmente più facile (e più economico) chiudere gli impianti obsoleti e modernizzare la rete?

R. Certo la soluzione «semplificata» (ma bisognerà vedere come verrà declinata davvero nel concreto operativo e burocratico) offerta dal decreto, potrà dare una mano sul piano della facilità ed economicità degli interventi, specie se si pensa che l’incertezza dei costi e delle procedure ha costituito un forte deterrente a mettere mano alle chiusure. Ma questo è in fin dei conti ancora un palliativo rispetto alla complessità del tema da affrontare.

Oltre alla divergenza delle posizioni tra gli attori del settore, la questione è che dimagrire la rete non è operazione senza costi di sistema – specifici, ma anche «sociali» – per il comparto, per di più nel bel mezzo di una prolungata fase di marginalità penalizzanti, costi che i più non intendono sostenere per liberarsi della zavorra altrui.

A parte ciò, rimangono come macigni neppure minimamente scalfiti i nodi di fondo:

– basta chiudere punti vendita per recuperare competitività e marginalità?

– basta chiudere servizi per automatizzare integralmente?

– basta chiudere senza risolvere l’anomalia del doppio canale del prezzo rete-extrarete?

Che la modernizzazione della rete davvero si risolva solo in un problema di bonifiche non saremo noi a crederlo.

Micheli Checkupprezzi

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